Indagine Censis: oltre il 77 per cento dei genitori ritiene che i media siano pericolosi non solo per i minori ma anche per gli adulti. Mancano ancora efficaci sistemi di controllo, mentre si moltiplica l'offerta informativa.
Boom dei nuovi social network. Conclusa la migrazione dal computer al telefonino: il 93 per cento degli adolescenti si collega a internet dallo smartphone. Sempre più tempo speso a chattare. Il rapporto della Società italiana di pediatria.
Wikipedia assolto dall'accusa di diffamazione. La decisione assunta dai giudici romani finirà per influenzare anche il principio di responsabilità di altri colossi del web come Google (e Youtube), Facebook e Twitter. Una gigantesca massa di dati e di informazioni completamente fuori controllo, mentre il giornalismo tradizionale è gravato da molte sentenze a sfavore nelle cause di diffamazione "a mezzo stampa".
Cresce il numero dei genitori che decidono di non condividere le foto dei propri figli. Sta crescendo una nuova consapevolezza nei confronti dei minori che, una volta cresciuti, un giorno potrebbero non gradire la diffusione di immagini relative alla propria infanzia. Un dibattito pubblico che segna una svolta su un approccio relazionale spesso troppo superficiale.
Si calcola che nel mondo intero, negli ultimi 12 mesi, gli account "abbandonati" a causa della morte del titolare siano diversi milioni. Un gigantesco giardino digitale dove le lapidi funerarie sono costruite con tutti i "post", "like", "tweet". Il rischio di essere ricordati per tutte le nostre banalità. Il "qui e ora" e il "taglia e incolla" prenderanno il sopravvento sul ricordo ricostruito e mediato.
«Nel 2005 erano pochi a parlare in rete della propria malattia – spiega Romina, del gruppo di Oltreilcancro.it che riunisce diversi autori – Superata la terapia, in famiglia mi dicevano che era passato tutto, non se ne poteva più parlare. Mi sentivo castrata, avevo il bisogno di raccontare e ho capito che era la strada giusta per proseguire il mio percorso di guarigione e per aiutare altri, perché spesso si rimane soli».
Per Piermario Ferrari, preside per 25 anni della facoltà teologica di Novara, «se già prima il problema della morte nella sua dimensione reale e cruda, era la sua rimozione, il non parlarne e non assistervi, con la dimensione virtuale peggiora la situazione e si fa fatica a cogliere l’identità stessa del morire». E intanto sul web proliferano i cimiteri virtuali e non solo.
Per Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei new media all’Università di Urbino, «la coppia fa un sovrainvestimento emotivo: oggi la nascita è sempre più un evento straordinario, fuori dalla routine». C’è chi racconta in diretta il parto. E alcuni genitori aprono un account Instagram apposta per il figlio.
Gabriella ci è riuscita, ha incontrato grazie al web il suo compagno, un percorso iniziato con la chat e concluso dal matrimonio: «La differenza principale – spiega – è che manca il contatto fisico, può sembrare una conoscenza più superficiale, in realtà inizi a scambiarti informazioni più personali. Se avessi visto mio marito in giro non lo avrei considerato, averlo conosciuto prima come persona me lo ha fatto valutare in maniera differente».