Chiesa | DiocesiIn una chiesa raccolta e partecipe, venerdì 21 marzo, la comunità dell’unità pastorale Medio Brenta – che riunisce le parrocchie di Campese, Campolongo, San Nazario, Solagna – e la parrocchia di Pove si sono strette nel ricordo di don Giovanni Nervo, nel giorno della sua scomparsa.
Un momento semplice ma intenso, al cuore del cammino quaresimale sul tema “Camminiamo insieme nella speranza”, che ha voluto mettere al centro l’eredità viva e profetica di un uomo che ha segnato la storia della Chiesa italiana del Novecento con la sua fede operosa e la sua dedizione ai più fragili.
A presiedere la celebrazione eucaristica è stato don Luca Facco, vicario episcopale per i rapporti con il territorio, presidente della Fondazione Nervo-Pasini e già direttore di Caritas Padova. Con lui hanno concelebrato i parroci dell’Unità pastorale, don Dario Marchioretto e don Alberto Arzenton. Ma la serata era cominciata prima, attorno a un’altra mensa: quella della solidarietà. Don Facco ha infatti condiviso la cena con i volontari e gli ospiti della mensa di Solagna, realtà viva e concreta che porta il nome e lo spirito di don Giovanni. «È stato un momento molto bello – racconta un partecipante – fatto di storie, preghiere, desideri e speranze. La carità si è fatta carne nella semplicità di una cena condivisa, come anticipo del pane della vita che avremmo spezzato più tardi, nell’eucaristia».
Nell’omelia, don Luca Facco ha voluto ricordare il valore della Mensa di solidarietà a Solagna come segno eloquente di Chiesa che accoglie, ascolta, condivide. Ha citato anche le Cucine economiche popolari di Padova – uno dei 32 luoghi giubilari della Diocesi – che da 140 anni offrono un pasto caldo a chi è in difficoltà, e che oggi – nella fondazione che le gestisce – portano il nome proprio di don Giovanni Nervo e don Giuseppe Benvegnù-Pasini, amici nella vita e compagni nel servizio.
Il filo conduttore della serata è stato il simbolo delle “gemme terminali”, tanto care a don Giovanni. Al termine della messa, a ogni partecipante è stato donato un piccolo rametto con dei germogli, segno delicato e potente insieme. Un frammento di natura che diventa profezia. Don Giovanni scriveva: «In primavera gli abeti, i pini, i larici esprimono i propri potenziali di crescita proprio ai confini, nelle punte dei rami, dove si concentra il massimo di fragilità e potenzialità. Le gemme, fragili e potenti, sono un futuro che accetta tutti i rischi di questa sfida». Nella società e nella Chiesa, sono proprio queste fragilità – personali, comunitarie, relazionali – a custodire i germi di un cambiamento possibile, a offrire un futuro nuovo, se solo abbiamo il coraggio di coltivarle con amore e fiducia.
Il gesto del rametto è stato accompagnato da parole cariche di significato: «La natura è maestra di vita, osservandola possiamo cogliere il messaggio della vita che ci interpella ogni giorno. Così nella comunità e nella società bisogna saper cogliere i segnali di un possibile cambiamento, i germogli di speranza che nascono da scelte personali, da piccoli atti di coraggio, dalle iniziative di bene che fanno crescere la comunità. Questo è l’annuncio di primavera, di speranza, di gioia che può realizzarsi ogni giorno se sapremo avere cura delle fragilità, cogliendo in esse le potenzialità per crescere nell’amore a Dio e ai fratelli».
