Al culmine della pandemia, quando le attività commerciali erano chiuse e il petrolio quasi non riusciva a fare prezzo sui mercati internazionali, il grande piano di aiuti europei noto in Italia con l’acronimo di Pnrr è parso fin da subito come uno di quei treni su cui è vitale salire, di quelli che passano una volta e poi non ritornano più con il loro carico di miliardi da investire in infrastrutture, innovazione e ricerca. Al Covid sono seguite, è storia di questi giorni, la crisi delle materie prime, quella energetica e non ultima quella geopolitica con implicazioni ancora non completamente quantificabili sull’economia globale scaturitasi dall’invasione russa in Ucraina. Sfide che si assommano ad altre sfide di fronte alle quali la risposta europea era e continua a essere il Pnrr che solo per l’Italia vale oltre 190 miliardi di euro con i pagamenti a scadenza entro il 2026. «All’insicurezza generata dai due anni di pandemia a quella economica derivata dalle conseguenze del fermo delle imprese, da oltre cento giorni si è aggiunta l’assoluta incertezza causata dalla guerra che non sembra trovare soluzione – riflette Francesco Calzavara, assessore veneto al Bilancio e alla programmazione – L’emergenza energetica ci ha indicato quanto sia necessario guardare a forme alternative di energia, a riforme, a investimenti che solo attraverso il Pnrr possono dare risposte concrete a un Paese che deve reagire e ripartire. La linea d’investimento va rinegoziata con l’Europa, come ribadisce da mesi il presidente Zaia, per rispondere allo choc della guerra. I fondi vanno destinati a sostegno di lavoro e imprese».
Uno dei progetti più ambiziosi e dei capitoli di spesa più ingenti associati al Pnrr Veneto riguarda proprio il capitolo energia: in un quadro nazionale da circa 60 miliardi di euro di investimenti complessivi, mezzo miliardo dovrebbe essere investito per sviluppare a Marghera la filiera dell’idrogeno verde. L’idrogeno infatti, pur essendo ampiamente presente in natura, ha un problema intrinseco che ne ha finora limitato la diffusione come combustibile: richiede energia per essere “estratto” e, a seconda che quell’energia sia prodotta attraverso l’uso di fonti rinnovabili, gas o petrolio, l’idrogeno viene etichettato come nero, blu o verde. Costruire un’automobile alimentata a idrogeno è poi una faccenda relativamente semplice, ci riuscirono trent’anni fa persino con una Fiat Multipla, ma da allora la tecnologia è rimasta sempre un affare da pionieri. Il Pnrr in questo potrebbe essere il volano capace di mettere in moto la ricerca e di tirarsi appresso l’industria. È un modello che si ripete anche nella filiera della concia in cui si prevedono di investire 275 milioni di euro per raggiungere l’impatto zero o le azioni di monitoraggio ambientale verso cui si preventivano investimenti finanziati per 86 milioni di euro.
«Siamo pronti a fare la nostra parte e con la ripartizione a disposizione intendiamo sostenere sedici progetti strategici gli scenari futuri del Veneto – continua l’assessore Calzavara – Progetti che vedono la luce anche grazie a un confronto avviato con il Comitato tecnico strategico istituito all’interno della finanziaria regionale Veneto sviluppo spa e che si focalizzano su quattro grandi tematiche: transizione ecologica, digitalizzazione, sanità e tessuto produttivo, e puntano a un Veneto più resiliente, moderno, attrattivo, sostenibile e più forte a livello nazionale ed europeo. Il fabbisogno totale è pari a 7,8 miliardi di euro, per attivare un valore della produzione di quasi 22 miliardi di euro e coinvolgere oltre 110 mila lavoratori».
Se sui grandi progetti come la terza linea del tram di Padova – 334 milioni di euro, la spesa più ampia nell’ambito mobilità – il solco è tracciato, il rischio concreto è che il processo possa di fermarsi sulle piccole iniziative. Come un imbuto che lascia cadere un sottile filo d’acqua, così il Pnrr rischia di veder comunque seccare le piante che è chiamato ad annaffiare e a far crescere. Chiamati a seguire i bandi e i progetti ci sono infatti anche gli uffici dei comuni più piccoli di cui da decenni si lamenta la riduzione degli organici. «Abbiamo bisogno anche di chi fa il “lavoro sporco”, di chi concretamente mette le mani sui progetti» spiegava in una recente intervista al Corriere del Veneto il sindaco di Treviso e presidente di Anci Veneto, Mario Conte.
Il “lavoro sporco” è quello che i manager esterni assunti dalle amministrazioni non possono svolgere e rimane comunque in capo al personale interno. Se alla variabile burocratica si aggiunge il problema rappresentato dalla scarsità di materie prime, il rischio è che si finisca per seguire obiettivi sempre più lontani nel tempo, se non perdere l’opportunità di accedere ai fondi a cantieri già avviati. Nel primo trimestre dell’anno, il 2,1 per cento delle gare è andato deserto: le aziende non riescono a stare al passo di rincari che su alcuni beni hanno raggiunto il 600 per cento sull’anno prima e preferiscono non partecipare. Quando partecipano, poi, è inevitabile mettere in conto ritardi e dilazioni, come sa bene anche il Comune di Padova che sullo stadio cittadino aveva messo in preventivo – e chiesto di attingere ai fondi Pnrr – cantieri per 275 giorni e 5,4 milioni di euro, entrambi destinati ad aumentare.
«Oggi in Veneto ci possiamo concentrare sui fondi per il digitale, che non significa distribuire tecnologie più efficienti, efficaci e sicure – spiega ancora Francesco Calzavara – ma cogliere l’occasione del Pnrr per produrre un reale miglioramento del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione. Il Veneto non intende lasciar indietro nessuno in questa complicata sfida e nelle prossime settimane la Regione organizzerà tre webinar tecnici specifici per i Comuni per presentare analiticamente i cinque bandi Pnrr che valgono a livello nazionale 1,2 miliardi di euro. Perché la sfida, secondo me, non è solo spendere, non è solo spendere bene ma soprattutto spendere migliorando la qualità della vita dei nostri cittadini». Dei 7,8 miliardi richiesti, 4,2 sono già arrivati in Veneto e anche se la Regione ha scelto inizialmente di dare la priorità agli interventi sulla sanità, la bandiera rimane quella su Porto Marghera e del grande piano da 320 milioni di euro sulla ricerca in tema di Rna messaggero realizzato in seno all’Università di Padova. «Infine – conclude l’assessore Calzavara – al centro della nostra strategia legata al Piano c’è il progetto “Venezia capitale mondiale della sostenibilità” attorno al quale gravitano tutta una serie di temi ambientali che speriamo poter realizzare grazie proprio ai fondi del Pnrr». Una partita questa che da sola vale 2,6 miliardi di euro tra investimenti in sostenibilità, istruzione, residenzialità e transizione energetica.
Per l’Italia, prima beneficiaria in valore assoluto, le risorse disponibili previste sono pari a 191,5 miliardi: le sovvenzioni da non restituire ammontano a 68,90 miliardi, i prestiti da restituire a 122,6 miliardi. La dotazione complessiva è di 235,1 miliardi, perché si aggiungono 30,6 miliardi di euro di risorse nazionali e 13 miliardi di euro del programma ReactEu.
L’idrogeno verde è essenzialmente prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua in strutture alimentate da fonti rinnovabili come il fotovoltaico, il recupero di scarti industriali e il calore raccolto da impianti solari. In questo ambito sono partiti i protocolli per la realizzazione delle “Hydrogen valleys”, siti di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse. Cinque le Regioni coinvolte nella fase pilota dell’attuazione di questo punto del Pnrr: Piemonte, Friuli-Venezia-Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia.