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Mappe | Mappe 23 - Consumo e produzioni responsabili - maggio 2024

lunedì 20 Maggio 2024

Salute ambientale e personale. Laccio emostatico allo spreco di cibo

Donatella Gasperi
Donatella Gasperi
collaboratrice

Il 13 per cento del cibo mondiale va perso nella catena di approvvigionamento, dalla fase di post raccolta a quella di vendita al dettaglio, dato cui si aggiunge il 17 per cento di spreco nelle famiglie, nei servizi alimentari e nella vendita al dettaglio. Una situazione che evidenzia quanto sia necessario “dimezzare entro il 2030 lo spreco pro capite globale di rifiuti alimentari nella vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo lungo le filiere di produzione e fornitura, comprese le perdite post-raccolto”, come chiede il Goal 12. Uno studio condotto dall’istituto di sondaggio Ipsos in collaborazione con l’osservatorio Waste Watcher International ha rilevato che in Italia sprechiamo pro capite 30 chilogrammi di cibo all’anno – circa 2 chili e mezzo al mese – per cui ogni famiglia butta 290 euro l’anno per un totale di oltre 7 miliardi e mezzo di euro. Complessivamente l’intera filiera agroalimentare italiana perde 13,5 miliardi di euro annui. Ma lo studio sottolinea anche che il 39 per cento degli italiani cerca di limitare lo spreco di cibo e che i più attenti sono gli under 35, il che fa sperare in un cambio di rotta. Sprechiamo e ci sovra alimentiamo. L’Istat evidenzia che il 15 per cento delle calorie sono consumate in eccesso rispetto ai fabbisogni medi raccomandati dalle organizzazioni internazionali di tutela della salute. In Italia, infatti, circa la metà della popolazione adulta è in condizioni di sovrappeso e quasi l’11 per cento è obesa, mentre un terzo (34 per cento) dei bambini tra 6 e 10 anni è in sovrappeso e questo è un primato europeo. Addentrandoci tra le pieghe, all’interno dello studio IpsosWaste Watcher emerge che lo spreco di cibo dal 2023 al 2024 è aumentato da 75 a 81 grammi ogni giorno pro capite e che sprecano molto di più (più 17 per cento) i consumatori a basso potere d’acquisto: sembra un paradosso, ma la spiegazione è legata all’acquisto di prodotti meno costosi ma maggiormente deteriorabili: «Questo lieve rialzo nello spreco alimentare pro capite – spiega Andrea Segrè, direttore scientifico di Waste Watcher – ci permette di evidenziare da un lato la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale, e ricaduta sociale dall’altro; fra potere d’acquisto in calo costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale». Buttiamo soprattutto la frutta fresca, cipolle, aglio e tuberi, pane fresco, insalate e verdure. Si compra meno biologico (7 per cento) e meno prodotti delle grandi marche (11 per cento); un consumatore su due, inoltre, ha aumentato l’acquisto di cibo online, il 39 per cento sceglie alimenti in promozione, il 32 per cento compra cibo in scadenza e sempre un 32 per cento nei discount. E poi ci sono quei consumatori che scelgono di autoprodursi il cibo, meno nicchia di quel che si può pensare: sono, infatti, il 39 per cento. La componente maggiore dello spreco però si consuma negli allevamenti dove arriva al 41 per cento raggiungendo i due terzi del totale, ma stimare il volume globale delle perdite e degli sprechi alimentari non è facile. Si parla di “perdita alimentare” (food loss) quando si considerano le perdite che avvengono nella parte alta della filiera agroalimentare, vale a dire semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione, prima trasformazione agricola; di “spreco alimentare” (food waste), quando ci si riferisce agli sprechi prodotti nella seconda parte della filiera, vale a dire trasformazione industriale, distribuzione, consumo finale. Per porre un freno allo spreco, Coldiretti Veneto indica la filiera corta quale primo e indispensabile passo per tagliare gli sprechi di cibo: «Non solo per una questione di passaggi ridotti dal campo alla tavola, per un sensibile taglio a inutili imballaggi, al risparmio di risorse ed energia e per la minor perdita di prodotti dovuta appunto agli spostamenti e alle varie fasi di conservazione dei prodotti. Ma anche perché, grazie al rapporto diretto con gli agricoltori che vendono i propri prodotti, il cittadino ha la possibilità di scegliere quantità e qualità degli alimenti con maggiore consapevolezza e già questo è un primo taglio degli sprechi “a monte”. Il 54 per cento dei cittadini italiani compra nei mercati dei contadini con l’obiettivo di sostenere le realtà locali, ridurre l’impatto ambientale dei lunghi trasporti e garantirsi prodotti più freschi che durano di più». Limitare le perdite e gli sprechi alimentari significa sicuramente migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione, ma contribuisce anche a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, ad allentare le pressioni sulle risorse idriche e del suolo: «La riduzione delle perdite post raccolto è da sempre fondamentale per i nostri agricoltori perché ridurre le perdite salva e incrementa il reddito delle imprese. Attraverso l’applicazione di buone pratiche agronomiche direttamente in campo e di soluzioni tecnologiche è possibile contenere le perdite nella fase di raccolta e in quella immediatamente successiva e i progressi in questo senso sono evidenti grazie agli investimenti compiuti dalle imprese» sottolinea Coldiretti. È chiaro che combattere lo spreco di cibo chiede un cambiamento importante dei comportamenti individuali e collettivi: dal chiedere la doggy bag al ristorante a scegliere prodotti che stanno per scadere, dal comprare a chilometro zero all’usare le app che consentono di acquistare a prezzi decisamente scontati prodotti freschi a fine giornata e, ultimo ma non ultimo, la scelta della grande distribuzione e delle industrie di consegnare le eccedenze alle associazioni che redistribuiscono a chi ne ha bisogno.

La rete di empori solidali e “banchi”

Il Banco alimentare del Veneto da qualche mese gestisce un nuovo magazzino a Pianiga affiliato a oggi con 97 organizzazioni partner territoriali (associazioni di volontariato, parrocchie, Caritas, mense) che consegnano generi alimentari a 18.546 persone. Nel 2022 sono state distribuite 1.354 tonnellate di generi alimentari, con un incremento di circa 200 tonnellate rispetto al 2021. Un quantitativo che corrisponde a 2.708.000 pasti donati e a circa 2.940 tonnellate di CO2 evitate. Inoltre Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha affermato che: «Sosteniamo, con uno stanziamento portato a un milione di euro all’anno, la rete regionale degli empori solidali». A fine maggio, a Voltabarozzo ha aperto il trentesimo in tutto il Veneto.

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