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Gioia, pace e speranza. È questo che annunciano le campane a Natale. Sospese tra cielo e terra, con l’abbraccio dei loro rintocchi melodiosi e ritmati entrano nelle nostre case e invitano alla meditazione, alla preghiera e al raccoglimento. Lo fanno dall’alto di un campanile, così come dal rigo di una partitura.
Scritta da James Lord Pierpont a Medford (Massachusset) e pubblicata nell’autunno 1857 con il titolo “One Horse Open Sleigh”, “Jingle Bells” è una delle canzoni natalizie più conosciute e cantate al mondo. Cantata e registrata da numerosi artisti tra cui Louis Armstrong, Frank Sinatra e Luciano Pavarotti, arrangiata e declinata in decine di versioni diverse – come ad esempio quella che troviamo nel video, fresco di pubblicazione su Ig, dei giovani studenti della Hewitt Trussviile Middle School, istituto dell’Alabama che porta avanti programmi di inclusione – in realtà “Jingle Bells” non è stata scritta per essere cantata a Natale, ma durante il Giorno del Ringraziamento, per celebrare le corse delle slitte. Il testo, infatti, descrive una corsa allegra avvolta dal tintinnio dei campanelli, che si attaccavano alle slitte per avvisare del passaggio nella neve, come farebbe in pratica un moderno clacson. L’associazione con il Natale avvenne circa un secolo più tardi, quando venne interpretata da Bing Cosby e dalle Andrews Sisters nel 1943.
Da secoli, nella notte di Natale, all’inizio della messa di mezzanotte e durante il canto del Gloria – che ricorda l’annuncio della nascita di Gesù ai pastori – dopo il silenzio dell’Avvento le campane delle chiese tornano a suonare a festa.
E suonarono a festa anche nella notte di Natale del 1818 anche nel piccolo paesino di Oberndorf, in Austria. L’organo della chiesa di S. Nicola non ne voleva sapere di funzionare. Ma una festa non è tale se non c’è la musica. Anche in chiesa. E così il giovane parroco, Joseph Mohr, aveva scritto nel 1816 un testo carico di speranza. Quello che stavano attraversando, infatti, non era un periodo facile: le guerre napoleoniche erano finite da poco, lasciando dietro di sé distruzione e carestie. Due anni più tardi Mohr si ricordò di quel testo e lo affidò nelle mani dell’amico musicista Franz Xaver Gruber (1787-1863), organista e compositore, con l’incarico di mettere in musica il brano per Natale. È nato così “Stille Nacht! Heilige Nacht!” (conosciuto in italiano come “Astro del ciel”). Ad eseguirlo per la prima volta, a due voci, la notte di Natale del 1818 furono gli stessi Mohr (tenore) e Gruber (basso), accompagnati da una chitarra. Grazie i cantastorie e ai missionari, “Stille Nacht” si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, divenendo un inno di pace e di speranza, riconosciuto nel 2011 dall’Unesco come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
“Stille Nacht” risuonerà anche quest’anno la notte di Natale in ogni angolo del mondo. E lo farà anche a Salisburgo, dove il rapper Michael Zöttl, noto con il nome d’arte DAME, lo intonerà insieme alla sua famiglia. Il 35enne salisburghese – la cui canzone “Auf die guten alten Zeiten” (Ai bei vecchi tempi) ha all’attivo circa 60 milioni di stream – ha un legame particolare con questo brano, tradotto in oltre 300 lingue e dialetti. Zöttl, infatti, è un diretto discendente di Franz Xaver Gruber. Intervistato dal “Rupertusblatt”, il settimanale diocesano della diocesi di Salisburgo, Zöttl sottolinea come il suo quadrisavolo abbia suonato in condizioni difficili, dimostrando una grande passione per la musica e per le persone. L’impegno di Gruber dimostra che la creatività è possibile anche in circostanze avverse. “All’insegna del motto: tu hai un testo, io ho una chitarra, facciamo qualcosa di bello per la gente”.
Ci sono poi le “campane di speranza” che risuonano da settimane con il loro ritmo ostinato per le strade, in chiese e teatri, amplificate migliaia di volte dai social.
Parigi, 24 novembre 2025. Per l’accensione delle luci natalizie nel Faubourg Saint-Honoré, viene organizzato dal pianista Julien Cohen e dal collettivo Violin Phonix un enorme flash mob, al quale partecipano oltre 100 musicisti (tra cui violinisti, chitarristi, un coro di bambini e la Garde Républicaine), che danno vita ad un’esibizione orchestrale che in poche ore diventa virale, superando i 111 milioni di visualizzazioni solo su Fb.
Le note do – si – do – la di “Carol of the bells”, si ripetono regolari come quelle di un carillon, mentre a fare da sottofondo c’è una campana in si bemolle che crea un ritmo ondeggiante, come quello delle campane. Mentre i giovani cantori dalle finestre dei palazzi iniziano a ripetere la melodia, la piccola Elsa, nel suo vestitino bianco e oro, percorre il tappeto rosso che attraversa la piazza, risvegliando i musicisti che incontra lungo il suo cammino, fino ad arrivare al podio, sul quale era stato montato l’interruttore delle luminarie parigine. “Il nostro più grande flashmob di sempre – commenta Cohen su Fb –. Insieme a Violin_Phonix abbiamo riunito 100 musicisti per eseguire una nuova versione orchestrale di Carol of the Bells per l’inaugurazione delle luci di Natale del @comitefaubourgsainthonore nel cuore di Parigi”.
Nei giorni scorsi, “Carol of the Bells” è risuonato anche nel Royal Albert Hall di Londra, che ospita ogni anno diversi concerti di Natale, tra cui spicca “Carols at the Royal Albert Hall”, una serie di concerti di canti natalizi con orchestra, coro, solisti e momenti di canto collettivo (“sing-along”), spesso con la Royal Philarmonic Orchestra.
Quella che “Carol of the Bells” è una storia particolare. Anche questa “caròla” non è stata composta per celebrare il Natale.
Siamo in Ucraina, agli inizi del Novecento. Il direttore della Cappella della Repubblica Ucraina, Oleksander Koshyts, commissiona al compositore ucraino Mykola Leontovych (1877-1921) la creazione di un brano basato sui canti e sulle melodie popolari tradizionali ucraini, che fosse di buon auspicio per il Capodanno, che una volta si celebrava in primavera. Nasce così “Shchedryk” (letteralmente “generoso”), un “allegretto” basato su quattro note che Leontovych aveva trovato nell’antologia ucraina. Il brano racconta la storia di una rondine che vola nella casa di una famiglia, per annunciarle che avrà un anno di prosperità e ricchezza. La melodia si basa su un antico canto popolare ucraino pre-cristiano, cantato spesso a Capodanno dai giovani che andavano di casa in casa.
Leontovych compone la melodia della canzone tra il 1904 e il 1908, a Pokrovsk, dove viveva e lavorava. Il brano viene eseguito per la prima volta nel dicembre 1916 dagli studenti ucraini dell’università di Kiev. Arriva in Europa grazie al Coro nazionale ucraino, in tournée nel 1919. Un tour organizzato per raccogliere sostegno per la neonata nazione indipendente dell’Ucraina, che aveva dichiarato la sua indipendenza, ma che il governo di Mosca si rifiutava di riconoscere.
La diaspora ucraina fa sì che li dì a pochi anni il brano varchi l’oceano. La canzone viene eseguita per la prima volta negli Stati Uniti il 5 ottobre 1922, davanti al pubblico che aveva riempito la Carnegie Hall. Il brano, pensato per essere cantato a cappella da un coro misto a quattro voci, è subito un successo.
Nel 1936 il compositore americano di origini ucraine Peter Wilhousky (1902-1978) riarrangia la melodia per orchestra, con un nuovo testo, per l’orchestra sinfonica della rete radiofonica NBC. “Hark! How the bells” (Ascoltate! Come suonano le campane), viene incentrato sul tema delle campane, perché la melodia gli ricordava appunto il suono delle campane. La canzone viene trasmessa per la prima volta durante la Grande Depressione. Wilhousky si assicurò i diritti d’autore per il nuovo testo e per la canzone pubblicata, che in breve tempo conquistò il pubblico americano. E non solo. Negli anni Quaranta le radio iniziano a trasmettere le registrazioni di vari artisti. È poi negli anni Settanta che la sua popolarità aumenta, quando una versione strumentale viene utilizzata negli spot televisivi di uno champagne. Ma è nel 1990 che fa il giro del mondo, grazie al film “Home Alone” (“Mamma ho perso l’aereo”), nell’arrangiamento di John Williams. Do – si – do – la, do – si – do – la…
“Hark how the bells, sweet silver bells/ All seem to say, “Throw cares away”/ Christmas is here, bringing good cheer/ To young and old, meek and the bold/ Ding-dong, ding-dong, that is their song /With joyful ring, all caroling/ One seems to hear, words of good cheer/ From ev’rywhere, filling the air/ Merry, merry, merry, merry Christmas/ Merry, merry, merry, merry Christmas”. (Ascolta come suonano le campane, dolci campanelle d’argento/ Tutti sembrano dire “Butta via le preoccupazioni”/ Il Natale è arrivato e porta il buonumore/ Ai giovani e agli anziani, ai miti e agli audaci/, Din-dong, din-dong, questa è la loro canzone/ Con squillo gioioso, tutti i canti natalizi/ Sembra di sentire parole di buon umore/ Da ogni parte, riempiendo l’aria). “Merry, merry, merry, merry Christmas/ Merry, merry, merry, merry Christmas”.