Idee
Clima e ambiente. Per cambiare rotta c’è bisogno di pace
Clima e ambiente sono imperativi a cui non possiamo sottrarci. La comunità internazionale deve ritrovare l’unità
Clima e ambiente sono imperativi a cui non possiamo sottrarci. La comunità internazionale deve ritrovare l’unità
Non è facile guardare con speranza al 2023 dal punto di vista del clima e dell’ambiente. Tantomeno lo è, se consideriamo l’eredità di un 2022 che nella Cop di Sharm el-Sheik ha visto una sostanziale battuta d’arresto nell’azione della comunità internazionale per la mitigazione del riscaldamento globale (ed essa getta un’ombra anche sull’impegno dei Paesi più industrializzati al sostegno economico di quelli più colpiti dagli impatti, certo positivo per la giustizia ambientale). Il 2022 ha visto sempre più evidenti le conseguenze di un clima mutato sulle vite di uomini e donne (ondate anomale di calore, eventi estremi, inondazioni di vaste aree…). Tra tanti dati possibili, ne ricordo uno, potentemente sintomatico per me, veneziano acquisito: la città lagunare ha affrontato di nuovo – dopo soli tre anni da quella del 2019 – un’acqua alta eccezionale, simile a quella del 1966 (e per fortuna stavolta il Mose ha evitato il peggio). E allargando di poco lo sguardo, difficile scordare i tanti crolli di monti e ghiacciai sulle Dolomiti, in un’estate così calda da sciogliere persino il permafrost che teneva assieme alcune cime. Questo, dunque, il contesto: continuiamo a procedere su una rotta senza futuro, lungo la quale non potremo che sperimentare un degrado crescente della qualità ambientale. Non è una situazione in cui sia facile offrire speranze a basso costo (come il venditore di almanacchi di leopardiana memoria). Risuona piuttosto forte la domanda posta da Francesco al n. 160 di Laudato si’: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?». E quindi: di cosa c’è bisogno per cambiare rotta? Prima di tutto di pace. Già di per sé la guerra non è solo un disastro umano, ma anche ambientale: distrugge territori, dilapida preziose risorse, incrementa le emissioni climalteranti. È anche, però, ostacolo a un’azione condivisa di cura della casa comune: solo una comunità internazionale meno lacerata da tensioni e conflitti potrà tornare a assumere una comune responsabilità per il futuro della nostra terra: pace sulla terra e pace con la terra procedono assieme. Certo, i tempi e le responsabilità per la pace possono apparire distanti dalle esistenze personali di persone e comunità. Vi sono però anche azioni più specifiche da realizzare, contribuendo a limitare il riscaldamento in atto. Una di esse l’abbiamo forzatamente sperimentata per lacrisi ucraina: contenere i nostri consumi di gas è possibile. Spostarci vero le energie rinnovabili, guardare all’efficienza energetica delle nostre abitazioni, ma anche indossare un maglione in più abbassando la temperatura ambientale: pratiche di cui stiamo scoprendo la fattibilità costretti da motivi economici e geopolitici, ma da proseguire anche quando non più pressati da essi.
E poi un’attenzione per i consumi alimentari, limitando l’uso di carne (specie bovina), contenendo gli sprechi e privilegiando i produttori più attenti alla qualità ambientale. Ma interroghiamoci anche su come investiamo il denaro disponibile: troppo spesso sosteniamo senza pensarci realtà dai comportamenti ambientalmente inaccettabili e/o direttamente coinvolte in attività climalteranti. Ogni soggetto – persona, famiglia, comunità – è chiamato a un attento discernimento, per individuare come e in quali ambiti può dare il suo contributo. Sono pratiche ricche di senso, con cui cambiare rotta, per sostenere la speranza di futuri più abitabili.