Domenica 1° giugno, dopo la celebrazione della messa comunitaria delle ore 11, nel sagrato della chiesa di Campoverardo viene inaugurato il percorso museale “Il patrimonio epigrafico di Campoverardo: storie scritte nella pietra”. Il circolo Noi di Campoverardo, affiancato da un gruppo di volontari, nei mesi scorsi si è impegnato nel recupero e restauro di alcune antiche lapidi presenti in parrocchia. Il progetto si è concluso con la realizzazione di un pannello esplicativo permanente che illustra la storia di ciascuna epigrafe. Grazie al sostegno economico di Flavio Giantin, in memoria della madre Fiorenza Bracco, le lapidi sono state affidate alle cure dello scultore Carlo Mazzetto e successivamente collocate, con appositi supporti, sulla facciata ovest del patronato. È nato così un piccolo ma significativo percorso museale, che si integra armoniosamente con altre tre lapidi già presenti sulle facciate della chiesa e della casa canonica. L’occasione del recupero dei manufatti lapidei si è realizzata una ricerca in archivio parrocchiale sulla loro storia e le sorprese non sono mancate. Per la traduzione dal latino delle iscrizioni, è stato prezioso il contributo di don Riccardo Battocchio, già direttore della Biblioteca antica del Seminario di Padova e ora vescovo di Vittorio Veneto. Tra le epigrafi più ricche di storia, spicca la pietra tombale del patrizio veneziano Antonio Da Canal, risalente alla seconda metà del Settecento. Il secondo manufatto è la pietra tombale del parroco Antonio Baroni, morto nel 1812. Una suggestiva storia d’amore coniugale è raccontata dalla lapide di Teresa Ersego, moglie di Giuseppe Dragonetti, un tempo proprietario della villa Sansoni – oggi villa Giantin – da lui acquistata il 2 agosto 1798 dal nobile veneziano Agostino Barbaro. Particolarmente interessante è anche un’epigrafe risalente al 1645, un tempo murata nella recinzione presso il cancello d’ingresso della canonica e successivamente rimossa per essere esposta insieme alle altre. Essa ricorda la figura della nobile veneziana Marina Priuli, testimoniando la presenza e l’influenza della sua famiglia nella storia del luogo. Oltre a quelle già citate, Campoverardo conserva ulteriori iscrizioni di rilievo: due sulla facciata della chiesa e una sopra la porta della canonica. Anche queste, per il loro valore storico e simbolico, sono state incluse nel percorso espositivo. La prima commemora il parroco Giovanni Battista Sartori, originario di Calvene e per oltre trent’anni alla guida della comunità come rettore della chiesa. La seconda è dedicata al marchese Federico Manfredini, nobile rodigino nato nel 1743, figura di spicco al servizio della casa d’Austria e primo ministro del Granducato di Toscana. Ritiratosi a Campoverardo nel 1815, nella villa acquistata da Girolamo Canal, vi trascorse gli ultimi anni della sua vita fino alla morte, avvenuta nel 1829. Di lui il paese conserva viva la memoria come benefattore, filantropo e mecenate attivo in ambito artistico. L’iscrizione posta sopra l’ingresso della canonica ricorda proprio il suo generoso dono dell’edificio alla parrocchia, testimoniando ancora oggi il legame profondo tra il marchese e la comunità di Campoverardo. Nel ringraziare quanti hanno reso possibile l’iniziativa, il parroco di Campoverardo, don Alberto Peron, ha sottolineato: «Valorizzare la storia e mantenerla viva rappresenta un gesto ammirevole, che si trasforma in un’irripetibile opportunità per riscoprire e tenere vive le nostre lontane radici».