Idee
“Va bene l’Intelligenza artificiale ma c’è bisogno anche dell’intelligenza emotiva”. Ne è convinta Josephine Eve, amministratrice delegata di Arts Italy società di consulenza aziendale che opera nel welfare, intervenuta il 30 ottobre all’incontro tra manager innovativi denominato Spark 2025 e tenutosi in un auditorium dell’autodromo di Monza.
L’intento dell’incontro al quale hanno partecipato 500 imprenditori era quello di condividere iniziative e strategie necessarie se non indispensabili per far crescere le aziende, senza tuttavia mettere in secondo piano la loro anima: l’uomo.
Le macchine, a partire da quelle più sofisticate che oggi sono a disposizione e lo saranno ancor più in futuro – si è affermato più volte – non possono sostituire il “fattore umano” neppure nelle piccole e medie imprese che costituiscono la parte più rilevante del tessuto industriale italiano.
La riflessione degli imprenditori riuniti a Monza ha confermato la necessità e l’importanza di sostenere quanti, a fronte del rilevante beneficio economico delle macchine, ritengono non accettabile una drastica diminuzione della presenza umana nelle aziende come invece le lettere di licenziamento spedite anche per posta elettronica.
Tra questi c’è chi, come Franco Stivali responsabile del settore innovazione di Ferrovie dello Stato, pensa all’uomo che lavora: “l’innovazione non riguarda il domani e l’altrove ma qui e l’oggi: il primo serbatoio a cui attingere è sempre quello aziendale. Se poi servono competenze non basta guardare il curriculum. Nei colloqui chiedo sempre qual è l’ultimo libro letto, poi chiedo al candidato come avrebbe riscritto il finale. Se invece non legge lo scarto subito”.
Ci sono imprenditori che sul rapporto uomo-macchina hanno idee non contrarie ma diverse da quelle di quanti si dichiarano tecnolatri. Ci sono imprenditori che si rendono conto che dignità e diritti delle persone non possono essere trattati con le logiche del profitto per il profitto.
Non c’è opposizione all’intelligenza artificiale, non c’è tecnofobia. C’è la volontà di non ritenere la tecnologia come unica strada verso il successo, ma di intrecciare le sue potenzialità con quelle umane. C’è la consapevolezza che dall’intelligenza emozionale, così come è stata definita anche a Monza, viene un contributo irrinunciabile alla produzione di beni in una visione condivisa di bene comune.
Che siano gli imprenditori innovativi a scegliere percorsi umanità dentro le ferree leggi della produzione è il segno che il pensiero non si è arreso all’algoritmo, è il segno che tra l’uno e l’altro siano possibili il confronto e il dialogo.