Comunicare la speranza è difficile se si è (di)sperati. Ma anche dalla disperazione si può guarire. Non è un caso – qualcuno la definirebbe una “Dio-incidenza” – che il giorno prima di partire per Roma per il Giubileo della Comunicazione mi sia ritrovato ad approfondire per WeCa il fenomeno del “doomscrolling”, uno dei centomila effetti collaterali dell’era digitale che possono capitare a un cristiano.
C’è chi si gioca lo stipendio sulle app delle scommesse sportive, chi si rincretinisce coi balletti di Tik Tok e chi – e io ammetto di essere tra questi – perde le ore a leggere cattive notizie. Scrolling è l’atto del continuo strusciamento dello schermo del telefonino, doom è una sorte di condanna senza appello di un mondo funestato da guerre, cambiamento climatico, disastri, ignoranza. I social e gli algoritmi (malvagi) amplificano il male e lo trasformano in merce che crea dipendenza. Essere aggiornati 24 ore su 24 sul “male in diretta” è l’illusione ossessiva compulsiva di poterlo prevenire o mitigare che finisce però per oscurare ogni possibile fiaccola capace, se alimentata, di poter riportare la luce nel mondo. La speranza non viene dalla diagnosi di un mondo immacolato, ma dalla promessa di un mondo redento. Maria Ressa, premio Nobel per la pace ed eroina della stampa libera, ha tuonato in Aula Nervi contro le Big Tech, che «hanno trasformato i social media da strumento di connessione in un’arma di ingegneria comportamentale di massa. Monetizzano l’odio; amplificano le nostre divisioni; e sistematicamente erodono la nostra capacità di pensiero sfumato e di empatia», ma ci ha anche ricordato che abbiamo le armi per poter resistere a partire dalla collaborazione tra tutti e la riaffermazione dei principi morali per prevenire la normalizzazione dell’odio. Papa Francesco ha detto: «Il male ha i giorni contati, perché il futuro è di Dio». Questa è la bella notizia, è Parola di Dio.
Andrea Canton Giornalista, fa parte di Weca-Webcattolici Italiani
