Come ripensare il futuro dei centri abitati, promuovere la sostenibilità ambientale e mettere al centro il benessere delle persone? Il tema è sempre più attuale, si intreccia con i cambiamenti climatici ma soprattutto con l’evoluzione di società sempre più industrializzate e digitalizzate. In questo contesto, persino il verde urbano diventa infrastruttura strategica, perché la pianificazione deve pensare anche alla mitigazione degli effetti del clima. Di tutto questo si è parlato il 10 giugno scorso al convegno “Dove ricomincia la città. Nuove visioni e strumenti per il futuro urbanizzato”, organizzato dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) di Padova, in occasione del suo 80° anno di attività, in un momento in cui la città sembra vivere una nuova epoca di rinnovo edilizio, con cantieri aperti ovunque e soprattutto quello diffuso in vari quartieri per il tram, che sta ridisegnando la mobilità cittadina e non solo. Tutto questo è vero però per i lavori pubblici, mentre l’edilizia privata, con il calo degli incentivi governativi, è piuttosto ferma. Per la presidente di Ance Padova, Monica Grosselle, che è anche imprenditrice edile, la parola d’ordine è “rigenerare”. «È una questione culturale, oltre che tecnica – ha spiegato – perché vuol dire mettere mano all’esistente senza perdere la memoria del passato, quindi con una prospettiva futura. Rigenerazione dal punto di vista ambientale ma soprattutto sociale: c’è bisogno di riqualificare il territorio. Ancor più che nel passato, gli edifici che oggi andiamo a creare devono essere socialmente inclusivi, belli e funzionali. E gli spazi verdi fanno respirare la città e la gente che ci vive. Si deve andare verso una città sempre più inclusiva e a dimensione del cittadino e dei giovani, tra i quali è molto sentito il problema dell’abitazione: ci sono molti appartamenti sfitti, chiusi e da ristrutturare. Si deve usare lo spazio esistente nel migliore dei modi». L’edilizia sta cambiando, forse non altrettanto la mentalità di chi costruisce. Ma non vi sono strade alternative. «Che dobbiamo andare verso un nuovo modo di costruire – continua Grosselle – ce lo dicono la legge sul consumo del suolo e soprattutto i cambiamenti climatici, che ci portano a guardare con attenzione a quello che costruiamo e a come lo costruiamo». Con i nuovi strumenti digitali e in particolare l’avvento dell’Intelligenza artificiale, sarà più semplice costruire? «Lo capiremo» conclude la presidente. «Per la prima volta abbiano una Commissione Europea che ha parlato di green, di casa, di trasformazioni: noi che siamo sul territorio dobbiamo trovare le formule coniugando urbanistica, edilizia, economia e finanza», ha aggiunto Stefano Betti, vicepresidente Ance nazionale. Sull’importanza culturale del costruire e del progettare la città si è soffermato anche Andreas Kipar, architetto del paesaggio e urbanista. «Una volta si parlava della campagna felix – ha sottolineato – oggi si parla di una provincia che diventa protagonista tra i grandi poli, avendo un capitale naturale molto elevato, di cui in passato ci si è occupati poco. Consideriamo che oggi si converge verso un’economia della natura. Questo binomio tra cultura e arte, e tra cultura e natura, diventa il vero vanto anche della città di Padova. Si tratta di tradurlo in sostenibilità, non solo misurabile ma anche visibile, quella della cittadinanza, della quotidianità e della nostra vita comune. Padova lo sta già facendo attraverso una coraggiosa politica della mobilità, un piano del verde molto ambizioso e una sensibilizzazione della cittadinanza dei beni e dei capitali che ha sul proprio territorio. La connessione tra centro storico e centri collaterali – non parliamo più di periferia – diventa oggi un qualcosa che in Europa si chiama “città delle regioni”, ovvero la stessa regione diventa una grande città». Per Francesco Musco, ordinario di Pianificazione urbanistica e Direttore della Ricerca dell’Università Iuav di Venezia, Padova è l’esempio di una città molto densamente costruita, dove l’alta impermeabilizzazione del suolo, associata al cambio globale del clima e ai suoi eccessi in termini sia di precipitazioni che di calore, genera aree che in alcuni periodi dell’anno diventano molto complicate da vivere. «Uno degli ultimi studi fatti – ha raccontato Musco – riguarda la zona industriale di Padova, dove si raggiungono punte di 50 gradi: pensiamo a chi opera in quelle aree, ma anche alle attività quotidiane. Sono aree pensate negli anni Sessanta, senza quel grado di attenzione verso le precipitazioni e il calore in eccesso, che sono le due componenti con cui di fatto ci relazioniamo quando parliamo di cambiamenti climatici». Tuttavia, secondo Musco, Padova è un esempio per come cerca di affrontare il problema. «Da anni – ha spiegato – la città è attenta a questi temi ed è tra quelle che sta provando a costruire delle azioni pubbliche di attenzione alla dimensione del cambiamento climatico. Il problema è che l’urbanistica ha tempi lenti e che le trasformazioni, anche nel bene, impiegano qualche anno per essere approvate».
«80 anni vogliono dire tanta storia, tanta conoscenza del territorio, tanta resilienza e incardinamento all’interno della collettività»: commenta così Stefano Betti, vicepresidente nazionale Ance, il traguardo dell’associazione padovana. Betti ha parlato poi di rigenerazione urbana come fattore fondamentale per la trasformazione e per la tenuta competitiva delle città del futuro. «E una città competitiva come Padova – ha concluso – non può sicuramente fermarsi».