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Dossier Nevediversa 2025 di Legambiente. Bilancio idrico nivale italiano in discesa. Servono interventi
Scarsità di nevicate e fusione precoce della neve sono anomalie ricorrenti nel nostro clima. Cosa fare?
FattiScarsità di nevicate e fusione precoce della neve sono anomalie ricorrenti nel nostro clima. Cosa fare?
Nevica sempre meno e questo è un problema importante che riguarda il nostro quotidiano, perché tocca non solo il clima, ma anche le nostre riserve idriche e l’economia nel suo complesso, dall’agricoltura al turismo. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Lo dice il dossier Nevediversa 2025 di Legambiente intitolato “Una nuova montagna è possibile?”, una fotografia che mostra come sia la crisi climatica che impone un ripensamento del rapporto con la montagna, in quota e a valle. Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione Cima, ente di ricerca che si occupa dello studio, la previsione e la prevenzione dei rischi legati ai cambiamenti climatici, illustrano chiaramente il grave deficit nevoso documentando come il bilancio idrico nivale dell’Italia si mantiene in negativo, con un deficit nazionale dello Snow Water Equivalent (Swe) – cioè l’equivalente idrico nivale, una misura che rappresenta la quantità di acqua derivabile dalla neve qualora venisse completamente fusa – pari al meno 57 per cento rispetto alle medie storiche. «Questi dati non rappresentano un’anomalia isolata, ma piuttosto un segnale persistente nelle ultime stagioni. Possiamo evidenziare come questa stagione stia mettendo in luce anomalie ricorrenti nel nostro clima recente, un fenomeno che si sta manifestando attraverso una scarsità di nevicate e un’accelerazione dei processi di fusione», spiega Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione Cima. La fusione precoce della neve è direttamente influenzata dall’aumento delle temperature, con conseguenze dirette sulla disponibilità idrica per i mesi successivi e questa scarsità significa una siccità perché l’acqua derivante dalla fusione della neve è una componente cruciale del bilancio idrico italiano. Il fatto che la neve si scioglie prima, quando la domanda d’acqua è scarsa, pone il problema di come gestirla per poterla utilizzare quando servirà.
In montagna però le piste da sci sono agibili anche se la neve scarseggia e i costi di innevamento artificiale pesano sia in termini economici che ambientali: «Negli ultimi anni, gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa costante e cruciale per la sopravvivenza dei comprensori e per garantire la settimana bianca. Tra gli esempi simbolo ci sono Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. A metà febbraio si è registrata una spesa di 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale nelle aree montane del Bellunese dall’inizio della stagione» si legge nel report di Legambiente. «Quanto sta accadendo ad alta quota è solo la punta di un iceberg – è il commento di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – la crisi climatica sta avanzando a ritmi preoccupanti, la fusione dei ghiacciai da un lato, la diminuzione delle nevicate, ma anche la chiusura di diversi impianti insieme a quelli che faticano spesso a restare aperti, dall’altro, sono facce della stessa medaglia su cui va aperta una importante riflessione che deve essere accompagnata da interventi concreti. Si continua ad alimentare la pratica dell’innevamento artificiale, che comporta consistenti consumi di acqua e di energia, senza invece mettere in campo una chiara strategia di adattamento e mitigazione alla crisi climatica. È da qui che bisogna partire, se si vuole arrivare ad una migliore gestione del territorio».