Europa, nella mitologia greca, era la principessa della città fenicia di Tiro. Un giorno, mentre con le sue ancelle era sulla riva del mare, le si avvicinò un docile toro bianco, talmente mansueto che iniziarono ad accarezzarlo. Europa, per nulla intimorita, salì addirittura in groppa. Nelle sembianze dell’animale in realtà si celava Zeus, il dio dell’Olimpo, innamorato della fanciulla al punto che si camuffò da toro per poterla avvicinare. Una volta “catturata”, il toro iniziò una furente fuga, ore e ore di cammino, mentre Europa si aggrappava come meglio poteva, prima di arrivare sull’isola di Creta dove Zeus si manifestò agli occhi della donna, dichiarandole il suo amore. Dall’unione nacquero i figli Minosse, Radamanto e Sarpedonte, anche se Europa sposò poi il re di Creta Asterio e divenne la prima regina dell’isola greca. Il ratto di Europa (citato anche nell’infografica a destra da Giorgio Romagnoni con la presenza del toro) nel corso dei secoli è stato illustrato da diversi pittori, tra cui spicca l’interpretazione di Tiziano Vecellio, molto più funesta e tormentata, e quella di Paolo Veronese, che accompagna questo articolo, decisamente più posata e fiabesca. Ma l’iconica narrazione è altresì raffigurata sulla moneta greca da due euro. Non solo: prendete una banconota, non importa che sia da cinque o cinquecento euro (buon per voi), mettetela in controluce, la filigrana ritrae il volto di Europa, eponima del cosiddetto vecchio continente. Un secondo volto, sempre della protagonista, lo si può scorgere, come ologramma, lungo la striscetta argentata. L’euro, del resto, è l’esempio più concreto, perché tattile e di uso quotidiano, di quel che rappresenta il processo costante di integrazione dei popoli, traghettato anche dall’unione monetaria – l’euro è la valuta ufficiale in venti Paesi su 27 dell’Ue – e dall’“abbattimento” delle frontiere, quella liberacircolazione che genera contaminazioni culturali, sociali, lavorative. Lo sognavano i padri fondatori dell’Unione europea come Alcide De Gasperi o Altiero Spinelli, Robert Schuman, Konrad Adenauer; l’hanno sognato anche i cittadini nati prima del 1987, anno dell’istituzione del programma Erasmus. Tra loro c’è Silvia Logato. Nel trentennale dalla nascita del percorso di mobilità studentesca europea, l’Università di Padova ha raccolto le storie passate e recenti di studentesse e studenti, tra cui quella di Silvia: nel 2017 era iscritta al secondo anno del corso di laurea magistrale in Strategie di comunicazione, oltre a essere impiegata in un istituto di riposo per anziani come fisioterapista. Ha trascorso sei mesi di studio a Valencia, in Spagna. A 54 anni: «Una cosa che la Spagna mi ha insegnato è, come dicono loro, il “compartire”: il condividere tutto – si legge nel libro pubblicato dall’università patavina – Dalla condivisione dell’abitazione, nella quale ci si deve barcamenare tra diverse abitudini di vita, usanze e lingue, alla condivisione dello studio. Si può credere che questo programma sia utile solo a chi davanti ha una vita da vivere, ma vi assicuro che così non è. Da persona che ha alle spalle più anni di quelli che si trova davanti da vivere posso assicurare che questo periodo in Spagna mi ha conferito un importante arricchimento, sia culturale, sia emotivo, aiutandomi a capire che forse i miei limiti stanno un po’ al di là di quello che prima credevo».
Limiti che la stessa Europa costantemente prova a scavalcare, in perenne movimento. Non può permettersi di stopparsi. Secondo il Servizio ricerca del Parlamento europeo se l’Europa rimanesse ferma, pagherebbe un prezzo, stimato sui 2.800 miliardi di euro l’anno a partire dal 2032. Da qui il messaggio di credere in nuove politiche comuni che garantirebbero risposte unitarie e non azioni frammentate. Gli ostacoli ci sono: nel mercato unico, per esempio, esistono ancora troppe distorsioni. Ben venga il salario minimo garantito, ma se le imprese continuano a farsi concorrenza in base alle agevolazioni fiscali offerte da questo o quel Paese non sarà mai efficiente. Per il Parlamento europeo, armonizzare le agevolazioni e introdurre l’obbligo di fatturazione elettronica per tutti i Paesi membri genererebbe 94 miliardi di euro di Pil europeo aggiuntivo. Ma il lavoro è solo una delle tante impalcature che sorreggono l’Europa e formano i cittadini europei. Un’estesa politica sanitaria, la libertà di espressione della propria fede e la convivenza di differenti pensieri, la difesa comune, la cooperazione internazionale e lo spirito umano nell’accoglienza, la digitalizzazione che livella le disparità nell’informarsi e nel garantire il diritto allo studio. È una sola Europa, ma sono tante “Europe”, molteplici identità singole nell’insieme. E, dunque, i quasi 450 milioni di abitanti dell’Europa comunitaria quanto si sentono simili, rispettati, ascoltati e valorizzati tra loro? Si sentono soprattutto europei? Ancora una volta è dalle radici, questa volta lessicali, che si deve tornare: Europa in greco antico significa “ampio sguardo”. Facciamone uso.