Chiesa | Diocesi
Una promessa che viene mantenuta da più di un secolo. A Fastro – parrocchia del Comune di Arsiè, provincia di Belluno e Diocesi di Padova – l’ultimo fine settimana di agosto si è tenuta la festa quinquennale in onore di sant’Antonio, patrono della comunità. La tradizione affonda le radici alla fine della Prima guerra mondiale, quando Fastro volle ringraziare il Santo per la protezione ricevuta negli anni durissimi del conflitto. Da allora, ogni cinque anni, il paese si stringe attorno alla statua di sant’Antonio con la messa solenne, i vespri e la processione che attraversa le vie del centro adornate da fiori e archi, animate dai quadri viventi sulla vita del Santo.
Quest’anno la giornata culminante è stata domenica 31 agosto, con la celebrazione presieduta dal vescovo Claudio Cipolla la mattina e la processione nel pomeriggio. «La gente ci tiene molto, infatti partecipa tutto il paese: si abbelliscono le strade, si preparano i quadri viventi sulla storia di sant’Antonio, si lavora insieme nonni e nipoti – sottolinea il parroco, don Alberto Peloso – È una comunità che sta trasmettendo, ognuno a modo proprio, la fede alle generazioni che crescono».
Il coinvolgimento si è visto anche durante la messa e i vespri del 31 agosto: «Al mattino la chiesa era piena, al pomeriggio non so quantificare i fedeli, ma c’era tanta gente, anche dalle comunità vicine. Sono stato tanto contento di vedere, alle celebrazioni di domenica, tutte le persone che da settimane stavano lavorando per preparare la festa».
Racconta una parrocchiana: «È stato molto bello perché tutti ci siamo dati da fare, anche chi ormai abita lontano e torna in paese per queste occasioni. Alle 7 c’era già la gente che decorava la strada: è da ottobre scorso che le donne del paese hanno cominciato a realizzare i fiori di carta. Ognuno ha contribuito a suo modo ed è stato proprio un bel momento di comunità».
La festa ha mostrato la vitalità di una piccola comunità che sa ritrovarsi attorno alle sue radici. «È un modo che la gente ha per esprimere quello che sente dentro e per esprimerlo come comunità. In un paese di 300 abitanti è forse più facile che altrove. Queste feste ti tengono legato non solo alla tradizione, ma anche alla fede che hai dentro» osserva don Peloso.