Mosaico
“Impegno, rispetto e attenzione per le persone e la realtà: è da lì che tutto comincia”.
(Giorgio Armani, 11 luglio 1934 – 4 settembre 2025)
Quella dei tessuti ndop è una storia intessuta di pazienza e lavoro. Tanto lavoro. Perché per ottenere una fascia standard, lunga circa 15 metri, da cui poter ricavare vestiti e accessori, può servire anche più di un mese di lavoro. Per dar vita a questo particolare tessuto caratteristico del nord-ovest del Camerun che, in origine, per la sua preziosità, era usato come moneta di scambio ed era adottato dai capi delle tribù Bamileke, occorre anche una particolare abilità, che è propria, ormai, di pochissime persone. Per portare avanti questa cultura che, in attesa diventi patrimonio Unesco, è stata riconosciuta patrimonio nazionale camerunense, è nata un’associazione, “Sauvons le Ndop”, fondata da Hermann Yonguen, un ragioniere di 35 anni.
Tutto inizia da strisce di stoffa di cotone generalmente larghe 5 centimetri, che vengono cucite insieme per formare pezzi di stoffa più grandi che diventano delle vere e proprie “tavolozze”. Con una forchetta di bambù, imbevuta di inchiostro di fuliggine, vengono tracciati i contorni principali dei motivi, che vengono poi ripassati con delle cuciture. A questo punto la tela viene immersa prima in una soluzione neutra e poi in un bagno di color blu. Una volta preso il colore, il tessuto viene strizzato ed esposto al sole, che con il suo calore, fa ossidare il colorante, regalando al tessuto la sua tradizionale sfumatura color indaco. I disegni e i motivi, pazientemente tracciati, compaiono quando vengono rimosse le cuciture.
A circa novemila chilometri di distanza troviamo un altro tessuto che racconta una storia fatta di pazienza e lavoro. I vysyvanka, i ricami ucraini, sono camicie e abiti di tela bianca finemente ricamati con fili rossi e verdi, che fanno parte della tradizione culturale e nazionale ucraina e bielorussa. Sono caratterizzati da motivi floreali e vegetali, o anche geometrici. I primi simboleggiano la purezza e la prosperità, mentre quelli geometrici intendono esprimere la bellezza della natura.
I tessuti ndop e i vysyvanka sono stati protagonisti sabato scorso, 13 settembre, della sfilata di moda “Fili di speranza” organizzata nel Giardino “EcoCharity” di Roma, da Terra e Missione in collaborazione con la fondazione Thouret.
Un’iniziativa – come hanno spiegato gli organizzatori – nata dal desiderio di unire creatività, cura del creato e solidarietà, offrendo alle donne percorsi di formazione e riscatto personali.
In passerella, ai piedi dell’Aventino, immersi nel verde dell’EcoCharity Garden, oasi di spiritualità ecologica e segno giubilare della diocesi di Roma in risposta all’appello di papa Francesco di vivere una nuova conversione ecologica individuale e comunitaria, hanno sfilato capi realizzati a Ladispoli (Roma) e nel piccolo villaggio di Ngaoundal, nel nord del Camerun, da stiliste e allieve del Centro di formazione femminile promosso dalle Suore della Carità di santa Giovanna Antida Thouret. Abiti e accessori unici, ricchi di storia e di significato. Modelle per un giorno – come si può leggere su Ig – sono state le allieve del progetto di sartoria sociale di terra e Missione e della confraternita della parrocchia S. Maria del Rosario che a Ladispoli sta aiutando donne in difficoltà a “ricucire” la propria vita attraverso un percorso umano e professionale.
La collezione 2025 ha messo in risalto i preziosi tessuti ndop, con i loro motivi geometrici e simbolici, capi realizzati con patchwork creativi, ottenuti dal riciclo di scarti di tessili, a testimonianza di una moda attenda all’ambiente e inclusiva. A concludere la sfilata un abito speciale, realizzato con ricami ucraini “espressione di resistenza e speranza, che diventa anche un messaggio universale di pace, dedicato a tutte le donne del mondo che affrontano ogni giorno le sfide della vita con coraggio”.
Gli addetti ai lavori sanno bene che una sfilata non nasce in passerella, ma nei laboratori, tra bozzetti a matita, fili, tessuti e tanta mano d’opera. Sono tredici le donne che hanno partecipato al percorso formativo di sei mesi “Fili di speranza”, superando brillantemente l’esame finale. Dopo aver seguito le lezioni di cucito nel laboratorio avviato nella parrocchia di Santa Maria del Rosario a Ladispoli, in collaborazione con Caritas Porto Santa Rufina, le giovani allieve hanno acquisito le competenze necessarie per creare capi d’abbigliamento da zero.
«L’obiettivo del percorso – chiarisce la presidente di Terra e Missione, Anna Moccia – è quella di dare una possibilità di formazione professionale alle donne più in difficoltà ma soprattutto, far loro sperimentare la gratuità, l’assenza di giudizio e l’accoglienza, cosicché possano allargare lo sguardo all’altro a prescindere dal corso e dall’abito e davvero fare esperienza di fraternità. Con l’apertura dell’edizione in Camerun e la collaborazione tra i due corsi Fili di speranza, poi si potrà davvero fare esperienza della missione che è quello che vogliamo promuovere con l’associazione”.
“Fili di speranza è un’esperienza che intreccia i fili della dignità e dell’autonomia femminile con quelli della solidarietà internazionale – sottolinea sr. Maria Luisa Caruso, presidente e coordinatrice della Fondazione Thouret –. Molte ragazze in Camerun hanno già potuto avviare il proprio lavoro grazie alla formazione ricevuta e a un dono concreto: una macchina da cucire che rappresenta per loro futuro e indipendenza. Questo ha un significato importantissimo per loro perché vuol dire non dipendere necessariamente dalla famiglia o dal marito, vuol dire avere una dignità e autonomia anche nelle scelte e nelle decisioni per la loro vita. Vuol dire dare a loro la speranza di futuro nel quale loro possano essere le protagoniste”.
Nel piccolo villaggio camerunense di Ngaoundal, le suore della carità di santa Giovanna Antida Thouret gestiscono dal 1987 un ospedale che provvede all’assistenza sanitaria di una popolazione stremata da malaria, malnutrizione e tubercolosi. Un’attività che ha permesso loro di capire fin da subito come la vera povertà è l’ignoranza e la quasi inesistente scolarizzazione dei genitori, in particolare delle madri. Ed è proprio per loro che, oltre alla scuola primaria, hanno avviato un centro di formazione tecnica femminile e una scuola di cucito. Ed è proprio alla scuola di cucito di Ngaoundal che è stato destinato dell’intera giornata, che oltre alla sfilata ha proposto anche un aperitivo in giardino e momenti di musica dal vivo, in un clima di festa e condivisione.
La strada tracciata con gli abiti colorati di “Fili di speranza”, abiti che parlano di lavoro e fatica, ma anche di storia e di cultura, punta ad andare ben più lontano di Roma. “Con questa sfilata – sottolinea sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria comboniana, vicepresidente di Terra e Missione – vogliamo dire che la moda può essere un linguaggio di giustizia e di fraternità”. Ogni capo racconta la creatività di chi lo ha pensato, disegnato, tagliato, provato e adattato, ma racconta anche la storia di una rinascita che è sempre possibile. “è un segno concreto che, insieme, possiamo tessere relazioni nuove e promuovere una cultura di pace e solidarietà”.