Fatti
Il regionalismo solidale. Da capire quali prospettive
Verso quali prospettive? Difficile dirlo oggi, eppure può essere l’occasione per portare tutto il territorio italiano a un livello efficiente e adeguato
FattiVerso quali prospettive? Difficile dirlo oggi, eppure può essere l’occasione per portare tutto il territorio italiano a un livello efficiente e adeguato
«Oggi è difficile ipotizzare uno scenario verosimile su come si svilupperà il percorso del regionalismo differenziato. Le intese tra Stato e Regioni determineranno i modi e i tempi del trasferimento delle funzioni e la stessa legge Calderoli prevede un periodo di prova decennale al termine del quale il Parlamento potrà ritirare l’intesa con le Regioni». Insomma, al momento riuscire a determinare rischi e opportunità è difficile, ma il sistema non è irreversibile. È il punto di partenza della riflessione di Andrea Michieli, assegnista di ricerca in Diritto costituzionale all’Università di Padova, che va cauto sugli scenari possibili.
Proviamo a trovare analogie: esistono altre Nazioni che nel tempo hanno “concesso” più libertà di movimento? «Esistono esempi comparabili come Germania o Spagna, quest’ultima è più vicina al nostro sistema regionale. L’esempio spagnolo dimostra che alcune autonomie sono riuscite ad assumere funzioni significative; per contro in altre regioni questa differenziazione ha accentuato la tendenza al separatismo. Certo non dimentichiamo che ogni Paese ha una storia culturale e sociale a sé».
L’immagine che detrattori e contrari alla legge usano spesso è quella di una forbice che taglia in due l’Italia, Nord e Sud a velocità diverse. È una prospettiva plausibile? «Il principio autonomistico è di grande rilevanza e anche quando parliamo di regionalismo differenziato dovremmo tener presente che l’autonomia non solo è iscritta nell’articolo 5 della Costituzione, ma è un elemento portante anche della dottrina sociale della Chiesa che valorizza l’autonomia sociale e istituzionale. È importante sottolinearlo perché, anche quando parliamo di regionalismo differenziato, non dobbiamo confondere l’applicazione pratica, che può essere criticata, dal principio che dobbiamo far saldo, cioè la valorizzazione dell’autonomia sociale e politica. Da qui possiamo ragionare su due modelli contrapposti: un regionalismo competitivo in cui le Regioni tra di loro si contendono le risorse e in cui ci sono territori che rimangono indietro e altri che progrediscono; oppure un regionalismo solidale, capace di portare tutti a un livello efficiente, superiore, adeguato e rispondente alle necessità dei territori. La definizione dei Lep è molto positiva perché definisce le funzioni essenziali e la determinazione dei costi. Da tale determinazione dovrebbe derivare che a tutti i territori debbano essere garantite le stesse risorse. Questo potrebbe responsabilizzare i territori stessi; tuttavia il rischio vero che si pone oggi è che, se alcune Regioni chiedono l’autonomia differenziata e altre rimangono nella situazione attuale, il livello di differenziazione dei territori sia destinato ad aumentare. È quello che avviene oggi in diverse campi, pensiamo alla salute: molti cittadini si recano in altre Regioni dove trovano servizi migliori rispetto a dove risiedono».
Luca Zaia si è già mosso, chiedendo nove materie che non prevedono i Lep e ha incitato le Regioni del Sud: «Facciamo in modo che se ne vadano le diseguaglianze». Come leggere questo? «Dal punto di vista procedurale la richiesta del presidente Zaia è ineccepibile: la legge Calderoli prevede la possibilità di trasferire alle Regioni la competenza di nove materie senza la definizione dei Lep; materie anche rilevanti come la gestione della Protezione civile o il commercio con l’estero. Quello che invece è eccepibile è la retorica dell’indipendenza che alcuni usano strumentalmente: questo inquina il dibattito intorno a un istituto che, se applicato in modo solidale, potrebbe responsabilizzare gli enti e che rischia invece di essere utilizzato come fattore di scontro tra Nord e Sud».

«Penso sia grave che su un tema come questo, costituzionale, previsto dalla Carta fin dal 1° gennaio 1948 e poi con il Titolo V del 2001, si diffondano narrazioni che non hanno nulla a che vedere con questo progetto. Mi riferisco a due assiomi: “l’autonomia è una scatola vuota” o “è un provvedimento Spacca-Italia”». Così il presidente Zaia in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno.