Skip to content
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
logo
  • Ultimi Articoli
  • Sezioni
    • Chiesa
    • Idee
    • Fatti
    • Mosaico
    • Storie
  • Rubriche
  • Speciali
  • Mappe
  • EVENTI
  • Scrivici
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
Area riservata

Mappe IconMappe | Mappe 04 – Il settore primario – febbraio 2022

mercoledì 16 Febbraio 2022

Capolarato e sfruttamento lavorativo. Minacce che non vediamo

Guardarsi dentro, contrastando illegalità e storture di un sistema che, se ripulito, può affacciarsi al mondo con più credibilità

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Ogni mattina deve percorrere 20 chilometri in bicicletta tra andata e ritorno per recarsi nel fondo, dove inizia a lavorare alle 5 del mattino per fermarsi alle sette di sera. Il protagonista di questo racconto non ha un nome,per tutelare la sua identità, ha 32 anni e viene dall’India. È in Italia dal 2016 e per anni ha lavorato in un’azienda agricola per la coltivazione di ortaggi nell’hinterland vicentino. È l’unico operaio del fondo e deve lavorare con la zappa e la vanga sia per la semina che per la manutenzione del campo, nonché per la raccolta e l’imballaggio dei prodotti da spedire. È sfruttato, mangia male e quasi soltanto ciò che produce l’orto. Debilitato fisicamente denuncia la sua storia ai carabinieri e qualche settimana dopo viene malmenato da due sconosciuti e duramente minacciato. Ora vive in un’altra città lontana dal Veneto, studia agronomia, il suo sogno quando era in India, e i suoi aguzzini sono in carcere per sfruttamento lavorativo e riduzione in schiavitù. Quello che ci restituisce l’Osservatorio Placido Rizzotto, nato nel 2012 da Flai Cgil, con il compito di indagare l’intreccio tra filiera agroalimentare, criminalità organizzata e caporalato, è una storia vicina, troppo vicina per guardare con indifferenza il territorio che ci circonda. Anche senza un nome, anche senza un volto, proprio come i tanti vulnerabili invisibili sfruttati nelle campagne italiane. Italiane sì, perché non c’è – ormai – più uno scollamento tra Settentrione e Meridione, no se c’è profitto che può innestare meccanismi criminogeni. Su 260 procedimenti in applicazione della legge 199/2016 (contrasto al caporalato) monitorati dall’Osservatorio, infatti, più della metà e, per l’esattezza, 143, non riguardano il Sud Italia e, di questi, 117 sono distribuiti nel Centro Nord tra Veneto, Lombardia, nonché Toscana. Una terra matrigna, (da qui il nome di questo quarto numero di Mappe), perfida e tiranna che approfitta dello stato di bisogno di italiani e stranieri e che alimenta l’economia sommersa: in Italia nel 2018, al netto di una tendenza generale al calo del lavoro subordinato irregolare in tutti i settori di attività economica, l’agricoltura ha segnato un incremento dello 0,4 per cento.

Aspetti da tener conto, da monitorare all’interno di un settore primario che in Veneto è sempre trainante con il comparto agroalimentare fiore all’occhiello. I recenti dati di Veneto agricoltura parlano di 6,4 miliardi di euro di fatturato con oltre 61 mila aziende (leggermente in calo rispetto al 2020) in un quadro meno confortante se si tiene conto del meno 26 per cento del saldo occupazionale. Nel panorama nazionale, la produzione industriale agroalimentare ha fatto la sua parte vedendo le proprie esportazioni aumentare del 12,6 per cento: vini, formaggi stagionati, pasta e prodotti da forno, prodotti su cui anche il Veneto dice tradizionalmente la sua. Ecco, in questi giorni in Europa ha ripreso piede la battaglia sull’etichettatura dei prodotti alimentari per una corretta distinzione tra ciò che è sano o nocivo. Al momento non ci sono obblighi ma l’Unione Europea entro il 2022 vorrebbe dotarsi di una classificazione omogenea. E così il vino, nell’etichetta a semaforo di NutriScore, al centro della polemica, finirebbe tra i cibi altamente nocivi: «NutriScore si basa su una tabella assurda – tuona Mara Bizzotto, europarlamentare e membro della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale – I nostri prodotti come l’olio, il formaggio fanno male; prodotti chimici come la diet coke non fanno male perché non hanno grassi. Questo è oggettivamente folle». Sullo sfondo, poi, c’è la diatriba sempre “calda” con la Croazia che vorrebbe utilizzare il termine prošek per commercializzare quattro vini della Dalmazia; un’assonanza, secondo il governo italiano, che confonderebbe i consumatori internazionali. Ma l’attualità più pregnante ha i contorni degli effetti della pandemia, prima conseguenza è il caroenergia che condiziona tutte le attività industriali dalla pesca all’allevamento. E come se non bastasse, dalla scorsa metà di ottobre, il settore avicolo è flagellato da un’epidemia di influenza aviaria, più letale di quella di inizi Duemila. Dei circa 300 focolai registrati in Italia, oltre 250 corrono lungo Verona e Padova con punte anche a Vicenza e Rovigo. Oltre 15 milioni di capi morti o abbattuti nelle filiere italiane. Colpa della patogenicità del virus, certo, ma anche di una distorsione del sistema in cui tutta la produzione, dagli incubatoi ai macelli sono concentrati in un fazzoletto per soddisfare una domanda che si rincorre.

Ultimi articoli della categoria

Carceri sovraffollate: un problema italiano

martedì 12 Novembre 2024

Carceri sovraffollate: un problema italiano

Consumo di suolo. Un futuro grigio

martedì 12 Novembre 2024

Consumo di suolo. Un futuro grigio

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

martedì 12 Novembre 2024

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

martedì 12 Novembre 2024

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

martedì 12 Novembre 2024

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

martedì 12 Novembre 2024

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

Condividi su
Link copiato negli appunti
Logo La Difesa del Popolo
  • Chi siamo
  • Privacy
  • Amministrazione trasparente
  • Scrivici

La Difesa srl - P.iva 05125420280
La Difesa del Popolo percepisce i contributi pubblici all'editoria.
La Difesa del Popolo, tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) ha aderito allo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
La Difesa del Popolo è una testata registrata presso il Tribunale di Padova decreto del 15 giugno 1950 al n. 37 del registro periodici.