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Elezioni. Ivo Rossi sulla crisi dei sindaci. Più indennità, minore vocazione
Ivo Rossi «La partecipazione si sta inaridendo, ma anche se recuperi qualche candidato pagandolo di più, questo diventa un lavoro, un’altra cosa»
IdeeIvo Rossi «La partecipazione si sta inaridendo, ma anche se recuperi qualche candidato pagandolo di più, questo diventa un lavoro, un’altra cosa»
Per Ivo Rossi, consigliere regionale dal 1990 al 2000 e primo cittadino di Padova dal 2013 al 2014, è arrivato il momento di aprire una riflessione su come «a 31 anni dall’introduzione dell’elezione diretta del sindaco e a 25 anni dall’introduzione dell’elezione diretta dei presidenti delle Regioni, sia cambiata la fisionomia delle strutture democratiche territoriali». Rossi, l’elezione diretta dei sindaci era arrivata dopo Tangentopoli. «Sì, con Tangentopoli la classe dirigente aveva perso la sua credibilità. L’elezione diretta dei sindaci era finalizzata a dare stabilità agli esecutivi e garantire la governabilità. Oggi però si vede che sono scomparsi i consigli comunali, i compiti che vengono loro assegnati sono assolutamente residuali. Forse erano troppi prima, perché passava tutto attraverso il consiglio comunale. Sono venuti meno anche altri istituti, come i consigli di quartiere: le consulte in realtà sono finzioni. Questo ha contribuito alla rarefazione della partecipazione». E i partiti come si pongono? «I partiti non contano più nulla. Si sono svuotati, vivono come comitati elettorali. Con il paradosso che alle elezioni Comunali, ma anche alle Regionali – come nel caso di Alessandra Todde in Sardegna – i candidati vengono indicati dai partiti, ma non vogliono che i segretari di partito vadano a fare la campagna per loro. E allora uno si domanda: i partiti a cosa servono?». L’Election Day può favorire la partecipazione alle Comunali? «Io penso che l’Election Day sia stato convocato con un’altra funzione, ritenendo Giorgia Meloni di poter primeggiare, di poter trascinare il suo consenso a tutti i livelli. Ma è tutto il processo della partecipazione che è venuto meno. E s’impone una rilettura complessiva degli effetti determinati dall’elezione diretta sulle strutture democratiche: ad esempio il Consiglio regionale del Veneto, che è un organo legislativo, se viene svuotato, non produce più leggi, oggi al massimo approva delle mozioni. Più in generale, noi stiamo assistendo a una riduzione delle democrazie: c’è stata una lunga fase espansiva; adesso, in decine di Paesi, si stanno rafforzando le autocrazie, l’uomo solo al comando senza tanti processi democratici». Il mandato senza limiti nei Comuni fino a cinquemila abitanti e il terzo mandato nei Comuni da 5.001 a quindicimila abitanti sono stati introdotti perché mancano le “vocazioni” e c’è bisogno di pescare tra i soliti noti? «Bisogna vedere caso per caso, però il mandato illimitato dice che i Comuni troppo piccoli non hanno né le risorse e talvolta nemmeno le strutture amministrative e quindi c’è meno interesse a candidarsi. Credo però che con la nuova legge sulle indennità, che le ha significativamente aumentate, per tanti sindaci può diventare una sorta di mestiere. Ma la partecipazione si sta inaridendo perché, se anche recuperi qualche candidato perché lo paghi di più, questa diventa un’altra cosa. È una professione, un lavoro. Non è più l’impegno figlio di un’idea politica, di una passione, di una visione del mondo». Il terzo mandato rischia di “condannare” un sindaco a rivestire quel ruolo vita natural durante… «Nel momento in cui i parlamentari vengono nominati e ridotti di numero, di fatto s’interrompe una catena. Un tempo il bravo sindaco, anche di un Comune medio-grande, poteva aspirare con le preferenze a diventare consigliere regionale o anche deputato, e a scalzare altri. Ora si è determinato un processo di inamovibilità. Ritengo che il terzo mandato sia sbagliatissimo, perché quello del sindaco è un potere esecutivo». Anche questa volta vedremo nei Comuni tante liste civiche. «Sì, sono gruppi d’interesse. Io non credo più al civismo, perché è una finzione anche degli stessi partiti. Che si nascondono, quasi si dovessero vergognare del loro essere parte». Che campagna elettorale si aspetta? «Sarà una campagna elettorale ridondante dal punto di vista nazionale. Le Europee non hanno mai avuto numeri elevatissimi di partecipazione al voto. Il 40 per cento di Renzi, il 34 per cento di Salvini, spariti in pochissimo tempo, dicono che c’è anche un’elevata volatilità».
lle Europee in chiave locale. I quattro partiti della coalizione di centrodestra che sostiene il Governo Meloni hanno infatti deciso di presentarsi separatamente all’elezione del Consiglio provinciale di Padova che è in programma sabato 16 marzo. Sul versante del centrosinistra Partito democratico, liste civiche, Azione e Coalizione Civica hanno invece stretto l’accordo per una lista unitaria. In palio ci sono le 16 poltrone del consiglio provinciale, che dovrà affiancare il presidente Sergio Giordani, rieletto nel settembre 2022 per un mandato quadriennale. Sono cinque le liste in corsa per un totale di 74 aspiranti consiglieri provinciali.
Il 13 febbraio, il Senato ha approvato con 104 voti a favore e 56 contrari il disegno di legge proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio che prevede diverse modifiche al codice penale. Tra le altre cose il ddl cancella il reato di abuso d’ufficio (articolo 323 del codice penale), cioè quello di chi commette illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni di pubblico ufficiale, e che riguarda spesso anche i sindaci. Ora il ddl passerà alla Camera, e dovrà essere approvato per diventare legge.