Le trasformazioni avvenute in questi 25 anni nell'Europa centro-orientale secondo Toni Nicolov, docente di filosofia all'università di Sofia. Innanzitutto «per i cambiamenti occorre tempo»: la transizione dal comunismo alla democrazia ha portato grandi contraddizioni sociali. Tanto da spingere strati popolari a rimpiangere il comunismo con «il lavoro assicurato, il frigorifero pieno, lo stato sociale».
Doveva essere eterno, invece crollo sotto l'onda pacifica di decine di migliaia di persone. Col Muro di Berlino viene meno un intero sistema che per mezzo secolo aveva bloccato l'Europa, frutto della contrapposizione tra comunismo e capitalismo. Ma quel muro è davvero caduto del tutto, nella percezione dei cittadini europei? E quanti altri muri resistono ancora o sono stati costruiti in questi 25 anni? Leggi lo speciale che la Difesa dedica all'anniversario.
Una rivoluzione germinata spontaneamente nella coscienza popolare, attorno a qualche parrocchia protestante e a mal tollerate associazioni di tutela dei diritti umani. Non solo a Berlino, ma anche a Dresda e a Lipsia. Fu tutto un movimento di popolo. E poi il miracolo dell'unificazione da parte del cancelliere Helmut Kohl e del suo ministro degli esteri Hans-Dietrich Genscher.
25 anni fa, quando andai a intervistare lo scrittore russo Andrej Pirlik, subito dopo il crollo del muro di Berlino, mi disse che l’esodo di massa, iniziato non appena dato l’annuncio dell’apertura delle frontiere, aveva soprattutto motivi economici: «La loro è un’economia alle corde. Chi vuole fare qualcosa vive nel vuoto». E poi pronosticava: «Ogni riforma passa prima o poi per l’abbattimento del muro di Berlino».
“Fughe dall’Est, accoglienza a Ovest: sempre meno frontiere. Tutti in Europa”. Così titolava la prima pagina della Difesa di domenica 12 novembre 1989. Nei numeri successivi, le tappe di una rivoluzione destinata a segnare la storia europea del Novecento.