Idee
Trasformare la malattia e la sofferenza dei più piccoli in speranza e, in tanti casi, in guarigione. È questo che fa da 31 anni, con encomiabile dedizione e «serietà», la Fondazione Città della Speranza onlus. Nello specifico la Fondazione sostiene la ricerca scientifica e la cura in ambito pediatrico di malattie gravi, in particolare quelle oncologiche (i tumori solidi e le leucemie) e le patologie rare dei più piccoli. Ed è nella periferia industriale di Padova che tutto ciò quotidianamente prende forma, attraverso il «braccio operativo» della Fondazione, l’Istituto di ricerca pediatrica (Irp) che ha sede nella Torre della ricerca. Inaugurata nel 2012, rappresenta un polo scientifico e sanitario d’eccellenza nell’ambito della pediatria. A guidare la Fondazione come presidente è dal 5 aprile Marino Finozzi. Nato a Thiene nel 1961, oltre a diverse esperienze lavorative nel settore privato, vanta un ragguardevole impegno politico soprattutto per la Regione Veneto, fino al 2018. È degli ultimi anni la sua attività nell’azienda agricola di famiglia.
Presidente Finozzi com’è nato il suo legame con la Città della Speranza?
«È nel 2000 che sono entrato in contatto per la prima volta con questa realtà attraverso il fondatore Franco Masello. Vicende familiari mi hanno portato a essere sempre più coinvolto nella Fondazione, entrando due anni fa nel direttivo e recentemente nella carica di presidente».
Quando parla di “vicende familiari”, a cosa fa riferimento?
«A mio figlio Stefano. Nato nel 2000, nel 2002 gli è stato diagnosticato un tumore cerebrale. Per questo ho chiesto aiuto alla Città della Speranza. Il sostegno dell’ente è stato molto importante: ha consentito a me e a mia moglie di percepire una luce in un tunnel. Nonostante tutti gli sforzi prodigati nel 2005 Stefano è venuto a mancare. Nonostante questo, abbiamo sentito gratitudine nei riguardi della Città della Speranza e continuato a dare un aiuto alla Fondazione».
Come si traduce per lei oggi questa gratitudine?
«Attraverso il restituire il bene ricevuto e la speranza che ci ha sostenuto in quel periodo difficilissimo, impegnandomi assiduamente nella carica che mi è stata affidata. Ogni giorno cerco di capire quale può essere la modalità per far sì che la forza che la Fondazione ci ha donato, possa essere estesa a sempre più famiglie che oggi vivono quello che la mia ha vissuto anni fa».
Ha parlato di “speranza” e lei è presidente della Fondazione Città della Speranza. Nella ricerca e nella cura, può entrare questa virtù?
«I genitori con un figlio colpito da una malattia oncologica non possono perdere la speranza. È quell’atteggiamento che fa continuare ogni giorno a combattere e a cercare di trovare le soluzioni che potrebbero portare il bambino a diventare grande. Al di là di quelle che possono essere le opportunità che la scienza e la medicina possono offrire, la speranza rimane fondamentale. Noi l’abbiamo nel nome perché ci crediamo veramente, è nel nostro dna. Non dobbiamo lasciare nessuno senza speranza: il bambino e la sua famiglia devono percepire che c’è qualcuno che sta pensando a loro, che sta facendo di tutto per trovare una cura. Quando si parla della possibilità di salvare un piccolo, non abbiamo confini. A tal proposito il 14 giugno scorso, il card. Pietro Parolin, ci ha fatto visita, usando parole emblematiche: “Viviamo il tempo del Giubileo (…), dove meglio si può vivere questa dimensione della speranza se non qui?”».
Nello specifico cosa fa la Fondazione?
«Gestisce annualmente un budget dai 10 ai 12 milioni di euro, fondi raccolti attraverso donazioni, lasciti, il 5 per mille e attività di sensibilizzazione che facciamo. Sono destinati a diagnosi, ricerca, cura e assistenza ospedaliera pediatrica. Per noi è importante che di un euro donato alla Fondazione, 95 centesimi vadano nella mission che ci siamo posti. Le risorse che privati e vari enti mettono nelle nostre mani vanno a buon fine: questo è uno dei punti più importanti del nostro operato. Con ciò diamo un segnale di serietà e concretezza».
L’Istituto di ricerca pediatrica di che cosa si occupa?
«Nella Torre di ricerca di Padova lavorano duecento ricercatori legati all’Irp. Annualmente questo ente processa tra i seimila e i settemila campioni che vengono da altri centri che studiano le malattie pediatriche per la diagnostica avanzata. L’obiettivo è arrivare a una terapia genica personalizzata, vale a dire per arrivare a elaborare cure che siano adatte al tipo di malattia che ha quel bambino nello specifico, così da calibrare anche il grado di tossicità delle terapie, dei farmaci terapici. Oggi la nostra frontiera più importante è la ricerca sulle cellule staminali».
Collaborate anche con l’Università di Padova?
«È tra gli enti con cui più cooperiamo: è stato sottoscritto un accordo che prevede che tutta l’attività di ricerca che riguarda le malattie pediatriche dell’Università venga svolta nella Torre di ricerca. Nella struttura ci sono anche delle aziende private che hanno sempre lo stesso nostro obiettivo: trasformare la ricerca in cure vere e proprie, innovative».
Ci può fornire qualche dato incoraggiante sulla lotta alle malattie oncologiche pediatriche da voi condotta in questi anni?
«Un dato su tutti: per alcune leucemie in età pediatrica, quando abbiamo iniziato, l’80 per cento dei bambini non ce la faceva. C’era solo un 20 per cento di guariti. Oggi abbiamo invertito quelle proporzioni. È un risultato molto importante».
E per il suo mandato, quali sono gli obiettivi che si è posto?
«Innanzitutto abbiamo in progetto la costruzione di una seconda torre che ospiterà una cell factory, un’unità per la produzione di terapie all’avanguardia. Inoltre tra gli obiettivi desidero rafforzare e ampliare la nostra rete di volontari, vera colonna portante della Fondazione. Infine, vorrei allargare l’orizzonte della nostra realtà, rafforzandone la visibilità a livello nazionale, per confermare il ruolo della Città della Speranza come punto di riferimento in Italia e in Europa nella ricerca sulle patologie pediatriche».
Domenica 13 luglio torna a Rosà il tradizionale raduno annuale dei volontari della Fondazione Città della Speranza. Dalle 12, presso Caseificio Famiglia Castellan (via Giotto 24, Travettore), si tiene una giornata di festa e solidarietà. Il ricavato servirà a finanziare un ricercatore. «Volontari e ricercatori sono il nostro patrimonio», ricorda il fondatore Franco Masello. Info: 0445-602972 email: m.algini@ cittadellasperanza.org