Idee
Paziente e medico devono venirsi incontro: da un lato il medico deve riconoscere la vulnerabilità del paziente dimostrando magari un po’ d’empatia, dall’altra il paziente deve fidarsi e affidarsi, non solo al professionista ma anche al Sistema sanitario che si impegna ad averne cura. È una sorta di patto da rinnovare tra ammalato e dottore quello che emerge dalla presentazione, nei giorni scorsi a Palazzo Ferro Fini, del volume Il medico che vorrei. Essere/Avere. Da Ippocrate al futuro, l’alleanza fra medico e paziente sarà l’unica forza che potrà salvare la sanità italiana che raccoglie 50 anni di professione di Claudio Ronco, nefrologo e oncologo vicentino e professore ordinario presso l’Università degli studi di Padova.
Una storia, quella del prof. Ronco, che riesce a raccontarsi con la schiettezza di un altro vicentino illustre, Rigoni Stern, e l’ironia di chi conosce la professione che esercita al punto di non sentire il bisogno di fare sconti: «Abbiamo avuto la sanità migliore del mondo e in parte, in parte, ce l’abbiamo ancora – mette in chiaro il professore – Però come avevamo le trattorie più buone del mondo e ci stiamo muovendo verso i fast food così anche la nostra sanità sta passando dalla sanità migliore del mondo verso una fast food in cui c’è una prestazione, una transazione ma manca spesso la qualità. E la qualità non viene a mancare perché non abbiamo professionisti bravi ma perché si generano dei meccanismi che hanno all’interno dei giganteschi conflitti di interesse».
E Ronco, a 75 anni, di conflitti d’interesse non ne ha, ma neppure la voglia di scendere a compromessi al punto da raccontare di partecipare ancora alle lezioni della sua università ma di nascosto, per non indispettire i sindacati. E nel farlo dà consigli, liberi e senza filtri. «Quando sento dei direttori generali che dicono di non essere interessati alla ricerca perché sono in un ospedale, vuol dire che non hanno capito niente – spara a zero Claudio Ronco – Una medicina fatta senza ricerca è una medicina che blocca la curiosità, che è la prima dote di un medico. Per fortuna pian piano stiamo arrivando all’integrazione nelle reti formative degli ospedali con le università perché è fondamentale far vedere ai ragazzi e toccare con mano quello che facciamo, è importantissimo».
Curiosità, formazione, e realismo: tra un medico bravo e uno simpatico cosa preferire? Un bravo medico simpatico, capace di ascoltare, di capire cosa sta passando il malato e di aiutarlo, per quanto possibile, a guarire le sue sofferenze.
«Lo sforzo che ho sempre cercato di fare nella mia vita e l’ho trasferito in quel libro – chiosa Ronco che all’attivo ha una notevole lista di pubblicazioni – è quello di cercare di mettere insieme le conoscenze delle varie discipline portando gli specialisti a letto del malato non mandando il malato alle diverse specialistiche».
Avvicinare la medicina e il medico al capezzale del degente, per dirla alla vecchia maniera, ma senza comunque cedere troppo alla poesia. «Ho paura che questo libro sia come l’intelligenza artificiale – conclude Claudio Ronco – Aiuta i bravi medici a diventare migliori e a quelli cattivi a diventare peggiori. Il problema è che per i malati è la stessa cosa: quelli che hanno una predisposizione particolare a cercare di essere coinvolti in prima persona nella loro cura potrebbero trarne dei vantaggi; gli altri che invece si aspettano passivamente un trattamento esclusivo, potrebbero non essere contenti».