Fatti
Unanimità. Così il Consiglio regionale del Veneto ha accolto e approvato la legge sulle cooperative di comunità proposta in origine dalla consigliera Cristina Guarda, oggi eurodeputata, ed ereditata come primo firmatario da Renzo Masolo che le è succeduto in Consiglio. «Adesso bisogna aspettare i tempi tecnici necessari alla Regione per attivare, per esempio, il software per iscriversi all’albo regionale – spiega Renzo Masolo – E importate monitorare i finanziamenti che la Regione mette a disposizione per le annualità 2026 e 2027».
Si tratta, ricorda il consigliere, di circa 300 mila euro già messi a budget: un importo rilevante in termini assoluti, certo, ma ancor più significativo se ripartito tra piccole realtà cooperative che devono farsi carico di quegli oneri di avviamento che possono spaventare chi si trova ad affrontare, magari per la prima volta, quella che è a tutti gli effetti la costituzione di un’azienda. «Le cooperative di comunità sono un modello innovativo di impresa che nasce dal basso, dove cittadini, imprese ed enti pubblici diventano protagonisti e beneficiari delle stesse attività», ricorda in una nota Francesca Scatto, presidente della Commissione cultura, a cui fa eco la consigliere Silvia Cestaro: «La finalità principale non è il profitto individuale, ma la rigenerazione e il benessere condiviso della comunità, promuovendo modelli partecipativi e sostenibili di sviluppo locale».
«Un testo di questo tipo non è utile solo per le comunità montane o le comunità remote, ma è utile in quei territori dove magari c’è già stata un po’ di attivazione e adesso si può fare un salto in più – chiarisce Elena Ostanel, co-firmataria della proposta di legge – Penso, per esempio, al quartiere Arcella di Padova dove una legge come questa permette di mettere in rete le realtà già presenti nei diversi settori, economici ma anche sociali. Dalle librerie indipendenti, alla casa di quartiere alle imprese sociali che si sono attivate per la rigenerazione di alcuni luoghi e che ora, insieme, possono provare a produrre dei nuovi servizi nel quartiere».
È proprio nella rigenerazione dei luoghi e degli immobili dismessi attraverso l’attivazione di processi comunitari che si gioca una partita che nella sua dimensione d’impresa cooperativa, non profit ma sostenibile anche economicamente, può davvero fare la differenza. Non si tratta solo di fare del bene e farlo bene, insomma, ma di sviluppare una progettualità e una gestione che è propria del mondo imprenditoriale.
Un esempio in questo senso arriva da Posina, in provincia di Vicenza, lo ricorda il consigliere Masolo, dove da pochi giorni si è costituita la cooperativa di comunità L’Anguana per gestire l’antico mulino del paese, restaurato e rimesso in funzione anche grazie al contributo di 93 mila euro concesso dalla Fondazione Cariverona.
«Il prossimo passo – conclude il Renzo Masolo – è dare pubblicità, far conoscere nel concreto le opportunità che offre questa legge soprattutto per quelle realtà innovative a livello locale, legate alla sostenibilità, all’aggregazione e alla sussidiarietà come mutuo aiuto per i territori. Attività che magari sono rette solo dal volontariato e che ora possono strutturarsi, creando occupazione, valorizzando i territori e le loro
potenzialità».
Su proposta di Aiccon, centro studi promosso dall’Università di Bologna, è disponibile una mappa interattiva e aggiornata sulle cooperative di comunità in Italia (a luglio erano 220). Il link è: www.coopcomunita.aiccon.it