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Mappe | Mappe 02 – Il territorio – novembre 2021

lunedì 15 Novembre 2021

Leggi e normative. La strada: crediti e uso temporaneo

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Diciassette anni fa avevamo da poco lasciato alle spalle il vecchio millennio. Dall’allarmismo del Millenium bug a quello del terrorismo, la crisi del 2008 e la conseguente trasformazione del mondo non si era ancora manifestata. Ma in un tempo ante litteram, il Veneto si era dotato di una legge urbanistica regionale, la numero 11 del 2004, che se adeguatamente seguita – forse – avrebbe controsterzato il progressivo consumo di suolo. Con uno strumento su tutti: il credito edilizio, ovvero il proprietario accetta di abbattere il suo capannone abbandonato e in cambio ottiene un credito pari al numero dei metri cubi demoliti.

Nel 2018, Federico della Puppa, responsabile dell’area analisi e strategie di SmartLand, aveva coordinato una ricerca svolta per Confartigianato sui capannoni dismessi in lungo e in largo e sull’opportunità di spingere sul credito edilizio: «Questo meccanismo, su cui avevamo visto delle potenzialità, di fatto non ha avuto esito anche perché nei primi anni Duemila il mercato dell’edilizia spingeva ancora tanto sulle nuove edificazioni. Tre anni fa, al tempo dell’indagine, solo 199 Comuni su 571 avevano il registro dei crediti edilizi. Oggi, in realtà, ce l’hanno tutti, ma perché si sono adeguati alla legge 14 del 2019 che ha introdotto aspetti interessanti: uno degli obiettivi è che se vuoi costruire devi farlo in aree di consolidato urbanistico, quindi all’interno di perimetri che i comuni hanno identificato, perché è la parte urbana già “consumata”. Al di fuori di queste aree non si può costruire, anzi sarebbe utile demolire oggetti edilizi inutilizzati e quei volumi traslarli, cioè farli “decollare” da quell’area e farli “atterrare” in altre aree. È un meccanismo che genera crediti edilizi da rinaturalizzazione: il terreno edificato torna coltivabile». La legge del 2019, la cosiddetta “Veneto 2050” basa il suo impianto normativo proprio sull’intervento di rinaturalizzazione che avviene tramite la demolizione di edifici e superfici che hanno reso l’area impermeabile, ripristinando le naturali condizioni di permeabilità, ed effettuando le eventuali operazioni di bonifica ambientale. È quest’ultimo aspetto la forte caratterizzazione dello strumento che si differenzia dal “semplice” credito edilizio. E sempre nel 2019, la Regione con un bando di 200 mila euro finanziò gli interventi di demolizione: una piccola cifra, più per dare un segnale, ma la consistente partecipazione e richiesta dimostrò la percorribilità di questa strada: «La legge regionale favorisce questo processo – prosegue Della Puppa – che funziona bene nei luoghi abitati: si demoliscono palazzine di tre piani con quattro o cinque alloggi e al loro posto viene edificato un palazzo condominiale da 15-20 alloggi. È una pratica che non consuma suolo, possiamo definirla “sostenibile” perché anche se aumenta la cubatura, non è un ulteriore colata di cemento».

La normativa del 2019 si inserisce in un percorso a tappe avviato con la legge numero 14 del 2017, la norma regionale voluta per contenere il consumo di suolo, una delle prime adottate in Italia e che secondo Arpav, nonostante diverse deroghe, sta producendo i suoi frutti (nel 2017 gli ettari consumati furono 1.139, nel 2020 sono 682 considerando i 148 ettari di suolo ripristinato): «La legge del 2017 funziona bene se la si vede assieme a quella del 2019 – annota Della Puppa – Questo “combinato disposto” limita il consumo di suolo e dall’altro lato favorisce la rigenerazione anche tramite aumento delle volumetrie sulle aree già costruite. La legge 2017 pone nei piani della Regione, almeno come finalità, l’azzeramento del consumo entro il 2050: è ovvio che se esistono ancora piani regolatori che prevedono l’espansione urbana, non è possibile pensare di bloccare i processi da un giorno per l’altro. È un sistema che deve intervenire gradualmente. Questa legge incentiva anche il cambio temporaneo di destinazione d’uso: se ho un capannone industriale posso fare all’interno solo produzione, ma attraverso questo meccanismo si possono generare nuove possibilità. Alcune azioni sono state già intraprese: penso alla vetreria di Murano diventata luogo per attività culturali».

Soluzioni flessibili: l’agrovoltaico

La futura decarbonizzazione chiede investimenti su produzione di energia rinnovabile: una soluzione è quella di installare pannelli fotovoltaici in aree già dismesse. Ma un’altra politica su cui Ue e Regione si interrogano è legata all’agrovoltaico, la coesistenza di pannelli e terreni coltivati. Un’ipotesi interessante perché se non si coltiva per 30 anni un terreno destinato all’installazione di pannelli, questo perde caratteristiche nutritive, diventando arido e alla lunga non più recuperabile per farlo fruttare.

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