IdeeGadi Luzzatto Voghera, studioso di storia contemporanea, fa un bilancio sui 25 anni della legge che ha istituito il Giorno della Memoria e riflette sull’oggi
Gadi Luzzatto Voghera è direttore della Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano. Studioso di storia contemporanea, specialista in Storia degli ebrei e dell’antisemitismo, è membro della delegazione italiana nell’International holocaust remembrance alliance (Ihra). È autore di diversi saggi sull’antisemitismo e sulla storia del popolo ebraico. L’ultimo: Sugli ebrei. Domande su antisemitismo, sionismo, Israele e democrazia (Bollati Boringhieri). Che bilancio si può fare a 25 anni dalla legge che ha istituito il Giorno della Memoria? «Anzitutto mi piace ricordare Furio Colombo che è stato il padre di quella legge, l’ha voluta in maniera molto forte quando era deputato in Parlamento. L’illusione che il Giorno della Memoria potesse portare all’affievolirsi o alla scomparsa dell’antisemitismo, è apparsa tale fin da subito. Il Giorno della Memoria (GdM), per quel che riguarda la conoscenza delle dinamiche delle persecuzioni antiebraiche, ha avuto un peso importante. In questo tempo c’è stata una grande crescita in termini di conoscenza e di consapevolezza in tutta la società italiana, a vari livelli, tanto da eliminare in qualche modo quella dinamica malata che passa sotto il nome di negazionismo. Va detto inoltre che il GdM è stato criticato da molte parti. Alcuni intellettuali hanno avvertito una serie di pericoli. In primis il pericolo della “retoricizzazione” del tema della memoria della Shoah. In secondo luogo, l’appiattimento della coscienza degli ebrei semplicemente come vittime sacrificali in qualsiasi momento della storia, il che ha provocato delle distorsioni importanti e significative. L’istituzione di questo Giorno ha messo in atto tutta una serie di attività che hanno portato poi alla istituzione del Giorno del ricordo, il Giorno delle vittime della mafia, eccetera. È stato un po’ il capostipite delle nuove date del calendario civile dal 2000 in poi».
Ciò che prescrive la legge sul GdM è stato dunque rispettato? «Il discorso è più complesso. Ricordare il 27 gennaio non significa ricordare solo la memoria della Shoah, ovvero gli ebrei deportati nei Lager. Vanno ricordate anche altre categorie perseguitate, al pari degli ebrei, come i deportati militari italiani, coloro che hanno avuto responsabilità e che bisogna riconoscere, i Giusti delle nazioni che si sono opposti al turbine del male durante la Seconda guerra mondiale». Auschwitz può essere accostato ad altre tragedie del mondo oggi? «Auschwitz è il metro di comparazione. È importante perché come momento storico ha portato a dinamiche proprie della civiltà occidentale, a delle estreme conseguenze talmente gravi e testimoniabili sul piano della conoscibilità storica, che diventa un metro di paragone. È questa la ragione per cui è complicato fare dei confronti tra ciò che è successo ad Auschwitz e quello che sta accadendo a Gaza». Eppure sono in molti a farlo… «A Gaza stanno succedendo dei disastri inqualificabili…, bombardamenti non sempre giustificabili dalla ricerca del colpevole nascosto alle spalle della popolazione civile. C’è un numero assolutamente improponibile di morti, ma questo non c’entra niente con Auschwitz. I paragoni fatti nella comunicazione quotidiana sono dannosi, perché non ci permettono di interpretare in maniera corretta quello che sta accadendo a Gaza, e nello stesso tempo distorce la nostra conoscenza del passato». L’Italia è diventato un paese più o meno sicuro per gli ebrei?«Si sono messe in atto delle azioni di grandissimo rilievo dal punto di vista dell’attenzione delle Forze dell’ordine, degli apparati di sicurezza, per la salvaguardia dei luoghi sensibili delle comunità ebraiche. Ciò è stato riconosciuto anche a livello europeo. Piuttosto fa pensare il fatto che una piccola comunità religiosa come quello degli ebrei, circa 30 mila persone, sia costretta da decenni ad avere i suoi luoghi di culto presidiati dalle Forze dell’ordine. Questo è un danno gigantesco alla libertà religiosa, anche se fatto per tutelare gli ebrei, ciò lede uno dei diritti fondamentali della Costituzione italiana. Qui l’antisemitismo si manifesta come un vero e proprio pericolo per la democrazia tutta».Si parla di un antisemitismo in crescita in Italia e in Europa. Dispone di qualche dato?«Stiamo lavorando alla stesura del Rapporto annuale dell’osservatorio che si occupa di registrare tutti gli episodi di antisemitismo. Numeri precisi non ce ne sono. Tuttavia rispetto al 2023, che aveva già conosciuto un aumento di più del 300 per cento di episodi, nel 2024 i dati sono raddoppiati».A causa di quanto sta succedendo in Israele? «La guerra in Medio Oriente contribuisce. Ma quello che suscita preoccupazione sono gli attacchi fisici che gli ebrei stanno subendo. Da tanti anni non eravamo abituati a minacce di tipo fisico. Quelli online sono una costante ormai, ma quelli fisici che molti subiscono alla fermata dell’autobus, le scritte sulle case abitate da ebrei, i pestaggi… Cose di questo tipo sono comparse in Italia improvvisamente negli ultimi due-tre anni. Ci sono famiglie di ebrei che sconsigliano i propri figli di indossare la kippà quando escono».
L’antisemitismo che si esprime in tante sfaccettature è attribuibile anche alla guerra in Medio Oriente o esiste a prescindere? «La guerra in Israele – dice Gadi Luzzato Voghera – foraggia con la propaganda un certo antisemitismo, che c’è, ed è pre-esistente nella nostra civiltà contemporanea con un linguaggio politico molto noto a prescindere dal 7 ottobre. Più che la sua crescita, è la crescita della sua visibilità in questo periodo storico, dovuta anche al conflitto in Medio Oriente. Ma non è che ci sia un cambio di linguaggio, alla fine si parla sempre di complotti, di finanza internazionale… tutta una serie di stereotipi classici dell’antisemitismo». E, a proposito del ruolo che può esercitare la chiesa per contenere l’espandersi dell’antisemitismo afferma: «Ritengo fondamentale che sia coltivato il dialogo interreligioso tra ebrei e cattolici. Vivace, aperto, critico… sebbene talvolta si presti a equivoci».
