Idee
Taser sotto accusa dopo che nel giro di due giorni, sabato e domenica scorsi, due persone sono morte dopo aver ricevuto una scarica dalla pistola elettrica in uso alle forze dell’ordine. Ad agire in entrambe le circostanze sono stati gli uomini dell’Arma dei carabinieri, ora indagati dalle Procure di Tempio Pausania e Genova per omicidio colposo, un atto dovuto per consentire ai quattro militari – due di stanza a Olbia, il capo pattuglia e chi ha utilizzato materialmente il taser, gli altri nel capoluogo ligure – di partecipare agli accertamenti tecnici con i propri consulenti. Ne parliamo con il sociologo Maurizio Fiasco, specializzato, tra le altre cose, in ricerca e formazione in tema di sicurezza pubblica.
Professore, è sorpreso che due persone siano morte dopo l’uso del taser?
Sono indignato per il feticismo riposto nell’uso di un’arma passata per innocua, ma il problema va collocato sullo sfondo e sul tempo in cui sono verificati. Cominciamo a parlare della stagione, del tempo, perché anche per l’insofferenza e i comportamenti trasgressivi c’è una stagionalità. D’estate aumentano le liti domestiche, aumentano l’insofferenza, aumentano i comportamenti inappropriati, aumenta la movida disordinata e inaccettabile, gli episodi di escandescenza e di devianza si moltiplicano. L’estate è una stagione particolare, rispetto alla quale tutti i servizi, quelli dell’emergenza sanitaria, i servizi sociali, i servizi della salute mentale, i servizi di psichiatria delle Asl, predispongono una sorveglianza particolare, anche nelle località di villeggiatura, al mare o in montagna. L’estate, infatti, è una stagione meravigliosa ma anche critica. Non è solo una questione di clima torrido, ma anche lo svuotamento delle città è un ulteriore motivo di sofferenza per chi vive in condizioni di fragilità. Quindi, occorrono delle metodiche studiate e applicate alla bisogna per fronteggiare quello che è una normale missione di un lavoro, di un servizio. Ma questo tratto, per la complessità di elementi che presenta, ancora non viene preso in considerazione dal sistema di sicurezza pubblica. Questo è il punto:
non si può ragionare soltanto in termini di dispositivi tecnici, quante pattuglie, quante sorveglianze, tutti aspetti ovviamente essenziali, ma si deve ragionare sulla complessità dei problemi che si presentano nella stagione estiva, come in maniera differenziata, con particolari varianti, nelle altre stagioni dell’anno.
Il taser, diceva, non è un’arma innocua. Ci spieghi…
Se una persona di sana e robusta costituzione fisica, senza lo stress dell’assunzione di stupefacenti, giovane, nel fiore degli anni riceve un colpo di taser, lo assorbe e non gli succede niente, ma se non sai se quello ha un quadro fisico compromesso, un sistema neurologico fragile, l’uso diventa un rischio.
Certo, la pistola spara e provoca delle ferite evidenti, ma il taser, ribadisco, non è innocuo. Non dovrebbe avere degli esiti letali, ma non li sulle persone di sana e robusta costituzione fisica senza condizioni critiche particolari, ma queste persone di sana e robusta costituzione fisica senza condizioni critiche particolari non provocano episodi contro l’ordine pubblico che necessita dell’intervento delle forze di polizia. Poi bisognerebbe stabilire un codice molto severo nei confronti di homeless, tossicodipendenti, persone in evidente stato di alterazione: nei loro confronti non si dovrebbe usare. Infatti, può essere pericoloso usato su chi ha già una condizione cardiologica compromessa perché ha assunto degli stupefacenti. Il taser è una scorciatoia. Invece di rispondere con una strategia di servizio, con una cultura di servizio, si risponde con un dispositivo, con una norma simbolica, con un alibi. Vogliamo continuare così? Poi sarà anche colpa nostra.
Cosa suggerisce, allora?
Quando all’inizio parlavo di “feticismo”, intendevo dire che si attribuiscono poteri magici a uno strumento offrendo la strada a scorciatoie cognitive e di responsabilità che possono essere drammatiche e tragiche. Si tratta di un ulteriore fattore che fa risparmiare ogni sforzo di perfezionamento e di adeguamento dei servizi per le situazioni critiche che si verificano in questa stagione.
Quindi se dovessi dare una direttiva direi di sospendere la dotazione del taser in questa stagione. Sappiamo che è difficile affrontare uno scalmanato, ma una situazione complessa richiede una professionalità enorme, perché, non ci dimentichiamo, il mestiere di polizia è un mestiere molto difficile, tra i più difficili. A mio avviso,
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il servizio di polizia dovrebbe avere alle spalle tutto il sostegno, tutto il supporto anche specialistico di altre figure professionali, psichiatri, psicologi, assistenti, cioè dovrebbe esserci anche una sottoscrizione di protocolli tra i servizi di polizia sul territorio e i servizi di salute mentale, di sostegno sociale.
Se pensiamo, ad esempio, ad uno degli episodi nei quali dopo l’uso del taser un uomo è morto, è chiaro che ci si trovava di fronte a un uomo maturo alterato, con reazioni oggettivamente pericolose, ma che, secondo me, non potevano essere fronteggiate con l’uso esclusivo della forza. Ma di fronte a questi incidenti non possiamo cavarcela né con l’assoluzione né con il capro espiatorio degli agenti che li hanno causati. Questi incidenti chiamano in causa una filiera di responsabilità che parte dall’alto e arriva fino all’episodio. È necessaria, infatti, una visione moderna, civile, tecnicamente evoluta, come è disponibile nella letteratura, nell’esperienza e nella storia di questi 50/60 anni, che traduca in indirizzi politico-istituzionali il bisogno di sicurezza pubblica, come si pone nell’anno 2025. E poi gli indirizzi dovrebbero tradursi in modelli. Poi ci sono tutta una serie di altri aspetti tecnici che riguardano la formazione e anche il reclutamento del personale delle forze dell’ordine.
In che senso?
Forse è il caso, 25 anni dopo, di ripensare a una norma che fu introdotta quando si sospese l’obbligo del servizio di leva. Al suo posto è intervenuto il servizio di leva volontario.
Con una appendice: chi avesse svolto il servizio di leva volontario avrebbe avuto una corsia preferenziale, una riserva di posti, per l’assunzione nei corpi di polizia. Questo conta, perché una cosa è entrare dentro un sistema di formazione che porterà a possedere una professionalità dedicata a un servizio civile, qual è la sicurezza pubblica, il servizio di polizia, a 20, 25, 27 anni; un’altra cosa è entrarci a 35, dopo 6 o anche 9 anni passati all’interno delle forze armate, nelle aree di crisi, in pattugliamento, in luoghi segnati dalla guerra, dove a ogni angolo c’è il rischio di essere bersagliati da micidiali armi da fuoco, senza rapporti con la popolazione civile, dove le uniche relazioni sono con i commilitoni. Non è semplice a 35, 36, 37 anni, ristrutturare la propria psicologia, la propria cultura, la propria motivazione in termini di servizio di soccorso, di sicurezza, in termini di servizio proattivo e non solo reattivo per la collettività che ha bisogno di essere tutelata da inciviltà, violenze, aggressività, crisi.
Dal suo discorso, mi pare ci capire che non serve interrogarsi solo sull’uso del taser…
Se ci mettiamo a discutere se hanno fatto bene o male a usare il taser, secondo me non andiamo da nessuna parte. Invece,
possiamo sensibilizzare il nostro mondo, che è un mondo illuminato, aperto ai valori dell’umano, ai valori della solidarietà, ai valori della responsabilità. Possiamo dire: il mondo cattolico deve fare suo questo tema, ci deve investire, cosa che peraltro 50-60 anni fa si faceva. E quindi dire una sua parola, un suo punto di vista sul tema della sicurezza pubblica.