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Rubriche | I Blog/Per un’educazione del cuore - Monica Cornali

lunedì 15 Luglio 2019

Che cos’è il desiderio? A differenza del bisogno, ci indica la trascendenza

L'origine della parola desiderio è una delle più belle che si possa incontrare attraverso lo studio dell'etimologia.

Redazione
Redazione

Questo termine deriva dal latino e risulta composto dalla preposizione de, che in latino ha un’accezione privativa, e da sidus che significa, letteralmente, stella. Desiderare significa quindi avvertire la mancanza delle stelle. Il prefisso de ha anche valore di origine o provenienza, quindi un altro significato del termine è: proveniente dalle stelle.  Entrambi questi significati sono presenti nella Bibbia quando si parla del desiderio di Dio:  «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio» (Sal 42,2). Dal punto di vista psicologico, si distingue il desiderio dal bisogno e, quando il bisogno è connotato da prepotenza, incoercibilità e irrefrenabilità,  si parla di compulsione. 

Non così il desiderio: posso rinviarne la soddisfazione, posso aspettare. E in questa attesa esso si affina, diviene più consapevole e più profondo. Il desiderio ha una radice sottile e complessa, legata alla storia, alla memoria, agli affetti dell’individuo, ma anche alla sfera assiologica, ed insieme ha a che fare con la fantasia e non è sempre concretizzabile in un oggetto immediato.

Il desiderio mira a ciò che potremmo chiamare la realtà fondamentale che garantisce orientamento e significato al vivere e all’agire. Esso si potrebbe ancora meglio definire come la capacità di canalizzare tutte le energie verso un oggetto stimato centrale per noi. 

A differenza del bisogno, mostra la trascendenza dell’essere umano e richiede una certa stabilità nel soggetto, la libertà e la capacità di vedere oltre l’urgenza immediata, e spesso egocentrica, del bisogno. Qualora non venga riconosciuto ed educato, rischia infatti di essere confuso facilmente con il bisogno, più semplice da soddisfare ma più superficiale e passeggero, portando ad una saturazione che lascia insoddisfatti e vuoti. Alcune manifestazioni di devianza e distruttività giovanile sono riconducibili a quel vuoto interiore che si è cercato di riempire.

Il desiderio, in fondo, scaturisce da una sorta di sintesi che unisce in sé cognizione, affetto, volontà, trascendenza. Il mondo dei desideri  rivela all’essere umano che egli è potenzialmente infinito ed insieme rivela il suo limite. Questa è la condizione paradossale e tragica dell’uomo: essere limitato ed insieme desiderare l’infinito. Non necessariamente l’onnipotenza del desiderio ha un senso immaturo o regressivo, ovvero legato al narcisismo, quando essa è orientata spiritualmente, perché  il desiderio richiede anche una capacità di desiderare, di rivolgersi alle stelle, ad un orizzonte che è più ampio di quello che noi siamo abituati a guardare. Educare il desiderio significa allora anche affidarsi ad un mistero, ad un rischio, a una sorpresa. S. Paolo scrive: «Occhio non vide, orecchio non intese, né mai in cuore entrò quel che Dio tiene in serbo per quanti a Lui si affidano» (1Cor 2,9). Come si fa, assaporando queste parole, a non avvertire un desiderio, pur se non ne conosciamo la sostanza? Forse la forma più alta e impegnativa del desiderio è il nutrirsi di una mancanza, fare di ciò che manca il nutrimento.  Il desiderio non dipende solo da noi, ma da una sorta di corrispondenza tra il cuore e la grazia; esso ha appunto una matrice relazionale, ha in sé qualcosa di misterioso, un’autotrascendenza. Non è un caso che non si sappia definirlo del tutto, poiché si riferisce ad una  «sconosciuta realtà conosciuta»¹, secondo la bella espressione di S.Agostino. Nel non sapere, sappiamo che questa realtà deve esistere.

C’è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza: non sappiamo cosa vorremmo veramente, non conosciamo questa vera vita; e tuttavia sappiamo che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti.  S.Agostino si esprime dicendo che, in fondo, tutto quel che possiamo desiderare è riassumibile in due sillabe: Dio² .

Monica Cornali

Psicologa clinica, tanatologa, poetessa, libera professionista

monicacornali@yahoo.it

Note:

¹Agostino d’Ippona, Lettera 130 a Proba, Paoline Edizioni, Milano 2009.

² Agostino d’Ippona, Confessioni, Rizzoli, Milano 2006.

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