Non solo riedificare muri, ma restituire il senso di identità e di appartenenza. È quanto emerso dalla giornata di studi e di confronto, organizzata il 16 luglio al Politecnico di Bari con l’obiettivo di esplorare aspetti tecnici, ambientali e socio-economici della rinascita di Gaza.
Il seminario, con particolare attenzione al progetto Gaza Phoenix, sostenuto dall’Unione delle Municipalità di Gaza e ideato per ricostruire e rigenerare la vita comunitaria, ha preparato il terreno per la prima assemblea della comunità esperta internazionale che si terrà il prossimo ottobre nello stesso ateneo. Proprio lì, il mese scorso, attraverso il Senato Accademico, aveva approvato e condiviso una Dichiarazione in favore della pace e della ricostruzione di Gaza con il supporto della presidenza della Regione Puglia.
Con quest’ultima, ha fatto presente la vicerettrice del PoliBa, Loredana Ficarelli, “abbiamo deciso di collaborare con il progetto al quale ogni docente del Politecnico ha preso parte in modo autonomo e libero”. “Oggi – ha dichiarato l’arcivescovo di Bari Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano – la striscia di Gaza ci appare come una ferita che attraversa la carne del mondo e chiede di essere guardata con occhi lucidi e cuore aperto perché quello che accade lì, come quello che accade in Ucraina, è qualcosa di paradigmatico per la nostra umanità. Non possiamo pensare a Gaza solo come un cantiere, ma come un segno profetico di pace. Forse tutto questo sembra un sogno, ma, come diceva don Tonino Bello, ‘se non si parte dai sogni non si cammina’. E la fede cristiana ci educa al sogno, ci dice che la resurrezione nasce proprio nel luogo della massima sconfitta e dolore. Anche se la ricostruzione sarà lenta, l’umano è l’elemento angolare su cui impalcare tutto il resto”.
“È un lavoro che stiamo preparando da tempo anche insieme alle imprese pugliesi. – ha precisato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano -. Intendiamo quindi progettare un piano strategico per costruire gli elementi di permanenza sul proprio territorio. Bisogna far comprendere alla comunità internazionale che è possibile far convivere in quella terra martoriata popolazioni diverse, uomini e donne che recuperino la pace. Non è semplice, ma se non ci mettiamo al lavoro sarà ancora più difficile”.
Non si tratta, infatti, solo di una sfida tecnica (servirebbero oltre 10 anni per smantellare i 50 milioni di tonnellate di macerie finora accumulate), ma soprattutto umana.
“Oggi ribadiamo il nostro impegno a ricostruire spazi di vita, di comunità e di speranza” ha detto poi l’architetto Cosimo Damiano Mastronardi, presidente dell’Ordine degli architetti di Bari. “Ricostruire non vuol dire ripristinare solo ciò che è stato cancellato dalle bombe, ma saper interpretare i nuovi bisogni di una popolazione piegata e privata di memoria” ha precisato sottolineando l’importanza di coinvolgere attivamente, nel confronto con l’opinione pubblica, anche gli architetti liberi professionisti palestinesi. “È necessaria una rifondazione del tessuto urbano, delle tipologie edilizie, delle tecnologie e delle risorse, con attenzione a conservare alcuni elementi storici e identitari. Ma con il coraggio di immaginare un futuro profondamente diverso”.