Chiesa
“Fin dall’inizio, è stato un cammino molto entusiasmante. Ma siamo, appunto, all’inizio e non alla fine di un cammino: dobbiamo addomesticarci”. Don Marco Carta, vicario generale della diocesi di Sassari, commenta così al Sir il percorso di questi quattro anni di Cammino sinodale delle Chiese in Italia, alla vigilia della terza Assemblea sinodale, culmine della fase profetica, dopo quella narrativa e sapienziale. Un cammino, quello della Chiesa italiana, che intreccia quello della Chiesa universale, nei giorni del Giubileo delle équipe sinodali e degli organismi di partecipazione. “Sono molto curioso di ciò che ci dirà Papa Leone”, ci rivela: “Però di una cosa sono sicuro: sarà un mandato chiaro, in linea con una delle priorità del suo pontificato e in continuità con il suo predecessore, quello di una Chiesa sinodale chiamata ad annunciare il Vangelo in ascolto delle domande degli uomini del nostro tempo”. Per il sacerdote il Documento di sintesi che i partecipanti al Cammino sinodale dovranno votare oggi “coincide perfettamente con le priorità individuate dalla nostra diocesi”. Tra i temi più urgenti, a suo parere, quello della pace, “che purtroppo oggi non è così scontata e sulla quale dobbiamo tornare a spingere sull’acceleratore”, e quello del linguaggio, “soprattutto liturgico: dobbiamo imparare a trovare nuove forme comunicative anche nella liturgia, in un momento in cui si registra un ritorno dei giovani alla fede e al cristianesimo”. Sul cammino sinodale, osserva tuttavia il sacerdote, “non mancano resistenze, in particolare sul versante clericale: noi preti siamo abitati a volte a camminare in solitudine, e molti di noi sono stati scottati dalle delusioni”. L’auspicio per la fase attuativa del Cammino sinodale è di “andare avanti e non rallentare, lasciandoci sorprendere dall’azione dello Spirito”.
Per Angela Testi, dell’équipe sinodale della diocesi di Genova, il cammino percorso fino a qui “è stata un’enorme sorpresa”: “L’ho vissuto come un dono”, ci rivela, “come un invito al dinamismo rivolto al futuro”. L’immagine della Chiesa sinodale, ricorda Angela, era già al centro della Chiesa del Concilio, ma è stata rilanciata con forza dal magistero di Papa Francesco e di Papa Leone: “è qualcosa di nuovo ma anche di antico, che appartiene al Dna della comunità ecclesiale e che va adeguato alle sfide dei tempi”.
“Crescere tutti, per crescere insieme”:
con questo slogan Angela sintetizza il senso, e nello stesso tempo, l’obiettivo del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che “è stato un passo avanti nella direzione della corresponsabilità tra tutte le componenti del popolo di Dio. Siamo tutti diversi, ma camminiamo nella stessa direzione. O procediamo insieme, o rischiamo di andare contro ciò che siamo”. L’obiettivo, quindi, “è una Chiesa ancora più unita nel segno della comunione”. Tra le caratteristiche tipiche dello stile sinodale di cui ha fatto esperienza in questi anni, Anna segnala in particolare “il metodo dell’ascolto, che si è rivelato vincente: quando si fanno parlare le persone, cercando di rispondere alle loro domande, si vincono immediatamente le resistenze e si evitano le polarizzazioni”. Tra i temi più trascurati, invece, a suo avviso c’è quello della formazione: “È un tema su cui abbiamo investito finora troppo poco”, afferma Angela, secondo la quale “ci si è concentrati troppo sulla catechesi e i ragazzi sono stati spesso lasciati soli dopo la Cresima”. Per questo, nel proseguimento del Cammino sinodale sul territorio, “bisogna imparare di più ad ascoltarsi, a capire che nell’altro c’è Gesù e agisce lo Spirito. Aprirsi agli altri non è sempre facile, anzi è spesso faticoso, ma occorre camminare insieme per essere tutti uno, pur diversi”.
Sul primato dell’ascolto come metodo sinodale si sofferma anche Laura Teli, della diocesi di Bergamo, delegata regionale della Lombardia, definendo il cammino compiuto fin qui “un’esperienza molto arricchente e inaspettata, quasi una sorpresa, un misto di meraviglia e di sano realismo, che comprende anche le fatiche inevitabili del percorso”. Per sintetizzare il Cammino sinodale della Chiesa in Italia, nel percorso fatto e in quello ancora da fare, Laura sceglie la parola profezia: quella di
“una Chiesa non solo missionaria, ma che si lascia interrogare da chi incrocia nei suoi sentieri, nell’intento di coinvolgere ‘tutti, tutti, tutti’, come diceva Papa Francesco, anche coloro che sono ai margini, che si sentono lontano o che provengono da contesti non ecclesiali”.
L’inclusività, dunque, come parola-chiave, “nella circolarità tra territorio, Chiesa nazionale e Chiesa locale, all’insegna della comunione”. Quella che ha perso corpo nelle tre fasi sinodali, secondo Laura, è “una Chiesa che si sposta dove vive il suo popolo”: tra gli ambiti di impegno da privilegiare, quello del linguaggio, da aggiornare a partire dal vissuto delle parrocchie, e quello della “formazione integrale e unitaria di clero e laici, come parte di un unico cammino per ritrovare la propria identità nella pluralità”. A proposito del ruolo delle donne della Chiesa, Laura spiega che nel Cammino sinodale “il tema non è stato trattato in termini rivendicativi, ma nell’ottica del riconoscimento della dignità e della competenza propria delle donne. Non si tratta di quote rosa, né di ricerca di potere, ma della chiamata ad agire e a testimoniare il Vangelo nel mondo uomini e donne insieme, ciascuno nella sua specificità”.