Chiesa | DiocesiPonte di Brenta può essere considerata la culla della Congregazione delle suore Salesie. Qui don Domenico Leonati diede vita al “Conservatorio” che accoglieva, tutelava e istruiva le fanciulle povere e abbandonate.
«Siamo agli inizi del ‘700 – esplicita don Leonardo Scandellari postulatore della Causa di beatificazione del Servo di Dio don Domenico Leonati – Mentre si trova a Ponte di Brenta concepisce un progetto che riguarda inizialmente le giovani, coloro che per vari motivi risultano abbandonate a se stesse, non sono in grado di ricevere né un’istruzione né un addestramento a qualche mestiere e rischiano la miseria, la corruzione e la degradazione. Il Conservatorio è un ambiente dove accogliere queste fanciulle povere, retto da alcune donne della parrocchia, distintesi per devozione, buona condotta, doti umane. Qui vengono educate da un punto di vista culturale e anche nella formazione cristiana». Quella che inizialmente era una comunità secolare diventerà una congregazione religiosa intitolata a San Francesco di Sales, al quale don Leonati aveva sempre fatto riferimento per la spiritualità e nella sua predicazione. «Don Leonati viene ricordato come fondatore delle suore Salesie, perlomeno del nucleo da cui poi sarebbe nata la congregazione – afferma il postulatore – ma è il caso di ricordarlo anche come parroco, come pastore della comunità di Ponte di Brenta. Qui infatti lascia importanti opere: la chiesa parrocchiale, con tutti gli annessi; svolge un’azione pastorale che recupera la coesione della comunità piuttosto dispersa, anche perché la popolazione di Ponte di Brenta a quel tempo era divisa tra una classe di lavoratori di condizioni molto umili e molte famiglie patrizie che possedevano ville e terre nei dintorni di Ponte di Brenta, che in qualche modo facevano capo anche alla parrocchia, ma che poi si servivano dei propri cappellani e delle proprie cappelle private per quello che riguarda la celebrazione dei sacramenti. Una delle opere di don Domenico è stata anche quella di fare in modo che a poco a poco tutti, sia le famiglie patrizie sia i parrocchiani più umili, tornassero a ritrovarsi nella chiesa parrocchiale come centro della loro vita spirituale». Le vicende che minacciarono a lungo la sopravvivenza dell’Istituto, all’epoca delle soppressioni napoleoniche, poi in seguito alle politiche ecclesiastiche dell’Impero d’Austria e del Regno d’Italia, contribuirono a una sorta di oscuramento della figura di don Leonati. Le cose cominciarono a cambiare lentamente nel Novecento. «In particolare vanno ricordati alcuni sacerdoti padovani: mons. Igino Morello, che ricostruì minuziosamente la storia della Congregazione, mons. Ulderico Gamba, che analizzò e commentò la predicazione del Leonati, e soprattutto don Guido Beltrame, che non solo tracciò la prima biografia completa del fondatore, ma con appassionata pazienza condusse ampie ricerche negli archivi per rintracciare e raccogliere ogni possibile documento sulla vita di don Domenico e la storia del suo Istituto». E poi va ricordato anche il padre cappuccino Lorenzo da Fara, autore di una nuova e aggiornata storia dell’Istituto, pubblicata nel 1993, a duecento anni dalla morte del sacerdote che lo aveva concepito. Con il sostegno delle testimonianze storiche raccolte, e dopo lunga riflessione, nel 2022 la Congregazione Salesia ha deciso di chiedere al vescovo di Padova l’introduzione della causa di beatificazione per il suo fondatore, aperta poi ufficialmente il 24 gennaio 2024, nella memoria liturgica di san Francesco di Sales. «Si è quindi cominciato a predisporre la documentazione che ricostruisce la biografia di don Leonati – spiega don Scandellari – enunciando gli aspetti significativi della sua figura, i motivi per cui si ritiene che questa figura possa essere additata come esempio, ma anche come persona da evocare. Nel 2024, dopo un esame della documentazione, il vescovo ha dato l’assenso, ha aperto ufficialmente la causa di beatificazione. Quello che possiamo sottolineare è che inizialmente questa figura non sembra presentare cose particolarmente straordinarie, lui stesso, come scelta personale di vita, aveva sempre cercato di evitare di mettersi in primo piano. Tutto quello che ha fatto è stato realizzato grazie all’aiuto di tante donne, alcune anche sue parenti. Quindi don Domenico va segnalato come una figura significativa, ma altrettanto significativo è il fatto che la sua Opera sia stata un’opera comunitaria non solo sua personale, non è un eroe solitario, ma piuttosto un suscitatore di altre figure. Testimonia non solo l’attività di un singolo, ma la capacità di aiutare anche altri a riconoscere la propria strada, incoraggiandoli e formandoli a un servizio. In questo senso si presenta come un vero pastore, uno che non ha semplicemente progredito da solo nella propria via spirituale, ma ha incoraggiato altri a crearsi la propria strada». «Un altro aspetto da sottolineare – conclude il postulatore – è il valore sociale della sua Opera. Anche se si ispirava fortemente alla figura di San Francesco di Sales, don Domenico, non era tanto un teorico. Era senza dubbio preparato, però era più che altro un organizzatore. E in questo senso aiuta a capire che l’insegnamento sociale della Chiesa non è semplicemente una teoria che riguarda la morale, la società, le leggi, la politica. Ma vuole essere piuttosto un orientamento per i credenti nel trovare nell’attualità il proprio impegno personale nella Comunità civile. E forse anche questo aspetto lo rende attuale, più vicino alle persone. È stato davvero un pastore».
Dopo l’ascolto dei testimoni che possono dire qualcosa riguardo alla fama di cui don Domenico gode, nel frattempo sono al lavoro una commissione storica, incaricata di esaminare tutte le testimonianze già a disposizione e di raccogliere anche altra documentazione e una commissione teologica che invece deve fare una valutazione sulle testimonianze relative a ciò che don Domenico predicava e insegnava per comprendere il valore teologico e per verificare che nella sua predicazione non ci fossero errori o affermazioni che avrebbero potuto sviare la fede anziché aiutarla. Ci sarà poi una prima sintesi che dovrebbe riguardare l’eroicità delle virtù.
