Mosaico | Sagre e FesteUna delle devozioni mariane più antiche, amate e diffuse della cristianità, che affonda le sue radici addirittura nell’Antico Testamento, è la festa della beata vergine Maria del monte Carmelo, che si celebra il 16 luglio. Nella chiesa del Carmine, a Padova, da sempre la giornata è una ricorrenza da onorare con la massima sacralità.
Sono migliaia e migliaia i fedeli dalla città e dai dintorni che, sabato 16 luglio, si riverseranno nel santuario per partecipare a una delle nove messe in programma dalle 7 alle 20. «La Madonna del Carmine – spiega il parroco don Alberto Peloso alla sua comunità – è da sempre rappresentata con il Bambino in braccio, segno non solo della sua divina maternità, ma anche del fatto che è lei a portarci a Dio: Ad Iesum per Mariam. Vuoi essere sicuro di incontrare Gesù? Affidati a Maria».
Saranno sei le messe celebrate al mattino, ogni ora, dalle 7 alle 12. In particolare, la messa delle 10 sarà presieduta da mons. Daniele Prosdocimo, delegato vescovile per la pastorale della città, con la presenza dei preti del vicariato della Cattedrale. La messa sarà anche l’occasione per salutare don Daniele che nelle prossime settimane si insedierà come parroco di Legnaro. Alle 11.45 si ripeterà l’antica tradizione contadina della supplica e della benedizione dell’uva primaticcia, quando alla Madonna venivano presentate le primizie delle vigne per propiziare una stagione favorevole. Alle 16, prima della messa delle 17, si rinnoverà anche il rito della benedizione e dell’imposizione dello scapolare, forma di venerazione legata all’eredità carmelitana della parrocchia recuperata e valorizzata sempre di più anno dopo anno.
Alle 18.30, dopo la recita del rosario, il vescovo Claudio presiederà la messa al termine della quale si snoderà la processione per le vie della comunità con la statua della Vergine. L’ultima messa sarà celebrata alle 20.«Quella del Carmine è la festa più importante della nostra parrocchia – osserva don Alberto – Chi rimane in città vi partecipa sempre volentieri. In questa giornata emerge con chiarezza come la nostra non sia solo una chiesa parrocchiale, ma un vero santuario, capace di attrarre fedeli anche da fuori in onore di Maria». L’altra festa celebrata al Carmine è in calendario la domenica più vicina al 12 ottobre, giorno della Madonna dei lumini: si tratta di una devozione puramente padovana legata all’immagine miracolosa che liberò nel 1576 la città dalla peste.
La Festa del Carmine di quest’anno saluterà alcune grosse novità per una delle parrocchie più antiche di Padova. La prima riguarda il ritorno in pianta stabile delle suore sotto il cupolone del Carmine: «Dopo la morte di suor Albertina – racconta don Alberto – avevo chiesto alle Elisabettine la disponibilità a darci una mano per l’accoglienza di genitori e bambini nella scuola materna qualche mattina a settimana. Ci è arrivata invece la proposta di riaprire la comunità elisabettina chiusa 15 anni fa con tre nuove suore, che ora sono un aiuto prezioso per tutta la parrocchia».Le altre novità riguardano invece la chiesa, tra restauri appena conclusi e la riscoperta di tesori perduti per secoli. «Da gennaio ad aprile – spiega don Alberto – sono state restaurate le tre statue sul timpano del portale della basilica che raffigurano Fede, Speranza e Carità, quest’ultima rappresentata dalla Vergine col Bambino in braccio. Le statue, realizzate a inizio ’700, erano completamente fessurate, in alcuni casi proprio rotte dal tempo, dalle intemperie e da precedenti restauri che avevano tentato di tenerle unite con barre di ferro, ma ottenendo l’effetto opposto».
Si sono invece conclusi da poco i lavori di restauro della cappella del Carmine che contiene la statua lignea del Seicento della Vergine. L’intervento, che ha riguardato la pulizia e il consolidamento degli intonaci e la manutenzione e l’impermeabilizzazione delle murature esterne, passerà alla storia soprattutto per aver riportato alla luce un affresco raffigurante la Trasfigurazione di Cristo sul catino absidale (nella foto), realizzato nel ’500 e coperto da centinaia di anni. «Notizie documentali ci confermano che varie lunette delle cappelle laterali erano state affrescate a metà ’500, poi, per varie ragioni, forse anche la peste che portava a murare le pareti con la calce viva, le immagini erano state nascoste». Se la parte inferiore è andata perduta nel 1794, quella superiore, con Gesù, Mosè ed Elia, gode invece di un ottimo stato di conservazione. L’autore dovrebbe essere Dario Varotari, ma ulteriori studi cercheranno di fare luce sul tesoro ritrovato.
