FattiSecondo gli esperti, l’Artico si sta riscaldando almeno tre volte più velocemente rispetto alla media globale
Nel 2024, l’Artico ha registrato l’estate più piovosa della sua storia recente, le temperature del permafrost più elevate mai misurate e il secondo anno più caldo di sempre. Questo scenario, documentato nell’ultimo “Arctic Report Card”, pubblicato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), testimonia come la regione artica stia attraversando una transizione irreversibile verso una nuova condizione climatica.
Secondo gli esperti, l’Artico si sta riscaldando almeno tre volte più velocemente rispetto alla media globale. Questo processo non si limita a stabilire una “nuova normalità”, ma rappresenta una continua e rapida trasformazione. La scienziata Twila Moon, del National Snow and Ice Data Center e principale curatrice del rapporto, ha sottolineato come questa regione sia ormai entrata in un regime climatico dove le condizioni odierne sono sostanzialmente diverse rispetto a un paio di decenni fa.
Dal 2006, l’”Arctic Report Card” monitora annualmente lo stato di salute dell’Artico, documentando fenomeni come il disgelo del permafrost, il ritiro dei ghiacci marini e la fusione della calotta glaciale della Groenlandia. Le evidenze raccolte negli ultimi due decenni indicano un’erosione accelerata del ghiaccio marino e un disgelo pervasivo del permafrost in regioni come l’Alaska, il Canada e la Siberia, accompagnati da un aumento della frequenza degli incendi.
Nel 2024, una combinazione di fattori ha portato a nuovi record climatici. Un’ondata di calore in agosto ha fatto segnare temperature giornaliere senza precedenti in alcune comunità dell’Alaska e del Canada. Le precipitazioni estive sono state le più abbondanti mai registrate, mentre la stagione della neve si è ridotta al minimo in alcune aree del Canada artico centrale ed orientale. Questa riduzione è dovuta a un ritardo delle prime nevicate autunnali e a uno scioglimento anticipato in primavera, entrambe conseguenze del riscaldamento globale.
Anche se alcuni anni non stabiliscono record assoluti, i dati mostrano una chiara tendenza a lungo termine. Il ghiaccio marino è in costante diminuzione, e la Groenlandia, pur avendo registrato una perdita di massa inferiore rispetto agli anni precedenti, contribuisce ininterrottamente all’innalzamento globale del livello del mare da 27 anni.
Le conseguenze di questi cambiamenti non si limitano al clima: anche la fauna artica e le popolazioni locali ne sono profondamente colpite. Le foche dei ghiacci, pur adattandosi alle mutate condizioni ambientali, hanno dovuto modificare le proprie abitudini alimentari. Il merluzzo artico, fonte di cibo tradizionale per queste specie, è diminuito a causa del riscaldamento delle acque, spingendo le foche a predare il merluzzo zafferano, una specie più adatta alle temperature elevate.
Diverso è il caso dei caribù migratori, la cui popolazione è calata del 65% negli ultimi 20-30 anni, passando da 5,5 milioni di capi a meno di 2 milioni. Questo declino è attribuito, in parte, all’aumento degli eventi di pioggia gelata in inverno, che coprono di ghiaccio le piante di cui i caribù si nutrono. Il fenomeno ha ripercussioni drammatiche sulle comunità indigene dell’Artico, la cui sicurezza alimentare dipende da questi animali.
Il rapporto sottolinea l’importanza di interventi globali per ridurre le emissioni di gas serra, responsabili del riscaldamento planetario. “La speranza non è una strategia per affrontare il rischio climatico,” ha dichiarato Moon, aggiungendo che solo azioni incisive possono mitigare i danni futuri. L’Artico, pur essendo una regione remota, rappresenta un indicatore cruciale del cambiamento climatico e dei suoi effetti globali.
Il futuro dell’Artico e del pianeta dipende da decisioni prese oggi. La lotta al cambiamento climatico non è più solo una questione ambientale, ma una necessità per garantire la stabilità ecologica ed economica delle generazioni a venire.
