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Mappe | Mappe 22 - Imprese, innovazioni e infrastrutture - aprile 2024

lunedì 15 Aprile 2024

Il ruolo delle università. Il sapere a servizio del mondo lavoro

Francesca Campanini
Francesca Campanini
collaboratrice

Nella partita dello sviluppo e dell’innovazione in Veneto i giocatori in campo non sono solo le imprese: enti di ricerca e università svolgono ruoli importanti. Anche per questo motivo, oltre la metà dei fondi stanziati dall’Unione Europea, dallo Stato italiano e dalla Regione per il programma regionale Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), un 52,07 per cento pari a 537 milioni di euro, sono destinati alla “priorità 1” che mira, tra le altre cose, a promuovere una trasformazione economica innovativa e intelligente e che vede, come suoi primi due interventi, il rafforzamento di «ricerca e innovazione in collaborazione tra imprese e organismi di ricerca» e gli «investimenti nelle infrastrutture di ricerca, nei centri innovazione e nel trasferimento tecnologico per la fornitura di servizi avanzati alle imprese». Il target 9.5 dell’Agenda 2030 si focalizza sul potenziamento della spesa pubblica e privata per ricerca scientifica e sviluppo e, in un mondo come quello in cui viviamo all’insegna della knowledge economy, cioè di un’economia che si nutre di conoscenze e nuove scoperte, uno dei nodi fondamentali per dare slancio alla produttività sembra proprio essere quello del trasferimento tecnologico, cioè del processo attraverso cui le scoperte scientifiche prodotte in università e nei centri di ricerca possono diventare impiegabili nel mercato e generare ricchezza. La quarta edizione della Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia, pubblicata nel settembre 2023 dal Consiglio nazionale delle ricerche, ne spiega chiaramente il motivo: la ricerca di base è molto costosa, perché caratterizzata da una fase iniziale di elevata incertezza, i risultati da essa prodotti però aprono nuove “traiettorie tecnologiche” in cui le imprese, con i loro investimenti in ricerca e sviluppo (R&S), intervengono a finanziare le applicazioni tecnologiche concrete dei risultati scientifici iniziali. La congiuntura tra queste due fasi di ricerca, e tra il mondo della scienza e quello del mercato, è rappresentato dal campo aperto del trasferimento tecnologico. Non a caso, nel corso degli anni tutte le università pubbliche venete, così come nel resto dello stivale, si sono dotate di uffici e progetti finalizzati a questo scopo. Tra queste per esempio, dal 2020, c’è la Fondazione Università di Padova UniSmart, il cui obiettivo è supportare l’ateneo nella promozione e nell’attuazione della “terza missione”, come il trasferimento e la valorizzazione dei risultati della ricerca, e lo fa mediante, per esempio, ben 113 brevetti e 59 spin-off attivi, cioè società di capitale fondate da ricercatori, per valorizzare commercialmente e immettere nel mercato i risultati dei loro studi. Il valore di questa tipologia di startup e delle sue eccellenze viene riconosciuto anche a livello internazionale. È stato infatti proprio lo spin-off Audio Innova del centro di Sonologia computazionale del dipartimento di Ingegneria, fondato e diretta dal docente Sergio Canazza, a febbraio di quest’anno per la seconda volta consecutiva, a vincere il primo premio nella categoria “Creative AI” del Waicf Cannes, che è il maggior evento mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale, con un progetto che “riattiva” nel metaverso installazioni artistiche interattive che altrimenti, a causa della rapidissima obsolescenza della tecnologia di cui fanno uso, avrebbero aspettative di vita molto limitate.

Al di là delle eccellenze, tuttavia, il Consiglio nazionale delle ricerche nella sua relazione sottolinea il gap tra gli uffici di Trasferimento tecnologico delle università italiane e quelli internazionali, soprattutto in termini di risorse umane dedicate, seppure dal 2004 a oggi in Italia esse siano raddoppiate. Per quanto riguarda il livello effettivo di penetrazione nel mercato da parte delle università, uno sguardo sul Triveneto è stato elaborato da Intesa San Paolo e Smact Osservatorio 4.0 nello studio “Il trasferimento tecnologico nelle imprese del Triveneto”, pubblicato nell’aprile 2022, sull’adozione di tecnologie Ict da parte delle aziende del Nord-Est. I risultati, basati su questionari somministrati a imprese dei settori della meccanica, del legno arredo e dell’agroindustriale, mostrano come solo nelle aziende già ad alto grado di digitalizzazione le università siano state dei partner abbastanza determinanti nel processo di adozione di tecnologie 4.0, nello specifico per il 24,1 per cento delle intervistate. Nei casi delle industrie a media e bassa specializzazione, dallo studio emerge che l’università ha avuto un impatto nel processo rispettivamente nel 3,6 per cento e 4,3 per cento dei casi. Lungi dal rappresentare una smentita dell’importanza della ricerca universitaria in campo economico, questi risultati sembrano evidenziare piuttosto la minor tendenza, da parte dei produttori di per sé poco familiari con la digitalizzazione, all’interlocuzione diretta con il mondo della ricerca altamente specializzata. In questo ambito, però, il Pnrr mira ad avere un impatto, prevedendo una dotazione finanziaria di 350 milioni di euro a livello nazionale per il “Potenziamento ed estensione tematica e territoriale dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria” e fissando come target la creazione di 42 nuovi centri, l’erogazione di servizi alle aziende, per un valore di almeno 600 milioni di euro e i cui beneficiari devono essere almeno 4.500 piccole-medie imprese. In questi casi non sono però gli enti di ricerca, bensì le associazioni di categoria a fare da capofila ai progetti che si inseriscono nella rete del trasferimento tecnologico. In Veneto, dal 2016, spicca in questo senso il Digital Innovation Hub Vicenza capitanato da Confartigianato Imprese Veneto.

La fine del professor privilege

Tra le maggiori novità nel settore della valorizzazione commerciale della ricerca universitaria c’è la modifica del Codice della proprietà industriale, decisa con la legge n. 102 del luglio 2023, che pone fine al professor privilege. Si trattava di una peculiarità italiana, per cui i ricercatori potevano brevettare individualmente i risultati dei loro studi, seppur spesso non disponessero delle competenze manageriali e delle risorse economiche necessarie per farli spiccare nel mercato, e questo ne limitava la diffusione commerciale. A seguito della modifica, le università sono titolari di tutte le invenzioni derivanti da progetti di ricerca al suo interno.

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