Idee
Lisa (nome di fantasia) ha lasciato la scuola a fine aprile, a 40 giorni dalla maturità. Dopo 960 giorni di scuola superiore, tre anni di medie, cinque di primaria e senza insufficienze che facessero pensare a una bocciatura. Semplicemente non ce la faceva più. Non un caso isolato: dalla pandemia in poi più della metà dei ragazzi (51,4 per cento) dai 16 ai 20 anni dichiara di avere stati d’ansia o di tristezza prolungati. A volte abbandonano e si ritirano, chiudendosi.
In questi giorni di inizio settembre gli studenti bocciati per la seconda volta consecutiva stanno cercando – con fatica – una scuola che li accolga e non è per niente scontato. Altri invece arrivano alla conclusione della scuola superiore con competenze di base in italiano, matematica e inglese inadeguate, molto lontane da quelle attese dopo 13 anni di scuola: sono il 6,6 per cento in Italia, secondo l’ultimo studio sui test Invalsi 2024, il 2,1 per cento in Veneto.
Il 10 settembre suonerà la prima campanella dell’anno scolastico 2025-2026 e che si stia avvicinando la ripresa della scuola lo sanno bene bambine e bambini che non vedono l’ora di ritrovare compagni e maestre; ragazze e ragazzi che si lamentano, ma in fondo dopo tre mesi riprendono volentieri la routine. Lo sa bene il mondo del commercio (cartoleria e informatica in particolare) che sul back to school ha costruito una stagione di vendite. Tutto riparte, a settembre, traffico, cattedre da assegnare, dirigenti da sdoppiare, discussioni sulle scuole da sistemare, chat dei genitori.
Per circa 550 mila bambini e ragazzi, dall’infanzia alla secondaria, a settembre inizia una vita diversa da quella estiva. E per un numero crescente di preadolescenti e adolescenti quella che arriva è una stagione carica di preoccupazione: «Stiamo assistendo a un cambio generazionale importante, con tante ragazze e ragazzi in difficoltà ad affrontare fatiche, impegni e obblighi. E anche divieti: tutta da vedere come verrà vissuto quello dell’uso del cellulare a scuola, novità dell’anno in avvio – rileva Cristina de Gioia, psicologa esperta di adolescenza che da anni collabora con la Provincia di Padova per l’orientamento scolastico – Le scuole sono sature, in questi giorni chi è stato bocciato dopo gli esami di riparazione fatica a trovare spazio in altri istituti, si sente respinto e a volte si rifugia nell’abbandono». Per le famiglie, che secondo de Gioia sono sempre più sole e impegnate, senza tempo e “impanicate”, una difficoltà che si somma a quella di ricostruire motivazione e fiducia. «Oltre all’ansia altra parola chiave è noia, perché i ragazzi passano molto tempo da soli quando la loro è l’età del confronto. Noi clinici, dopo il Covid che ha segnato una frattura forte che si sperava di superare con meno danni, abbiamo assistito a un cambiamento epocale. Le scuole si sono attivate sfruttando anche risorse Pnrr per garantire supporto psicologico e strumenti nuovi. Ma la fragilità emotiva da gestire è crescente e non sono pochi ragazzi che non arrivano a concludere le scuole medie».
Se i dati relativi alla dispersione scolastica in Veneto nell’anno scolastico 2023-2024 (l’ultimo analizzabile) rilevano una percentuale dell’1,33 per cento di studenti che hanno interrotto la frequenza scolastica, dato più basso rispetto a quello di altre Regioni e in leggera flessione (era 1,56 per cento un anno prima), in termini assoluti si tratta di 2.706 studenti che non concludono il percorso. Numeri che preoccupano la Giunta regionale che, per contrastare la dispersione esplicita (quella di chi non conclude il percorso) e implicita (chi conclude il corso di studi senza competenze adeguate per costruirsi un futuro), ha approvato l’investimento “Giovani energie-Under 18” da 1,9 milioni di euro per percorsi di istruzione e formazione professionale destinato a chi si trova in condizioni di abbandono o disaffezione scolastica.
L’ansia scolastica si manifesta spesso durante il passaggio tra i diversi cicli scolastici, e gli anni più difficili sembrano essere i primi due delle superiori: «Cerchiamo di curare molto il percorso complessivo dei tre anni di scuola secondaria di primo grado, pensando sì alla didattica, ma a tutta la formazione. E l’orientamento alla scelta della scuola superiore viene avviato già nel secondo anno, perché sia un percorso di conoscenza e di consapevolezza – evidenzia Ilaria Romano, docente presso l’istituto comprensivo di Montegrotto e referente per la continuità – Qualche episodio di ansia lo registriamo, ma siamo supportati tutto l’anno da una psicologa e le difficoltà vengono gestite bene e l’esperienza alle medie è tendenzialmente positiva. Noi cerchiamo di costruire buoni rapporti anche attraverso tante attività extra-curricolari pomeridiane che permettono un confronto fuori aula con i docenti, teatro, diverse attività sportive, corsi di musica e le gite di più giorni che son strutturate sui tre anni e permettono di distendere il clima. Quando poi accogliamo i ragazzi delle quinte elementari che vengono a conoscere le scuole, entrano nelle classi accompagnati dai compagni più grandi e l’impatto a settembre è meno difficile, perché si sentono riconosciuti. Nel passaggio alle superiori si fatica a mantenere un clima disteso, si richiede un metodo di studio ancora da costruire, il modello è a volte anacronistico, il distacco tra docenti e ragazzi è abissale e ci si deve confrontare con aspettative dei genitori e sensibilità dei ragazzi diverse».
In Veneto nell’anno 2023-2024, l’1,33 per cento degli studenti ha interrotto il percorso, sono 2.706 ragazzi e ragazze. Numeri cresciuti dopo la pandemia che rivelano un malessere
Le prove Invalsi 2025, che hanno coinvolto oltre 2,5 milioni di studenti, confermano il Veneto tra le Regioni con i risultati migliori e la minore dispersione scolastica implicita. La quota a rischio nel primo ciclo è pari al 6,9 per cento (dato più basso d’Italia) e al 2,8 per cento nel secondo ciclo.
Nella primaria si registrano buoni esiti in inglese (oltre il 90 per cento al livello A1) e un recupero progressivo in Italiano e Matematica. Nella secondaria di primo grado il 64-66 per cento degli studenti raggiunge livelli adeguati, con punte elevate di eccellenza e miglioramenti in listening. Alle superiori spiccano i licei scientifici in matematica e i risultati positivi nelle competenze digitali. Pur con un recupero ancora parziale dei livelli pre-pandemici, il Veneto resta nella fascia primaria per eccellenza accademica e basso rischio di dispersione.

«Come Larios quando parliamo di orientamento non pensiamo a risposte rapide alla domanda “cosa farò da grande?”, ma a un percorso che ha una valenza etico-sociale per aiutare adolescenti e giovani a immaginare futuri desiderati e a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione». Chiarisce Sara Santilli, docente di Psicologia dell’inclusione e della sostenibilità sociale e di Career counselling e orientamento professionale in contesto multiculturale, che da anni collabora con il Laboratorio di ricerca e intervento per l’orientamento alle scelte (Larios) dell’Università di Padova.
«Negli incontri individuali mi capita di chiedere ai ragazzi se hanno fatto orientamento – aggiunge – E mi dicono “sì, ho fatto il test”. Come se rispondere a 150 quesiti fosse la soluzione deterministica. Sei forte in matematica e scienze, per te le Stem (le discipline scientifico-tecnologiche) sono la strada. Se noi usiamo i test come unico riferimento tendiamo a profilare i giovani in vista del matching nel mondo del lavoro, l’incontro tra domanda di lavoro e offerta. Questo era possibile un tempo, oggi la risposta deve essere contesto-specifica, tener conto che il mondo del lavoro non ha più settori molto definiti e quindi orientarsi significa conoscere il contesto attuale e i giovani vanno aiutati a conoscere criticamente il momento storico. In passato il lavoro “definiva” la persona: sono imprenditore, sono medico… e perdere il lavoro significava perdere la propria identità. In Veneto abbiamo visto le conseguenze di questa prospettiva anche in occasione della crisi economica, quando perdere il lavoro aveva conseguenze dal punto di vista economico ma anche identitario, gli imprenditori si chiedevano “chi sono?”».
Secondo Sara Santilli, la vera sfida è problematizzare le questioni, allargare gli orizzonti, impostare un cammino di orientamento “che guardi alla trasformazione sociale, ai futuri desiderabili, alla lungimiranza, all’inclusione e alla giustizia eco-sociale”, come recita il titolo del 24° congresso nazionale della Società italiana di orientamento che si svolgerà a Parma il 12 e 13 settembre prossimi.
«Alcuni studi ci dicono che nel corso di una vita lavorativa si arrivano a cambiare anche 15-20 professioni, la traiettoria professionale spesso è dinamica. I giovani hanno bisogno di nutrimenti cognitivi, per essere consapevoli che non tutto va ridotto a responsabilità individuale: dalla sensazione di fallimento interiore nasce la tendenza a chiudersi e il fenomeno dei Neet (ragazzi che non studiano, né lavorano né cercano lavoro) è un esempio. Aprirsi alla consapevolezza critica del contesto e conoscere i diritti di chi lavora deve aiutare non a far crescere l’ansia ma ad avviare un dialogo anche sociale, nel mondo della scuola e con gli amministratori, per far conoscere alternative alla visione competitiva che punta tutto sulla produttività, una visione che si respira già a scuola».
Nel documento dell’Ufficio scolastico regionale per il Veneto sulla dispersione scolastica viene puntualizzato che nell’analisi dei dati si deve tener conto dell’atipicità del Veneto: anche nel 2023-2024 la percentuale di studenti che ha frequentato i licei (45 per cento) è decisamente più bassa rispetto al dato nazionale (51 per cento), in continuità con l’andamento storico.
Il Veneto è la Regione in cui risulta la percentuale maggiore di studenti frequentanti i tecnici (37 per cento contro il 31 per cento). Il dato, tuttavia, non è omogeneo: Belluno resta la provincia con la percentuale maggiore di chi frequenta i professionali (21 per cento); Verona presenta la percentuale maggiore di liceali (49 per cento) e a seguire Padova (48 per cento) e Venezia (47 per cento). Vicenza e
Rovigo (entrambe 40 per cento) presentano la percentuale maggiore di studenti iscritti ai tecnici.

Il progetto “Giovani energie-Under 18” della Regione Veneto, approvato a fine luglio, prevede la realizzazione di 17 progetti territoriali – uno per ciascuna area provinciale – in modo che ogni territorio possa sviluppare risposte personalizzate, in grado di attivare le reti locali, valorizzare la dimensione di prossimità e creare sinergie tra scuola, enti di formazione, famiglie e realtà associative. Laboratori, esperienze pratiche, percorsi informali ed extrascolastici rappresenteranno strumenti fondamentali per intercettare i ragazzi in dispersione e aiutarli a compiere scelte più consapevoli, coerenti con i propri stili cognitivi e i propri bisogni formativi: «Raggiungere i giovani che si sentono fuori posto e in qualche misura “inadeguati” – spiega l’assessore regionale alla formazione e istruzione Valeria Mantovan – è l’obiettivo del progetto» .