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Beati gli ultimi, che alloggeranno meglio. Il terzo libro di don Marco Pozza sui Vangeli
Il terzo libro di don Marco Pozza sui Vangeli A Padova c’è Cantanatale
MosaicoIl terzo libro di don Marco Pozza sui Vangeli A Padova c’è Cantanatale
«Beati gli ultimi perché saranno i primi a entrare nel regno dei cieli», afferma Gesù in una delle parabole tra le più difficili, forse, da comprendere per il cuore umano. E proprio a questo versetto del Vangelo si ispira don Marco Pozza per l’ultimo suo libro che si intitola provocatoriamente Chi ultimo arriva meglio alloggia. Il titolo fa il verso a un noto proverbio veneto che vuole, invece, esaltare i primi rispetto agli ultimi, i vincenti. Ma don Marco, che da una quindicina d’anni è cappellano della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, sa bene che chi oggi, con la sua vita ferita, si ritrova all’ultimo gradino della scala sociale, può cogliere l’occasione per trasformare quel taglio in un trampolino e ricominciare, entrando così nel cuore di Cristo prima di molti altri. L’autore afferma che proprio il suo lavoro in carcere gli ha permesso di fare esperienza di cosa significa, nel Vangelo, essere l’ultimo come Maddalena o Zaccheo, ma racconta anche che l’uomo, la donna, non sono i loro errori, anzi: una caduta può diventare la scorciatoia verso la salvezza. Anche se si parte da una posizione di svantaggio nella vita, scrive don Marco Pozza, non si è destinati a rimanere ultimi. Perché anche l’ultimo avrà la sua occasione di incontrare Cristo, se la riconosce e ha la capacità di giocarsela, sicuramente scriverà un futuro diverso per se stesso e per il suo cuore. Il libro, uscito da poco per Rizzoli, è la terza e ultima parte di un viaggio che, dopo Chi dorme non piglia Cristo (divagazioni sui Vangeli dell’anno “A”) e Ognuno fa il fuoco con la legna che ha (divagazioni sui Vangeli dell’anno “B”) ha lo scopo di rileggere i Vangeli dell’anno “C” con uno sguardo un po’ laterale, quasi dissacrante, per cercare di aiutare chiunque a comprendere pagine difficili della Sacra scrittura e far risuonare quelle parole in modo che risultino sempre nuove, con uno stile dissacrante e profondo che ormai gli è proprio.