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Il Veneto è assetato. In Regione lo stato di crisi idrica
Tra piogge pressoché assenti e depositi esigui di neve, la Regione ha dichiarato lo stato di crisi idrica. Il fiume Adige è oltre due metri sotto i livelli del 2021
FattiTra piogge pressoché assenti e depositi esigui di neve, la Regione ha dichiarato lo stato di crisi idrica. Il fiume Adige è oltre due metri sotto i livelli del 2021
Tutto si può dire della Pianura Padana tranne che sia con l’acqua alla gola: le piogge delle ultime settimane non sono bastate ad alleviare se non parzialmente la sete delle regioni del Nord Italia al punto da spingere il Veneto a dichiarare lo stato di crisi idrica. «Il territorio veneto presenta ancora una condizione di deficit idrico generalizzato rispetto ai valori medi stagionali – spiegava il presidente Luca Zaia lo scorso 3 maggio, mentre si accingeva a firmare l’ordinanzaper lo stato di crisi – Piogge praticamente assenti nell’ultimo semestre, depositi di neve sempre più ridotti e portate delle maggiori aste fluviali con tendenza negativa. È evidente la necessità di iniziare a utilizzare l’acqua in maniera parsimoniosa, limitandone il consumo al minimo e sulle Dolomiti gli accumuli resistettero fino al principio dell’estate. In questi giorni il fiume Adige è più basso di due metri rispetto ai livelli dello scorso anno e di oltre mezzo metro più basso del 2017. Se la cava meglio il Piave ma non il Po che sconta anche nell’impoverimento delle falde acquifere i 110 giorni di assenza di precipitazioni. «Per fronteggiare le sempre più frequenti crisi idriche – conclude Luca Zaia – auspico che quanto prima si convochi un tavolo tecnico di coordinamento tra l’Autorità distrettuale, la Regione Veneto e le Province autonome di Trento e di Bolzano per definire una gestione sovraregionale della crisi in atto, per affrontare in ogni suo aspetto e in maniera organizzata, congiunta e coordinata le problematiche connesse ai rilasci di risorsa idrica». Mentre la Regione tenta di chiudere i rubinetti un’ordinanza dopo l’altra, il problema non accenna a diminuire: nel vicentino mancano all’appello 350 millimetri di pioggia e le falde sono a secco mentre nel veronese, all’inizio di maggio, erano caduti solo 30 millimetri di pioggia con precipitazioni sostanzialmente dimezzate sulla fascia prealpina. Non va affatto meglio alla foce dei fiumi, dove la mancanza d’acqua dolce si misura nella risalita del cuneo salino: sul Brenta è prevista da anni la costruzione di un ponte-diga per salvaguardare le colture dall’acqua di mare a un costo di 15 milioni di euro ma c’è chi stima che, a causa dei forti rincari degli ultimi mesi, ci vorranno all’incirca 7 milioni di euro in più. Un problema analogo si verifica anche in Laguna dove la carenza di piogge primaverili e la salinità del terreno stanno minacciando anche alcune eccellenze del territorio come il carciofo violetto: se la produzione di castraure è in pericolo, tutta la filiera orticola è in sofferenza e con lei l’intera isola di Sant’Erasmo, indispensabile». Sembra passata un’era da quando, solo un anno fa, dalla catena montuosa delle Alpi si scioglievano a valle gli oltre cinque metri di neve caduti nel corso del lungo inverno
Giuseppe Romano, presidente di Anbi Veneto (L’Unione regionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue): «La dichiarazione dello stato di crisi darà priorità all’acqua per uso idropotabile e irriguo. Inoltre si farà in modo che i grandi serbatoi montani conservino più acqua possibile per quando ce ne sarà bisogno in estate. Dobbiamo agire tentando di “tamponare” l’emergenza con la speranza che arrivino le piogge».