Idee
Spesso, nel corso dei notiziari televisivi, ci capita di assistere alle scene di giornalisti invadenti che con il microfono davanti chiedono ai parenti delle vittime per la strada o fuori dai tribunali se perdonano o hanno perdonato i colpevoli di omicidi o reati più o meno efferati. È un fenomeno di violenza comunicativa che non contempla la dimensione del tempo e le circostanze che sono alla base di quel perdono che è possibile offrire gratuitamente eppure sempre a caro prezzo. Sì, perché perdonare nel profondo non è un sentimento che si può solo vagheggiare, né tanto meno concedere in modo parziale o sotto condizione o addirittura fingere di porgere a chi ha commesso il male. Perdonare significa essere disposti a mettere in comunicazione la propria sofferenza con l’animo di chi l’ha provocata. Un perdono autentico comporta avere il coraggio di mettersi accanto a chi ha commesso un errore, anche molto grave e saper sostenerlo fino al punto di riscattarlo. Il perdono guarda in faccia il male che mortifica anzitutto chi lo commette. Bisogna essere disposti ad entrare in relazione con il colpevole fino a saper assumersi il male stesso che egli ha commesso. È chiaro che è necessaria una volontà di pentimento e un desiderio di redenzione, ma l’iniziativa può nascere dalla stessa parte lesa secondo, però, una lenta e gravosa maturazione di consapevolezza. “Per-dono” significa dono all’ennesima potenza e anche Gesù nella sua missione di medico venuto per i malati e non per i sani ha sempre anteposto la remissione dei peccati alle guarigioni fisiche miracolose. E ha detto che anche noi con il suo Spirito avremmo potuto fare lo stesso. Dunque, come cristiani siamo interpellati costantemente a portare pace, perdonando laddove il male ha inferto le sue ferite più dolorose. Se ciò è vero in assoluto, è in famiglia dove si possono fare le prime esperienze alla scuola del perdono. Certo, figli di genitori che sanno perdonarsi a vicenda e perdonare saranno uomini e donne con maggiori strumenti per fare altrettanto. Molto spesso si assistono a litigi e discussioni in casa, anche scontri molto duri, ma quanto fa bene ritrovare poi la strada della riconciliazione e del perdono! Quando si è perdonati, infatti, si riacquista la dignità di figli amati e si può guardare al futuro con una nota di speranza che altrimenti potrebbe sembrare irraggiungibile. Spesso si incappa sempre negli stessi errori e talvolta prevale la sfiducia di essere capaci di emendarsi e progredire, ma ricevere il perdono dà nuovo vigore, rinfranca l’anima, come se rigenerasse le parti morte del nostro essere. Il perdono poi non porta beneficio solo a chi ha commesso il peccato, ma dischiude ad una misericordia più grande anche il cuore di chi perdona. Anzi, è proprio nella misura in cui ci si sente accolti continuamente da una Padre capace di perdonare settanta volte sette che si è poi a nostra volta in grado di offrire perdono al fratello che ci ha offeso, anche molto gravemente. È guardando e chiedendo al Padre che anche Gesù dalla croce, nella sua piena umanità, riesce a dire “perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Possiamo essere rivoluzionari nel mondo che attraversiamo se sappiamo portare parole di perdono ben diverse da un buonismo di superficie, ma invece cariche di un significato altissimo, edificante nel vero senso etimologico. Sì, i cristiani sono chiamati a costruire spazi di perdono reciproco, luoghi in cui il Divisore viene sconfitto dall’amore dei fratelli che non hanno paura di compiere il gesto salvifico per eccellenza: cancellare il male, non fare come se non ci fosse stato, ma come se sul foglio dell’esistenza si possa disegnare un panorama del tutto nuovo, frutto di un sacrificio offerto per amore e che solo con amore può essere accolto.