Idee
Clima, una sfida da non mettere da parte
L’Europa si impegna ad aumentare la quota di rinnovabili, ma la crisi energetica spinge ad accordi immediati e poco sostenibili. Una scelta alla lunga contraddittoria
IdeeL’Europa si impegna ad aumentare la quota di rinnovabili, ma la crisi energetica spinge ad accordi immediati e poco sostenibili. Una scelta alla lunga contraddittoria
Pier Paolo Raimondi, in tempi di crisi energetica gli obiettivi fissati nell’European green deal, quale per esempio azzerare le emissioni entro il 2050, sono ancora realistici?
«L’obiettivo rimane ma bisogna vedere che impatto avrà questa crisi, anche considerando le capacità di spesa dei governi. Da settembre 2021 sono state impiegate grandi quantità di denaro pubblico per mantenere prezzi più sostenibili, bisogna vedere se andando avanti i governi riusciranno a investire e ad attrarre investimenti in settori come quello delle rinnovabili. Da un lato la componente della transizione ha guadagnato nuova enfasi e l’Europa ha rafforzato i propri target, nel REPowerEU (piano che prevede fonti e fornitori di energia diversi e produzione di energie pulite per sostituire i combustibili fossili, ndr) si propone di aumentare la quota di rinnovabili al 45 per cento, dall’altro si devono scontare le difficoltà dei governi».
Nell’ottica della transizione, l’Ue si rivolge ai Paesi produttori con una domanda che prevede di ab battere. Quali saranno le conseguenze?
«Non aiuta dal punto di vista degli investimenti perché crea incertezza. I produttori di gnl possono pensare che la domanda europea cesserà ma lo potranno esportare in Asia, però per chi vuole costruire gasdotti il tema delle proiezioni di domanda è centrale. Un altro tema è come questi governi riusciranno a utilizzare i profitti, che ricavano dall’esplosione dei prezzi ancor più che dall’aumento della domanda, per reinvestirli nelle economie e proteggerle dalla volatilità dei prezzi».
Ma se è vero che il cambiamento climatico è un problema globale, non è contraddittorio che l’Europa punti al green nel continente ma di fatto favorisca lo sviluppo attraverso la produzione di gas al di fuori?
«Il tema della dimensione esterna della transizione energetica dell’Ue è fondamentale: l’Europa punta a essere green, ma dovrebbe preoccuparsi che anche gli altri lo siano, altrimenti non è molto funzionale all’obiettivo finale. A questo scopo ci sono strumenti come la tassa sul contenuto carbonico dei prodotti importati, oppure includere negli accordi di fornitura del gas misure per incentivare le rinnovabili e la produzione di idrogeno nei paesi fornitori. L’Italia per esempio l’ha fatto con l’Algeria».
Francesca Campanini