Chiesa
“Tutto ciò che riguarda il mondo del lavoro attende un messaggio di speranza e le varie organizzazioni che partecipano al Giubileo sono chiamate non solo a celebrarlo, ma anche a farsi carico di quello che può significare per la loro attività”. Ne è convinto mons. Luigi Renna, presidente della Commissione episcopale per i Problemi sociali e lavoro, giustizia e pace della Conferenza episcopale italiana, che al Sir parla del Giubileo del mondo del lavoro che si celebra oggi a Roma. L’evento avrebbe dovuto tenersi ai primi di maggio ma poi, per la morte di Papa Francesco, venne rimandato.
Eccellenza, che significato assume la celebrazione del Giubileo della speranza nell’attuale contesto lavorativo?
L’anno giubilare, per sua stessa natura, è legato alla liberazione, una parola di speranza che già nell’Antico Testamento risuona proprio per coloro che erano diventati schiavi o avevano visto la loro terra divenuta proprietà di altri. Quindi, possiamo dire che il mondo del lavoro si può ritenere un destinatario privilegiato del messaggio giubilare. E le criticità che sono presenti oggi ci richiamano a una delle espressioni usate da Papa Francesco: il lavoro dignitoso. Egli diceva, soprattutto, un lavoro libero. E
libero è un lavoro nel quale la persona può veramente sperimentare che cosa significa vedere riconosciuta la sua dignità: con un giusto salario, con contratti adeguati per poter raggiungere l’età della pensione senza nessun tipo di intoppo.
Molto frequentemente, invece, assistiamo a licenziamenti di massa quando da un’azienda si passa all’altra. A questo, naturalmente si aggiunge la grande questione della sicurezza del lavoro: che dipende dallo Stato – da come gli ispettori del lavoro intervengono a tutto campo, soprattutto nell’ambito dell’edilizia – ma riguarda le imprese e tutto il sistema di subappalti che a volte non riesce ad assicurare tutto quello che potrebbe far evitare pericoli; e riguarda naturalmente anche il lavoratore che è il primo che deve stare attento in determinate situazioni.
La Chiesa che cosa può fare per contribuire a ridare speranza ad un mondo del lavoro che, forse mai come oggi, ne avverte il bisogno?
Il grande compito rimane sempre quello della formazione delle coscienze. Ma
la Chiesa che è in Italia non cerca semplicemente di fare formazione, ma anche di far sì che ci sia la possibilità che, soprattutto per i giovani, si guardi al lavoro come un’occasione in cui poter essere protagonisti.
Non dimentichiamo il grande accompagnamento offerto ormai da decenni dal Progetto Policoro, che è uno dei segni di speranza. Se una Chiesa locale si dovesse chiedere cosa può fare per far sì che i giovani della diocesi possano guardare con speranza al loro futuro lavorativo può riferirsi proprio al Progetto Policoro. E poi c’è tutto
il mondo associativo e sindacale, che non può limitarsi solo a celebrare il Giubileo, ma è chiamato a creare quelle condizioni perché i diritti dei lavoratori siano riconosciuti e le persone più deboli, penso anche agli immigrati, siano sostenute nel loro percorso.
Ci sono tante sigle che al loro interno sostengono anche gli immigrati, persone che in questo momento forse sono fra quelle più povere nel nostro Paese e che pur producendo reddito non godono degli stessi diritti.
Otto anni fa, a Cagliari, la Chiesa italiana nella 48ª Settimana sociale rifletteva su “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale” tratto da Evangelii gaudium. A queste caratteristiche, anche alla luce del Pontificato di Leone XIV, ne vanno aggiunte altre? Quali?
Io aggiungerei l’aggettivo inclusivo. Anche nella Dilexi te, la prima esortazione apostolica del Papa, parlando della povertà si indica come strada per superare la propria condizione proprio quella del lavoro;
non possiamo fermarci semplicemente alla carità, ma dobbiamo cercare di comprendere che alla persona deve essere assicurato tutto un sistema che gli permetta di entrare nel mondo del lavoro.
Che messaggio pensa possa essere consegnato dal Papa al mondo del lavoro in occasione del Giubileo?
In questi mesi non sono mancate le occasioni nelle quali il Pontefice ha fatto cenno all’importanza della Dottrina sociale della Chiesa, soprattutto in questo tempo. Penso che sulla questione centrale che è il lavoro, come diceva Papa Francesco, anche Leone XIV ribadirà l’insegnamento della Chiesa ma certamente ci aspettiamo anche qualcosa di nuovo. Pur sapendo che in un discorso non può essere contenuta tutta la problematicità che magari in un’enciclica o in un’esortazione viene affrontata in maniera più ampia. Ma certamente sarà un primo piccolo assaggio di un magistero più ampio sui temi sociali.