Idee
Il 4 novembre, festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate, risuona nel nostro calendario come una melodia intessuta di espressioni musicali, capace di suscitare una molteplicità di sentimenti, pensieri e progetti.
Il primo programma che possiamo maturare alla luce dei fatti storici oggetto di memoria è l’educazione delle nuove generazioni, nonché di ciascuno di noi, a vivere il presente con responsabilità. Il grande statista italiano Aldo Moro, in uno dei suoi celebri discorsi, sottolineava la tentazione di evadere il presente: “Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà”. Il ricordo del passato ci conduce “nell’oggi” di chi ci ha preceduti e ha vergato con l’inchiostro del sangue versato il testamento col quale abbiamo ricevuto il ricco patrimonio dell’unità, della pace e del progresso della comunità umana. La patria è opera di padri e madri generative, attitudine che anche noi siamo chiamati a sviluppare coltivando una sensibilità capace di rigenerare e diffondere un autentico umanesimo dell’incontro.
Abbiamo pertanto il dovere di tener presente lo sforzo, l’amore, il sacrificio, il dono che hanno fatto per noi. “È una memoria benefica, che ci fa buoni, saggi e pii” (Paolo VI). Le celebrazioni di eventi storici, anche quando ci restituiscono il volto tragico della guerra e della morte violenta, dovrebbero destare in noi la consapevolezza dell’enorme responsabilità che ci lega a noi stessi, alle generazioni future e alla terra che abitiamo.
Il cristiano non è un pusillanime, non indietreggia di fronte alle sfide della storia, non evade dalla condizione del proprio tempo indossando maschere artificiose. È chiamato a partecipare con fiducia e libertà, a tessere relazioni vive, perché la fede non separa, ma unisce e trasforma. Una partecipazione improntata ai valori che papa Leone XIV ha sintetizzato in piazza San Pietro il giorno della sua elezione: “Siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”. È l’atteggiamento della persona che abbraccia l’intera famiglia umana. La metafora dell’abbraccio evoca valori quali l’appartenenza alla comune famiglia umana, l’interdipendenza tra popoli e culture; richiama l’esigenza di promuovere un ecosistema antropologico e sociale che possa prevenire le possibili degenerazioni dell’hybris umana.
La celebrazione inoltre pone all’attenzione l’esigenza sempre più rilevante di pensare la cultura della difesa. Il primo soggetto destinatario di una peculiare attenzione culturale è l’individuo: la formazione di chi sarà deputato a custodire la governance con modelli operativi rispettosi della dignità della persona umana e del bene comune.
L’educazione della persona umana come accompagnamento dell’individuo nella maturazione della sua dimensione spirituale costituisce una delle principali missioni della Chiesa ordinariato militare nell’ambito della difesa. La ricca tradizione letteraria dell’antichità cristiana tramanda la memoria dell’esito trasformativo generato dal Vangelo nel cuore di persone impegnate in azioni belliche e di difesa. Il Vangelo, se accolto anche dentro i limiti di una cultura e di una peculiare condizione temporanea, suscita una forza capace di aprire il cuore dell’uomo a gesti e azioni di altissimo profilo spirituale. Papa Leone XIV, nella recente lettera apostolica Dilexi Te, ricorda che “il Vangelo ha generato costellazioni educative: esperienze umili e forti insieme, capaci di leggere i tempi, di custodire l’unità tra fede e ragione, tra pensiero e vita, tra conoscenza e giustizia. Esse sono state, in tempesta, àncora di salvezza; e in bonaccia, vela spiegata. Faro nella notte per guidare la navigazione”. La pedagogia dell’assistenza spirituale nell’ambito della difesa, svolta dai cappellani militari sia in contesti di pace che in teatri e missioni speciali, è un’opera silenziosa e spesso umile che, nello stile della compagnia e della prossimità, genera una diplomazia dello spirito apportatrice di pace, di consolazione, di integrazione e di dialogo tra mondi apparentemente tra loro ostili.
La celebrazione del 4 novembre è uno scrigno prezioso che custodisce il generoso impegno di sacerdoti, religiosi e religiose che hanno donato la vita per assicurare il nutrimento eucaristico e la condivisione di qualche piccola porzione di rancio necessario alla sopravvivenza.