Storie
Il paladino degli ibis a rischio estinzione. Sono rimasti solo 550 esemplari selvatici
Dino Pianezzola monitora il passaggio dei volatili sopra il Veneto, affinché possano migrare in sicurezza
StorieDino Pianezzola monitora il passaggio dei volatili sopra il Veneto, affinché possano migrare in sicurezza
Pochi sanno che la guerra non è solo strumento di morte per gli esseri umani, ma anche per molti animali. Al punto da poterli indurre all’estinzione. È accaduto molte volte nella storia e sta accadendo ancora nei tempi moderni. La guerra in Siria, scoppiata nel 2011 e mai conclusasi, ha estinto gli ultimi sette esemplari migratori dell’ibis eremita. Uccelli cari alla mitologia degli antichi faraoni egiziani, ne rimangono qualche centinaio, ma tutti stanziali, in Marocco. Fine, dunque, di una storia e una specie animale? Sì, o quasi, se non ci fossero dei volontari, tra cui alcuni vicentini e altri sparsi in Paesi europei che ostinatamente si oppongono all’estinzione. «Questo è il nostro scopo e speranza» afferma Dino Pianezzola, 54 anni, appassionato ornitologo bassanese, membro del gruppo volontari Bentornato Ibis, che monitora il passaggio stagionale dei volatili neri dal lungo e leggermente ricurvo becco nella loro tratta migratoria sopra le nostre teste, non solo con gli occhi e il cannocchiale, ma anche con gps e satellite. L’ultimo avvistamento, a fine agosto a Sarego, in provincia di Vicenza, mentre altri se ne attendono a settembre, quando gli ibis fanno ritorno nelle terre di nidificazione in Austria e Sud della Germania. Il piano di reintroduzione dell’ibis eremita ha una storia ventennale: «Prima con uno studio di fattibilità iniziato nel 2003 – continua Pianezzola – poi un primo cofinanziamento dell’Unione europea dal 2014 al 2019, quindi una seconda programmazione prevista dal 2022 al 2028. Lo schema è ormai consolidato con i pulcini nati nello zoo di Schönbrunn a Vienna che vengono allevati a mano da genitori adottivi umani e allenati a seguire in volo i deltaplani, che li portano all’area di svernamento comune allestita nell’oasi Wwf della laguna di Orbetello (provincia di Grosseto,ndr)». Il viaggio viene seguito in diretta dagli stessi appassionati attraverso l’app Animal tracker: «In pratica ricostruiamo la memoria storica degli ibis, aiutandoli a ricordare la rotta affinché possano trasmetterla geneticamente ai loro figli. A partire dalla seconda generazione, infatti, questi uccelli imparano a migrare autonomamente, anche se continuano a essere monitorati dagli esperti tramite dispositivi gps applicati sulla loro schiena. Fondamentale è il ruolo delle mamme “artificiali” che li seguono fin dalla schiusa delle uova, due biologhe austriache che stanno con loro giorno e notte, salendo a bordo dei velivoli con i piloti e assistendoli in auto quando occorre». Niente di più semplice e complesso per salvare una specie vivente. Non sempre però, va tutto bene: «Nell’attraversamento dei volatili a fine agosto, avevamo calcolato e programmato che dei 29 ibis liberati, dei quali tre abbiamo perso le tracce forse per colpa dei bracconieri o della elettrocuzione (cioè la folgorazione su fili elettrici dove gli uccelli amano posarsi, ndr), lo stormo facesse tappa a San Zenone degli Ezzelini, nel Trevigiano. Invece è stato necessario spostare l’atterraggio a Sarego, con il decollo degli uccelli e deltaplani-guida, alcuni giorni dopo da Montagnana». A causa del maltempo il transito sopra le Alpi è stato particolarmente difficoltoso: gli ibis hanno perso l’addestramento e sono andati in confusione, per questo è stato cambiato l’itinerario. Alla fine comunque, 26 uccelli sono arrivati a destinazione: «Il nostro è uno sforzo quasi utopico ma collettivo – continua il volontario – frutto di una larga cooperazione internazionale che sta dando promettenti risultati. È ancora presto per cantare vittoria, ma intanto da alcuni anni gli ibis sono tornati a volare sopra le nostre teste!». Per salvare gli ibis però, ci sono altre componenti fondamentali come l’informazione e la sensibilità dei cittadini verso questa specie: «Noi come volontari stiamo lavorando per questo, per cui un po’ li salviamo noi e un po’ la gente» conclude il paladino degli ultimi ibis che spiega il perché di questo suo “amore”: «Sono uccelli carismatici e intelligenti, ricchi di storia e sacralità essendo stati adorati e venerati nell’antico Egitto, associati al dio Thot, lo scriba degli dei. E poi per il loro aspetto rugoso, “geronticus eremita” ossia vecchio rocciatore. E soprattutto, perché dobbiamo offrirgli una seconda possibilità d’esistenza».
SIRIARidotti a soli sette individui nel 2002, l’anno della riscoperta, la colonia di ibis presente in Siria è stata duramente colpita dallo scoppio della guerra nel 2011. Della colonia, poi ridotta a due adulti, si sono perse le tracce.
MAROCCOLa stragrande maggioranza di questi uccelli è concentrata in Marocco, dove sono state censite tre colonie nel Parco nazionale di Souss-Massa e una grossa colonia alla foce dello Oued Tamri.
AUSTRIAIl progetto si prefigge di guidare uno stormo di ibis tramite aerei ultraleggeri o deltaplani definendo una rottamigratoria che i superstiti possano poi insegnare ai loro discendenti.
ORBETELLO, GROSSETONel 2002 undici individui provenienti dallo zoo di Vienna e dalla colonia di Grünau vennero addestrati a seguiredue ultraleggeri: scelsero di svernare nella laguna di Orbetello, zona Grosseto.
SAREGO, VICENZAA fine agosto, lo stormo avrebbe dovuto fare tappa a San Zenone degli Ezzelini, nel Trevigiano. Invece è stato necessario spostare l’atterraggio a Sarego, con il decollo dei deltaplani.

La prima illustrazione di un ibis eremita risale al 1555, quando il naturalista svizzero Conrad Gessner rappresentò uno di questi animali nel bestiario Historiae animalium, descrivendolo come “Corvo sylvatico”. I primi resti fossili ascrivibili a questi animali risalgono a un periodo compreso fra la fine del Pliocene e l’inizio del Pleistocene (1,8 milioni di anni fa), e sono stati rinvenuti in Spagna meridionale. Altri resti di ibis eremiti sono stati rinvenuti in giacimenti risalenti al medio Pleistocene (900 mila anni fa) in Sicilia e in rocce risalenti all’Olocene (10 mila anni fa) nel sud della Francia. L’ibis eremita viene inoltre raffigurato sui francobolli di numerosi Paesi: Austria, Marocco, Algeria, Sudan, Siria, Turchia, Yemen.