Storie
Giulia vive ancora
Venerdì 30 marzo Giulia Spinello avrebbe compiuto 26 anni, ma un tragico incidente ha reciso la sua vita a soli 21 anni nel 2013. Il racconto di Angelo e Marina e la loro storia di risurrezione.
StorieVenerdì 30 marzo Giulia Spinello avrebbe compiuto 26 anni, ma un tragico incidente ha reciso la sua vita a soli 21 anni nel 2013. Il racconto di Angelo e Marina e la loro storia di risurrezione.
Venerdì 30 marzo Giulia avrebbe compiuto 26 anni. Ma un drammatico incidente ha reciso la sua vita il 31 maggio 2013, falciata da un suv guidato da una donna sotto l’effetto di psicofarmaci che proveniva in direzione opposta alla sua. In quegli ottanta metri, che separano casa sua da quella della nonna materna, è stata presa in pieno, sbattendo fatalmente la testa sul cofano per poi rimanere agganciata con il polso destro all’auto che l’ha trascinata per quattro chilometri fino ad Arsego.
Ma com’è possibile sopravvivere alla morte di una figlia? Marina Martelozzo e Angelo Spinello non temono la domanda. Prima gli occhi si riempiono di lacrime, poi arriva la voce. «Giulia era una guerriera, non si arrendeva mai. Aveva doti e valori umani profondi, credeva nell’utopia di un mondo più giusto che sarebbe potuta diventare realtà se ognuno avesse fatto la propria parte. E lei, a soli ventun’anni, aveva già deciso di farla da tempo. Il nostro compito resta portare avanti i suoi sogni perché non sia dimenticata».
Mamma Marina ha raccolto qualche anno fa nel libro Il sogno di Giulia (edizioni Imprimenda) i tanti scritti lasciati dalla figlia. «Avere speranza o fede in qualcosa ti dà la forza per andare avanti e credere sempre in ciò che si fa, non avere mai paura di quello che si conosce. Ma se la morte è un momento che passa in un istante, il vuoto che si trova tra questa e il raggiungimento della consapevolezza di essere diventati adulti è tutto da riempire: questa è la grande sfida o la grande avventura!». Quando lo scriveva aveva solo diciotto anni, ma la profondità delle parole rivelano quanto non fosse mai banale o scontata nelle sue riflessioni.
Sul comodino di Giulia resta ancora il Vangelo che aveva ricevuto in dono alla cresima: è pieno di annotazioni scritte durante i numerosi ritiri con gli scout Agesci di Santa Giustina in Colle. «Nostra figlia s’interrogava, si documentava e poi formulava la sua personale opinione. Era stata in Abruzzo per campi di lavoro tra i terremotati, a Lourdes con i malati, in Terrasanta aveva visitato il Caritas baby hospital di Betlemme e ne era rimasta colpita. Il suo ultimo capodanno lo aveva trascorso con i ragazzi migranti».
Giulia aveva anche una grande passione per il volo, forse inconsapevolmente attirata da quel cielo dov’è volata così presto: aveva frequentato il centro studi Zannini di Padova a indirizzo aereonautico, ma il viaggio a Lourdes con gli scout aveva profondamente cambiato la sua visione del futuro. A settembre 2013, dopo un anno di ingegneria aereospaziale, avrebbe tentato il test di ammissione a scienze infermieristiche insieme a Sara, la sorella più piccola che stava affrontando la maturità. Ma la vita è stata più fulminea dei loro progetti condivisi.
«Il tuo essere altruista l’avevo capito subito, sai. Infatti, finita la scuola, rimanevi quell’oretta in più per darmi una mano con le materie più ostiche, una sorta di ripetizioni. È proprio questo che ti faceva onore, aiutare uno scemo come me» ha scritto Lorenzo, suo compagno di classe in Giulia sei dove siamo! che raccoglie tante testimonianze su di lei. Papà Angelo è riuscito a leggere quel libretto fino in fondo solo otto mesi fa. Con lui Giulia aveva un rapporto speciale: essendo già in pensione, trascorrevano le giornate insieme in casa, che risuonava sempre di note alla ricerca di quell’armonia interiore che Giulia coltivava anche con la musica, suonando dal piano alla chitarra. «I primi mesi non trovavamo più un senso a niente. Abbiamo passato un’estate isolati nel nostro dolore. Poi la quotidianità e la fede ci hanno salvati». La scuola per Marina, che è insegnante di scuola primaria, l’orto e il giardino per Angelo sono stati determinanti per ricominciare a vivere. In Marina è maturata la scelta di intraprendere il percorso per diventare capo scout: «Avevo il desiderio di capire cosa significasse farne parte, visto che per nostra figlia era fondamentale. E per farlo mi sono dovuta calare in questa dimensione bellissima, dormendo in tenda, all’aperto e per terra, condividendo tutto con i ragazzi».
Ma la vera ancora dopo la tragedia per Angelo e Marina sono stati Federico e Sara, che oggi hanno trenta e ventiquattro anni. Sono loro a dare presente e futuro a questi due genitori per i quali manca una parola nel vocabolario. Perché si può essere orfani o vedovi, ma anche la lingua italiana si è sempre rifiutata di coniare un termine per chi sopravvive a un figlio.

A Giulia, ai suoi ideali, alla sua fede, alla sua intelligenza creativa e alla sua sensibilità messa a servizio degli altri, è stato intitolato il centro spiritualità scout di Carceri nella Bassa Padovana, dove pochi mesi prima di morire aveva visitato l’abbazia camaldolese in uno dei ritiri con gli scout Agesci del reparto 1 di Santa Giustina in Colle, tornando a casa “ammaliata” da quel luogo mistico, pregno di silenzio. «Secondo me Giulia ha percepito che l’Abbazia le somigliava, era in sintonia con i valori della sua vita: il silenzio che qui si respira ovunque e la cura che questi antichi muri offrono al viandante, dicono l’amore e la premura del Padre». Sono parole di don Riccardo Comarella, assistente spirituale del centro di Carceri la cui apertura è stata possibile grazie alla famiglia Spinello che ha finanziato l’opera di restauro con il risarcimento della morte della figlia.
Il triduo pasquale a Carceri è stato anche quest’anno denso di fede e significato con la proposta di spiritualità “Perché la vostra gioia sia piena” per 150 scout provenienti da Triveneto, Emilia e Roma, oltre che per altri 30 scout padovani che si sono messi a disposizione in cucina e per la pulizia. Giovedì mattina i ragazzi suddivisi in quattro gruppi sono partiti da Lozzo Atestino, Arquà Petrarca, Monselice e Sant’Elena d’Este in direzione dell’abbazia che nell’antichità era ostello per chi percorreva la Romea strata. Sabato notte, a conclusione della veglia Pasquale, gli scout hanno fatto ritorno nelle loro case.