Al centro del decimo paragrafo della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium trovo il termine “sorgente”. Che, a sua volta, mi rimanda all’acqua. E l’acqua alla fecondità. Dove c’è una sorgente d’acqua la terra diventa feconda e può accogliere il seme che porterà frutto il trenta, il sessanta, il cento per uno (Mc 4,20). L’Eucaristia, sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14), irriga la nostra terra arida e rende fecondi i nostri deserti. Nella terra arida dell’umanità Gesù vide una messe abbondante, ma scarsità di operai. Eppure il primo comando che affidò all’armata disarmata di settantadue discepoli non fu di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Non pretese da loro una strategia efficace per convertire il mondo. Non suggerì slogan e frasi fatte per far penetrare l’evangelo nella testa della gente. Chiese piuttosto di dedicarsi con passione alla più passiva delle azioni: Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe (Lc 10,1-3). Il Regno che siamo chiamati ad annunciare appartiene a Dio. Lui è il Re, il Padrone della messe e la sola ricchezza del discepolo. Per questo possiamo permetterci il lusso di andare con un bagaglio leggero (senza borsa, né bisaccia, né sandali) per ottenere – come afferma la costituzione conciliare – con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e quella glorificazione di Dio in Cristo… L’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, ci educa a questa passiva attività e ridimensiona il nostro delirio di onnipotenza, come se toccasse a noi il compito di portare sulle spalle il peso del mondo. Il discepolo di Gesù è inviato con l’umile forza della Parola e del Pane che riceve nell’Eucaristia e una Parola ed è con questa semplice ricchezza che siamo inviati ad annunciare l’evangelo del Regno, la buona notizia che il Regno di Dio è vicino e che la sua prossimità ha il potere di guarire i malati e sottomettere i demòni. In questo nostro mondo che sembra costantemente sotto il segno della violenza, nella nostra Europa scristianizzata che tende a cancellare ogni riferimento a Dio e alla sua presenza, siamo chiamati a credere e ad annunciare, invece, che il Regno di Dio è vicino. Il nostro tempo malato e in balia del male non allontana Dio, ma lo avvicina perché Gesù, il medico che rifà il letto agli infermi (Sl 41,4), non è venuto per i sani, ma per i malati (Lc 5,31), e si è fatto prossimo per fasciare le nostre ferite versandovi l’olio e il vino della sua Parola e del suo Corpo (Lc 10,34). Ogni eucaristia è messa di guarigione. Il Corpo e il Sangue del Signore non ci viene donato come premio per i nostri meriti, ma come viatico, pane del cammino, il cibo di cui abbiamo bisogno perché troppo lungo è per noi il pellegrinaggio verso la patria celeste (1Re 19,7).
Nell’ora più calda del giorno, una donna di Samaria incontrò Gesù al pozzo di Sicar, dove si recava ogni giorno ad attingere un’acqua che non la dissetava (Gv 4,1-31). La donna non si rendeva conto che la sua vita era una cisterna screpolata (Ger 2,13). Dopo l’incontro con Gesù abbandonò la sua brocca e di corsa tornò al villaggio, dissetata da una parola nuova: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. Gesù, acqua viva, aveva reso nuovamente feconda la sua sterile vita. In ogni Eucaristia che celebriamo avviene questo semplice miracolo. Ci dissetiamo con l’acqua viva di una Parola che non passa (Mt 24,35) e, nutrendoci del Corpo e il Sangue di Cristo, ritroviamo la pace che il mondo non conosce (Gv 14,27). Santa Teresa d’Avila racconta che, quasi abitualmente, «appena fatta la comunione mi calmavo e talvolta, anche solo accostandomi al sacramento, mi sentivo immediatamente così riconfortata nell’anima e nel corpo da restarne sbigottita. Era come se in un attimo si dileguassero tutte le tenebre dell’anima e, levatosi il sole, vedessi chiaramente tutte le balordaggini che mi avevano irretita». Con il pane e il vino portiamo all’altare le nostre balordaggini che ci irretiscono e affidiamole al Signore che saprà guarirle. Sono pochi gli operai per una messe così abbondante, ma sono sempre stati pochi perché il Signore non ha bisogno di un grande esercito. Si serve di uomini e donne fragili che abbiano il coraggio di affidare la loro vita al Padrone della messe e di annunciare, accolti o rifiutati che siano, che il Regno di Dio è vicino. Quando entriamo in chiesa per la celebrazione dell’Eucaristia, varchiamo la soglia del tempo e dello spazio, ci addentriamo in una nuova dimensione. Il sacerdote, non per i suoi meriti, ma per la grazia di Dio, consacra il pane il vino e lo trasforma nel Corpo e nel Sangue del Signore Gesù. Con il Sangue del Figlio il Padre ha siglato l’alleanza definitiva e unilaterale con l’umanità e non verrà mai meno alla sua promessa. Per questo, com’è scritto nella costituzione conciliare, «dall’Eucaristia, come da sorgente, deriva a noi la grazia, e si ottiene con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e quella glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa».
Intenzione di preghiera del papa
Preghiamo perché le società in cui la convivenza sembra più difficile non cedano alla tentazione dello scontro su basi etniche, politiche, religiose o ideologiche.
Intenzione dei vescovi
Ti preghiamo, Signore Gesù, perché la Rete Mondiale di Preghiera del Papa aiuti ogni battezzato a sintonizzarsi sempre di più con il Tuo Sacro Cuore e ad aprirsi ad una missione di compassione per il mondo.
Intenzione per il clero
Cuore di Gesù, dona ai tuoi preti la ricerca costante di quel “di più”, che è vitale tensione per chi desidera consacrarsi alla gloria di Dio nel servizio dei fratelli.
Nella chiesa del Corpus Domini a Padova, in via Santa Lucia 42, l’adorazione eucaristica è 24 ore su 24. Per informazioni e adesioni: 393-2525853, adorazioneperpetuapd.it e pd.adorazioneperpetua@gmail.com