Giubileo dei Giovani: don Pincerato (Cei), “una gioventù consapevole di vivere un tempo forse irrepetibile”
Si è concluso, ieri a Tor Vergata, il Giubileo dei Giovani che ha visto confluire a Roma un milione di pellegrini da 150 Paesi. Una settimana di incontri e appuntamenti che ha avuto il suo culmine con la veglia di sabato e la messa di ieri con Papa Leone XIV. A tracciare al Sir un bilancio 'a caldo' di questo evento è don Riccardo Pincerato, responsabile del Servizio per la pastorale giovanile della Cei (Snpg).
“Una settimana segnata da un crescendo di bellezza, attesa e consapevolezza”. Così don Riccardo Pincerato, direttore del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei (Snpg), commenta, ‘a caldo’, i giorni intensi del Giubileo dei giovani che si è concluso ieri a Tor Vergata, con la messa di Papa Leone XIV celebrata davanti a un milione di persone. Uno sguardo maturato sul campo, da dentro le giornate romane che hanno raccolto, intorno ad un fitto programma di eventi, centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze da ogni parte del mondo. “La messa di apertura, martedì, ha dato il via a un’intensità e a una temperatura interiore crescenti – racconta –. L’arrivo a sorpresa di Papa Leone in piazza e le sue parole, ‘Siate sale, siate luce’, hanno aperto una settimana davvero ricca. E oggi, ancora una volta a braccio, ha rinnovato quell’invito con la stessa forza”.
Per don Pincerato è stata un’esperienza “molto sentita, in cui i giovani si sono sentiti accolti, accompagnati, messi di fronte a una proposta alta, capace di interrogarli e coinvolgerli davvero”. Fede, amicizia, crescita, senso di Chiesa: “tutti elementi che hanno trovato spazio, e che fanno maturare nei ragazzi la consapevolezza di vivere un tempo prezioso, forse irripetibile”.
Cristo al centro. Nel cuore di questa esperienza, emerge con forza l’appello a “rimettere Cristo al centro”. È il messaggio che – secondo il sacerdote – ha attraversato tutto il Giubileo. “Cristo risorto è la speranza concreta per operare scelte difficili – osserva –. Il tema della scelta è ritornato più volte, soprattutto nella veglia e nella messa. Il Papa ha invitato i giovani, citando sant’Agostino, a cercare la fonte di ciò che ci muove: non fermarsi alla bellezza, al creato, al cuore, ma risalire all’oltre che ci attende. E quell’oltre è Cristo. Non un ideale da difendere, ma una relazione da vivere. Ed è solo a partire da un incontro, da una relazione viva, che possiamo compiere scelte importanti. Lo ha detto chiaramente: non si tratta di avere qualcosa, ma di incontrare qualcuno”.
“Non qualcosa da possedere, ma qualcuno da amare”.
La fragilità. Un’altra suggestione forte riguarda la fragilità. “Confesso che durante la veglia di sabato, mi era sfuggita – ammette –. Ma la domenica, vedere titolare i giornali, ‘La fragilità non è un tabù’, ne ho colto tutta la potenza”.
“È un messaggio controcorrente: in una società che premia la forza, il Papa invita i giovani a non nascondere le proprie ferite. A dire con libertà: ho bisogno, ho limiti, ma non per questo sono meno amato o meno degno. Il Papa ci ha invitato a non avere paura di mostrarla, a viverla con verità”.
Un appello che, aggiunge, “fa bene alla Chiesa, e fa bene anche alla città. Una società disarmata è una società disarmante, capace di accogliere e riconciliarsi con la propria umanità”.
Fame di senso. Poi uno sguardo più personale che racconta la capacità mostrata dai giovani “di passare dalla festa alla riflessione”: “Giovedì, in piazza San Pietro, li ho visti capaci di passare dalla festa alla riflessione, fino alla confessione. Sapevano collocarsi. Intuivano quando era il momento di gioire, quando quello di tacere. È una gioventù che desidera esserci, che ha fame di senso, che vuole rispondere alla vita. E Roma, in questi giorni, è stata attraversata da questa umanità in cammino. Pellegrini stanchi, ma con il sorriso. Volti che portavano con sé l’altro, e l’Altro. Donne e uomini in cerca di Dio. È stata un’iniezione di speranza, un bene prezioso per la nostra città”.