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Franz Jägerstätter, decapitato per essersi rifiutato di servire il nazismo. L’umiltà di dire “No”
Franz Jägerstätter 80 anni fa fu decapitato per essersi rifiutato di servire il nazismo. La memoria in un pellegrinaggio silenzioso
IdeeFranz Jägerstätter 80 anni fa fu decapitato per essersi rifiutato di servire il nazismo. La memoria in un pellegrinaggio silenzioso
Nel cuore dell’estate in un giorno ben preciso, il 9 agosto, da più di dieci anni un gruppo di italiani (tra questi anche padovani) compiono quello che si potrebbe definire un “pellegrinaggio nel silenzio”. Un cammino di una ventina di chilometri, lontano dai grandi cammini europei promossi da blasonate guide. Un percorso che non è neppure segnato, ma è iscritto nell’animo di quei fedeli che vogliono fare memoria. Memoria di un contadino bavarese, Franz Jägerstätter, che esattamente 80 anni fa, nel 1943, fu decapitato a Berlino lontano dal suo paese natale, per essersi rifiutato di servire militarmente il regime, e che è stato beatificato dalla Chiesa cattolica nel 2007. Ci siamo accodati a questo pellegrinaggio minore quanto genuino, raggiungendo il confine tra Austria e Germania nel cuore della Baviera. La partenza in macchina è da Trento e ha come meta lo sperduto villaggio di Sankt Radegund al confine dei due Stati. Il gruppo è eterogeneo con età dai 17 agli 85 anni, composto da gente trentina, veneta, piemontese, lombarda, romagnola. I più si conoscono perché sono veterani di questa esperienza: obiettori di coscienza, docenti universitari, pensionati, insegnanti di religione, liberi professionisti e qualche giovane. Qualche ora di macchina, e molte in bicicletta per chi ha scelto di essere sostenibile, per raggiungere la piccola chiesa dove si trova sepolto il beato Franz Jägerstätter. Un nome il suo che oltre i confini austriaci dice poco, se non accostandolo a una storia simile a quella del bolzanino Josef Mayr-Nusser, entrambi beati e con il medesimo destino legato all’obiezione civile contro il nazismo che stava fagocitando l’Europa. Gli ultimi testimoni di quei fatti sono ancora in vita: come le tre figlie ormai ultraottantenni, mentre la moglie Franziska è morta a 102 anni nel 2013. Le cronache dell’epoca scrivono di un Jägerstätter che venne precettato per tre volte dalle Ss, opponendosi sempre all’obbligo militare, diventando così uno dei primi esempi di “obiezione di coscienza”. Se per i detrattori, quello resta un caso d’integralismo religioso, i suoi scritti inviati dal carcere ad amici e familiari, fanno luce sul suo reale intento e spirito d’azione. Lo sottolineano Giampiero Girardi e Lucia Togni di Trento, scrittori e biografi che in Italia divulgano la memoria del beato-contadino austriaco, con il l’ultimo di cinque libri Un esempio luminoso in tempi bui (editore Il pozzo di Giacobbe), presentato in concomitanza del pellegrinaggio che promuovono da più di un decennio nel suo paese natale.
Una cinquantina di camminatori, per lo più italiani con una risicata rappresentanza dei land tedeschi e austriaci. Pochi i nativi presenti: «Segno di quell’onta di disonore e tradimento – ci spiega Gianni Degan di Cervarese Santa Croce (provincia di Padova), pensionato e cultore di storia locale patavina, che vanta più di dieci partecipazioni alla marcia – che serpeggia ancora tra la sua comunità. Ogni volta è una grande emozione e l’interesse verso la figura di Jägerstätter mi è sorta dopo aver letto la biografia, dove diceva “ho le mani legate, ma preferisco infinitamente questa condizione, piuttosto di vedere la mia volontà incatenata”. Lo vivo come una figura vicina alla nostra estrazione contadina, ma dallo spirito illuminato, in un crocicchio storico dove in pochi chilometri trovi il paese natale di Hitler e quello di Ratzinger, per cui arrivare qui è un salto “educativo” nella storia». Le bandiere colorate del movimento Pax Christi strusciano tra gli aghi e foglie dei boschi su cui si snoda il cammino di una ventina di chilometri che il gruppo si accinge a fare, attraverso colline e fattorie dove si è accolti da pellegrini e verdeggianti boschi. Un pellegrinaggio di disarmante semplicità, che parte poco dopo mezzogiorno del 9 agosto, per giungere puntuale nella chiesetta di campagna nell’ora precisa, le 16, in cui avvenne la decapitazione del beato Franz. Il cammino è aperto dalla croce processionale che lo stesso Franz portava quando officiava come sacrestano nella sua chiesa. Si cammina liberamente. Come liberi sono i discorsi che si sentono fare tra i partecipanti sui temi di guerra e pace, con il nome dell’Ucraina che torna come un’eco. Tra i camminatori anche Emanuele Curzel, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Trento, che ha scelto di pedalare in bici per 400 chilometri dall’Italia fino all’Austria, per arrivare in tempo per la marcia: «In un’epoca in cui le spinte all’uniformazione del pensiero e azione al servizio di un’idea o nazione forte e prevaricatrice, riuscire a trovare il coraggio di differenziarsi è davvero eroico e figlio di quell’ispirazione che ha come esempi quello di Jägerstätter o Nusser, martiri cristiani e vittime del nazismo».
Piove a singhiozzo, mentre dopo quattro ore di cammino si giunge sulla sua tomba, con la grossa campana commemorativa che rintocca sotto le spinte di tre donne che poi terranno la sua commemorazione funebre in chiesa, prima della messa serale officiata dal vescovo di Linz con i preti locali e un italiano di Imola. Segno distinguibile di come qui il laicato sia già cosa fatta. Dentro la piccola chiesa di Sankt Radegund ad accogliere il gruppo, le tre figlie del beato a fare da ponte ideale tra storia e fede. Laicità e religiosità di un cammino poco conosciuto, che s’illumina d’immenso quando ogni camminatore posa come da tradizione, un lumino sulla tomba di Jägerstätter, come a illuminare la notte della valle. Unico segno “glorioso” assieme ai suoi scritti, di una storia che si è consumata all’ombra della più grande tragedia del secolo scorso, che si ricorda camminando.
Franz Jägerstätter subì un processo per disobbedienza da parte dei nazisti, che si concluse a Berlino con la sua decapitazione eseguita il 9 agosto del 1943 su ordine di Hitler. Una figura che sembrava così destinata a cadere nell’oblio, se non grazie, mezzo secolo dopo, alla volontà di uno storico americano che ha “rispolverato” quell’esempio di virtuoso idealismo. Nel 2007 poi, il processo di beatificazione e nel 2019 il film La vita nascosta diretto dal regista Terrence Malick