Idee
Gentile direttore, domenica 18 maggio, con la celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe (Padova), si sono avviate in città le iniziative per fare memoria del comboniano padre Ezechiele Ramin (1953-1985), nell’anno del 40° anniversario del suo martirio in Brasile (24 luglio 1985). Questo primo appuntamento, nella parrocchia di origine, è stato introdotto da padre Gaetano Montresor, superiore della comunità dei Comboniani di Padova e ha esplorato la consacrazione religiosa e l’impegno nel sociale di padre Ezechiele. Il parroco, don Enrico Luigi Piccolo, nell’omelia, si è soffermato sul valore dell’obbedienza, prima di tutto alla scelta fatta, all’impegno preso. Nell’incontro fraterno in patronato, i comboniani padre Giuseppe Cavallini e padre Giovanni Munari hanno condiviso da amici i loro ricordi di padre Ezechiele, riferiti soprattutto al periodo della formazione, che ha portato alla sua solenne consacrazione religiosa avvenuta in Messico il 18 maggio 1980, esattamente 45 anni fa. Ne è scaturito il ritratto di giovane generoso, appassionato, attento a tutti i fermenti e le novità che si manifestavano nel mondo e nella Chiesa, all’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso. Il giovane Ezechiele ascoltava e tutto vagliava alla luce del Vangelo, che era la sua “bussola”. Per darci un’idea di che cosa “si muoveva” nella Chiesa, negli anni del Concilio Vaticano II (1962-1965) e in quelli immediatamente successivi, padre Giovanni Munari ci ha parlato del Patto delle catacombe, che è stato firmato da 42 vescovi nelle catacombe di Santa Domitilla a Roma, il 16 novembre 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio, avvenuta l’8 dicembre. In quel momento Ezechiele era solo un ragazzino che ancora frequentava la scuola media, ma nelle catacombe di Santa Domitilla, come “frutto” del Concilio, si stava formando in un gruppo di vescovi, soprattutto latino-americani, un modo nuovo, più solidale, più partecipe, di rapportarsi con la povertà dei loro popoli, che poi progressivamente (ma quanto faticosamente!) avrebbe raggiunto altri, tanto che Ezechiele ha potuto riferirsi anche a loro, quando si è trovato a scegliere la sua modalità di vita missionaria. Una modalità, come testimonia l’epilogo, che prevedeva evangelicamente il «dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).
Vincenza Calvo
Padova