20 per cento. È questa la percentuale di donne che, in Veneto, ha raggiunto i livelli più alti nelle istituzioni e nell’imprenditoria. Un dato che appare ancora lontano dall’agognata parità, come richiesto dal punto 5 del Goal 5 (Garantire alle donne la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica) anche se ci sono segnali incoraggianti. A spiegare la situazione nel mondo della politica è Elisa Venturini, consigliera regionale con una lunga esperienza amministrativa alle spalle come sindaca di Casalserugo: «Io ho fatto tutta la gavetta, dalla militanza giovanile fino agli scranni di Palazzo Ferro-Fini, e ritengo che questo sia un requisito essenziale per chiunque aspiri a posizioni di vertice. Ciò premesso confesso che inizialmente ero scettica nei confronti delle quote rosa; in realtà sono servite per consentire a chi valeva (leggi, chi ha le preferenze sul territorio) di farsi strada». Secondo la consigliera, dunque, oggi ci sono le stesse opportunità per entrambi i sessi, anche se dai dati Anci scopriamo che a novembre dello scorso anno – ultimo aggiornamento disponibile – le sindache in Veneto erano 103 su un totale di 560 Comuni: «Il problema per noi donne risiede nella difficoltà di conciliare lavoro e vita personale e familiare – aggiunge Elisa Venturini – Questo può essere un ostacolo soprattutto quando si hanno grandi responsabilità. Fortunatamente abbiamo fatto dei passi avanti: durante le sedute del Consiglio regionale del Veneto le colleghe in gravidanza possono collegarsi da remoto. Questa possibilità, introdotta durante la pandemia, è concessa solo per questo caso, dunque è un segnale di attenzione. Inoltre è stata dedicata una sala a disposizione per le neo-mamme: è un’istituzione molto recente e non mi risulta sia stata ancora utilizzata. Chissà, forse sarò io la prima a fruirne…». Con una percentuale del 41,46 per cento, il Veneto è la quinta Regione d’Italia per Comuni che sono stati amministrati da sindache almeno una volta negli ultimi trent’anni; mentre secondo le stime di Openpolis risalenti al 2021, con il 20 per cento di amministrazioni “rosa”, il Veneto è sopra la media nazionale che si ferma a 15 punti percentuali. Se quindi la politica si sta attrezzando per agguantare la parità di genere, anche nel mondo dell’impresa non si resta a guardare. Da alcuni anni è attivo il Comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Padova; nell’ultimo triennio – sotto la guida della presidente Elena Morello – ha sviluppato diversi progetti di sostegno alle donne che progettano di aprire una propria attività, ottenendo risultati che stanno iniziando a vedersi: «Il nostro Comitato è composto da donne provenienti da vari settori dell’economia – spiega Elena Morello – Io rappresento il commercio, ho una scuola di lingue a Montegrotto Terme, ma quando siamo riunite per decidere le attività e i progetti che svilupperemo, lavoriamo in modo sinergico, cercando di favorire tutti i settori e non solo quelli dai quali proveniamo. I dati nazionali aggiornati a gennaio 2024 sembrano evidenziare una maggiore presenza di imprese femminili al Sud, mentre al Nord (e in Veneto), solo un’azienda su cinque ha una donna alla guida. Il dato tuttavia va letto considerando che al Nord esistono molte più imprese che al Sud: se il totale è elevato, la percentuale di aziende femminili diminuisce». Aggiunge Morello: «A nostro avviso stiamo andando nella direzione giusta, anche se resta ancora molto lavoro da svolgere. Per esempio stiamo notando un aumento delle aziende di capitali a guida femminile, mentre fino a qualche anno fa predominavano le ditte individuali nel settore dei servizi. Questo vuol dire che c’è un consolidamento dei progetti imprenditoriali che, si immagina, saranno anche destinati a durare di più nel lungo periodo». L’auspicio è che anche in termini di produttività si possa migliorare: secondo i dati della Camera di Commercio, le imprese femminili del Veneto presentano una produttività pari a 83.500 euro, di molto inferiore al dato registrato dalle imprese non femminili (191 mila euro). «Bisognerà poi lavorare sul tema dell’accesso al credito: gli istituti di credito oggi sono propensi a concedere prestiti a donne che voglio fare impresa, ma esiste ancora una mentalità diffusa per cui i finanziamenti iniziali vengono chiesti a parenti e amici. Anche questo è uno degli obiettivi del nostro Comitato, fare informazione e accompagnare le future imprenditrici nell’accesso al credito, anche con bandi che noi stesse promuoviamo e sosteniamo» continua Morello. «I problemi che persistono sono la difficoltà di conciliazione vita e lavoro e la violenza o discriminazione di genere all’interno delle imprese. In merito a quest’ultimo tema siamo molto attive nelle aziende, soprattutto in quelle particolarmente sensibili che puntano a ottenere la certificazione di parità, un attestato che viene assegnato a determinate condizioni tra cui la presenza di figure che accolgono eventuali criticità, una effettiva parità salariale, la garanzia di accesso ai ruoli aziendali in modo paritario ecc… Nelle scuole, invece, lavoriamo sul piano culturale, del linguaggio, e cerchiamo di indirizzare le ragazze a raggiungere un’autonomia finanziaria che consenta loro di non essere dipendenti dagli uomini. Il cambiamento che auspichiamo non solo porterebbe le donne a un’effettiva parità, ma tutta la società e l’economia ne beneficerebbero perché è dimostrato che, sia a livello di management che economico, dove i due sessi lavorano in sinergia i risultati sono migliori».
DataMediaHub ha analizzato i ruoli di direttore/direttrice aggiornato a luglio 2023 per 130 testate giornalistiche italiane ed è emerso che su 57 quotidiani nazionali e locali le direttrici sono solamente due, pari al 3,5 per cento del totale. Se si considera che una di queste, Agnese Pini, è direttrice di tre testate, si sale a quattro quotidiani su 57, ovvero il 7 per cento del totale. Per quanto riguarda i settimanali, su un totale di 36 di questi, solamente sei (16,7 per cento) sono diretti da donne. Infine, su 37 mensili 17 hanno una donna che li dirige, pari al 45,9 per cento del totale, ma sono magazine con argomenti e proposte dedicate principalmente all’universo femminile.
Andrea Benato