Divorziati risposati: la via del discernimento e dell’accompagnamento

Famiglia e chiesa, un legame indissolubile. Contributo interdisciplinare per l’approfondimento sinodale. È il titolo del volume che raccoglie il frutto del seminario di ricerca voluto dal Pontificio consiglio per la famiglia. Amore sponsale e procreazione, divorziati risposati, conviventi… ecco le proposte offerte alla riflessione dei padri sinodali.Per leggere il servizio iscriviti gratuitamente al sito.

Redazione

La prima sessione del seminario (gennaio 2015) ha messo a tema le varie problematiche relative al sacramento del matrimonioLa riflessione sul matrimonio e la famiglia è stata portata avanti da varie discipline (la teologia sistematica, morale, pastorale, la liturgia, il diritto), senza riuscire ancora a trovare una sintesi coerente. Se fino a un recente passato questo deficit era sopportabile, a motivo della sostanziale tenuta dell’istituto del matrimonio e della famiglia, i profondi cambiamenti culturali del Novecento hanno fatto esplodere le diverse contraddizioni che chiedono di essere prese in mano con coraggio.

La più evidente tensione è la poca rilevanza della reale condizione della coppia che si appresta a celebrare il sacramentoIl diritto ha determinato i criteri minimali per sposarsi: il battesimo, gli elementi essenziali del contratto (indissolubilità, fedeltà e apertura alla vita) e, per quanto riguarda la fede, l’intenzione di fare quello che intende la chiesa celebrando il matrimonio. Di fatto ci si potrebbe sposare anche senza fede e senza una qualità cristiana dell’amore ma poi si è impegnati a vivere a volte in modo eroico un amore oblativo conforme a quello di Cristo. Con troppa facilità si collega la relazione sponsale al rapporto Cristo-chiesa rischiando di scadere nella retorica, se non si assume seriamente la questione della fede e anche della qualità del legame amoroso che vivono i nubendi.La stessa estraneità di molti sposi dalla vita della chiesa, oggi molto più evidente di ieri, ci porta a chiederci se essi siano in grado di fare ciò che intende la chiesa e anche in che senso si debba parlare del loro essere “ministri” di un atto squisitamente ecclesiale. Confermano queste tensioni molti dati: il valore quasi nullo dato al matrimonio civile di due battezzati; la fatica di interpretare la sacramentalità dei matrimoni misti e di quelli celebrati tra battezzati e non battezzati; la strana condizione di un battezzato che non crede o è poco credente che si trova a scegliere tra un coerente legame civile che lo porta però a essere un “irregolare” e un matrimonio religioso incoerente con il suo stato reale.

Dal seminario sono emerse delle ipotesiPer coloro che chiedono di sposarsi nel Signore vanno verificate almeno due questioni: che vogliano essere uniti da Dio e accettino di essere inclusi nella fede della chiesa. Se non è possibile “misurare” la fede si può verificarne l’esistenza e la possibilità di crescere da tanti segni, primo fra tutto la volontà di accettare la mediazione ecclesiale intesa come quel terzo che apre la coppia oltre se stessa, che coglie nella comunità una presenza amica attraverso la quale giunge la grazia, nella cui fede domani saranno battezzati i figli e che la coppia sceglie come compagna di viaggio nel cammino del matrimonio.

La seconda sessione del seminario (febbraio 2015) ha messo a tema il rapporto tra l’amore sponsale e la procreazioneViviamo in un contesto culturale che dà molta importanza al soggetto, agli affetti e alla sessualità; assistiamo all’emancipazione dei comportamenti sessuali non solo dal matrimonio ma anche dalla relazione eterosessuale come evidenzia la teoria del gender; e vediamo la definitiva separazione del rapporto amoroso dalla generazione anche a motivo della contraccezione e della procreazione medicalmente assistita. Questi mutamenti ci interrogano anzitutto sul rapporto tra natura e cultura in riferimento all’identità dell’uomo e della donna perché la natura è sempre mediata dalla cultura. Ci interrogano sul rapporto tra natura e tecnica valutando la possibilità che quest’ultima sia un aiuto alla vita buona della coppia. E poi c’è il nesso tra eros, legame matrimoniale e generazione; l’eros umano coinvolge la relazione tra un uomo e una donna, permette a ciascuno di comprendere se stesso e apre al dono reciproco che va oltre i due per aprirsi alla generazione. Il volume mette a tema queste questioni di grande attualità. Su questi temi la prassi anche interna alla chiesa sta evidenziando un fossato sempre più profondo tra la coscienza dei credenti e le norme della chiesa. La norma custodisce il senso dischiuso dalle esperienze della vita buona interpretandole per le situazioni concrete sia proibendo sia promuovendo sia custodendo. Quale rapporto tra la norma e la coscienza nel caso della procreazione responsabile, della contraccezione o della procreazione medicalmente assistita? Come evitare che da una parte vengano riaffermati valori e norme che poi la prassi sistematicamente cancella?

La terza sessione del seminario (marzo 2015) ha messo a tema la delicata questione dei conviventi, dei legami spezzati, delle coppie ferite e divise e di coloro che dopo il divorzio hanno iniziato un nuovo legame.La prassi pastorale si interroga, nel caso della preparazione al matrimonio, su come agire perché la celebrazione delle nozze possa accompagnare i giovani a professare una fede che si apre alla celebrazione e si rende operativa nella vita nuova che nasce dall’incontro col Signore. E, nel caso delle coppie in difficoltà e di quelle che hanno rotto il legame, su come accompagnare questi fratelli. Dentro questi percorsi si apre la domanda se non siano possibili scelte pastorali capaci di aiutare quei credenti che soffrono per la loro esclusione dalla piena comunione con la chiesa.

Il seminario ha riflettuto ed elaborato un’ipotesi che ha chiamato “via del discernimento e dell’accompagnamento”La prima consapevolezza è questa: nessuna scelta che cerchi di fare dei passi in avanti su questa problematica sarà indolore per la chiesaLa seconda consapevolezza è che non sembra esistere allo stato attuale una soluzione perfettamente coerente tale da salvaguardare pienamente tutti i valori in giocoSe un’eventuale nuova prassi presenterà delle ambivalenze dobbiamo dire che anche quella attuale, nel mondo secolarizzato, ne contiene diverse e altrettanto serie.

La chiesa, fedele al vangelo, considera indissolubile il matrimonio sacramentale e conferma che l’uomo non può sciogliere ciò che Dio ha unitoNon esiste una soluzione generale per i “divorziati risposati” la cui condizione rimane sbagliata, incoerente col dettame evangelico e causa di una ferita nella comunione ecclesiale. Ma la chiesa potrebbe ritenere possibile, per il bene spirituale delle persone, un lavoro di discernimento da operare nei singoli casi. Come ha scritto Kasper, a coloro che hanno distrutto una barca se non può essere data una seconda barca può essere donata una “tavola di salvezza” che li sostenga nel pellegrinaggio della vita. Si potrebbe ipotizzare un percorso accompagnato autorevolmente dalla chiesa che preveda un cammino di discernimento delle motivazioni che portano a chiedere i sacramenti, che prenda per mano la coppia e l’accompagna a rivisitare il passato e riconciliarsi con esso per intraprendere poi un cammino di vita cristiana che, alla fine, potrebbe aprire alla possibilità di una riammissione ai sacramenti senza, ovviamente, riconoscere al secondo legame lo spessore di un sacramento visto che questo rimane unico. Questo percorso cerca di concretizzare per questi fratelli quella “verità misericordiosa” che dona anche a chi ha rotto un matrimonio sacramentale la possibilità di incontrare il Signore nel sacramento della penitenza e dell’eucaristia.

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Divorziati risposati: la via del discernimento e dell’accompagnamento

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