Fatti
Non è stato ancora domato l’incendio che sta interessando il Parco nazionale del Vesuvio e sono tre i fronti di fuoco attivi: la valle del Gigante in direzione del Monte Somma, dove stanno già operando i mezzi aerei Canadair; a sud del cratere del vulcano operano elicotteri della protezione civile regionale; nella zona del Vicinale, dove la scorsa notte è ripreso l’incendio a causa del vento, si sta operando via terra. Dalle prime ore della mattinata sono operativi i mezzi aerei, sei Canadair e quattro elicotteri, che già nei giorni precedenti hanno operato costantemente per lo spegnimento. Sono arrivate sul posto ulteriori 15 squadre di volontari della Protezione civile per la bonifica a terra dell’incendio, grazie alla mobilitazione straordinaria dichiarata con decreto del ministro della Protezione civile e delle politiche del mare su richiesta della Regione Campania. Grande l’impegno dei vigili del fuoco, sia con velivoli sia con squadre di terra. La procura di Nola ha aperto un’inchiesta sull’incendio che da venerdì sera sta divorando centinaia di ettari di bosco nel Parco nazionale del Vesuvio. Al momento non sono state definite ipotesi di reato e non ci sono indagati, in attesa della relazione che sarà presentata dai carabinieri forestali. I carabinieri forestali hanno creato una task force investigativa specializzata, formata da militari con specifiche competenze, per individuare le cause dei roghi.
“L’incendio sul Vesuvio sta causando situazioni molto gravi, anche se noi effettivamente ad oggi una somma dei danni non l’abbiamo perché l’incendio è ancora in corso e quindi non abbiamo la possibilità di poter accendere sui luoghi e soprattutto capire quelli che possono essere i danni che questo incendio ha causato.
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Sicuramente un danno è quello legato alle biodiversità presenti nel Parco del Vesuvio,
che sono tantissime e importantissime”. A parlare al Sir è Ettore Bellelli, presidente della Coldiretti Campania.
“Abbiamo ancora notizie confuse perché l’incendio è in corso e la maggior parte dei terreni è ancora inaccessibile.
Ci saranno aziende più colpite e altre meno, ma la situazione è in divenire. Solo dopo visiteremo ogni singola azienda per capire quali sono i danni e a quanto ammontano, anche per chiedere eventualmente uno stato di calamità e dei fondi, ma adesso è prematuro. Dovremo fare anche analisi per capire se ci sono state contaminazioni e tossicità. La situazione è certamente tragica, ma ancora non definita e chiara finché non potremo accedere nei terreni”, conferma al Sir Valentina Stinga, presidente della Coldiretti Napoli.
Per Bellelli, bisogna reinvestire sulle aree interne, come quelle colpite dall’incendio, e riportare i giovani a coltivarle: “Sono zone più aride e impervie. I giovani sono meno portati ad affrontare i sacrifici che hanno sopportato chi prima ha coltivato queste zone, ma come Coldiretti ci stiamo impegnando in tutti i modi per creare le condizioni per invogliare i giovani a rimanere in questi territori”. Bellelli chiarisce: “Quando un territorio è abbandonato, allora sorgono i problemi, perché se questo territorio fosse stato coltivato, ci sarebbe stata la pulizia sotto le piante e quindi non ci sarebbero state le erbacce che permettono all’incendio di avanzare. Inoltre, coltivare significa anche la zootecnia, quindi un pascolo, con animali che mangiano l’erba.
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Se ci fossero state coltivazioni e allevamenti, sicuramente questo incendio non ci sarebbe stato.
Allora noi dobbiamo riportare le persone in queste aree, dobbiamo fare in modo che da queste aree gli agricoltori possano trarre un reddito che permetta loro di vivere dignitosamente. Come Coldiretti dobbiamo aiutarli attraverso un’interlocuzione con le istituzioni proprio per dare modo ai giovani di rimanere in tali zone. Oggi stiamo parlando del Vesuvio, domani purtroppo parleremo di un’altra area, delle zone interne”.
Il presidente della Coldiretti Campania, infatti, la scorsa settimana è stato in Puglia, dove la Xylella ha distrutto gli uliveti, che non sono più coltivati: “Ho visto tutti gli uliveti in fumo, proprio perché non c’è più l’uomo sentinella, non c’è più l’uomo custode, non c’è più l’uomo agricoltore che coltivando i terreni li preserva da quelle che possono essere catastrofi legate agli incendi, ma in alcune aree interne, per esempio zone montane, anche catastrofi idrogeologiche.
Se ci sono gli agricoltori quando piove fanno le canalizzazioni, vanno a controllare se il suolo è pulito, coltivano il terreno o lo zappano per cui l’acqua penetra nel terreno.
Nel tempo si sono perse lavorazioni che prevenivano i disastri e questo determina appunto quello che sta succedendo: da un lato, gli incendi, quando fa caldo, dall’altro dissesti idrogeologici, quando fa freddo e piove. Quindi dobbiamo riportare gli agricoltori a coltivare questi terreni”. Sul Vesuvio “l’incendio ha lambito qualche vigneto, ma proprio perché c’erano i vigneti, con una cura del territorio, con l’erba tagliata, l’incendio non è avanzato. Laddove raggiunge aree dove è tutto pulito l’incendio cambia strada”.
Bellelli tiene a ricordare che “oltre a produrre dei prodotti di altissima eccellenza e a essere la patria della dieta mediterranea,
la Campania è anche la regione italiana che ha un maggior quantità di biodiversità. Ora rischiamo di perdere questo patrimonio inestimabile e questo significa che il nostro prodotto sarà uguale a quello di tanti altri,
perché lo dovremmo uniformare agli altri, perché non ci saranno più queste specie di biodiversità che differenziano il nostro olio di oliva, il nostro vino, la nostra frutta rispetto a quella che viene prodotta in altre parti del mondo”. Ma non si tratta di salvare solo l’agricoltura: “Il turista che viene in Italia – ricorda il presidente di Coldiretti Campania – è ammaliato dalla sua bellezza paesaggistica: se questi incendi continuassero tutto il nostro territorio sarebbe un deserto e quindi perderemmo gran parte di quello che è un motivo di attrazione. Poi il turista arriva in Italia perché oltre alla bellezza paesaggistica, ai tantissimi monumenti, alla cultura che si esprime nella letteratura e nelle arti, c’è una cultura enogastronomica che fa sì che il 20% dei turisti che arrivano in un determinato luogo proprio perché c’è un prodotto agroalimentare che gli interessa”.
“Un disastro enorme – ribadisce il presidente di Coldiretti Napoli -; il Parco nazionale del Vesuvio, oltre ad essere un importante attrattore turistico, conserva prodotti tipici amatissimi dai turisti che arrivano in visita e anche dai napoletani che li consumano con orgoglio. I
danni maggiori li lamenta la viticoltura, ad essere danneggiati sono i vigneti del Lacryma Christi Dop proprio durante il periodo che culmina con la vendemmia.
Ma il Vesuvio è anche il regno dell’albicocca pellecchiella e del pomodorino del Piennolo Dop. Insomma un disastro ambientale ma anche agricolo”.
Un disastro ambientale come quello sul Vesuvio è motivo di grande dolore per tutti. Stinga evidenzia, infatti, lo stato d’animo degli agricoltori della zona colpita dall’incendio:
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“C’è molta amarezza da parte di chi vive e lavora in quei territori”.
Oltre alla tragicità dell’incendio “è molto triste perdere lavoro, terra, sia coltivata sia non coltivata, perché è verde che è sparito. Sono zone che meritano maggiore attenzione. Dopo l’incendio del 2017 che ha creato danni enormi, dopo pochi anni le fiamme mettono in ginocchio l’altro versante. Sono tante le famiglie che vivono di turismo e di agricoltura e risollevarsi sarà difficile per tutti”.
E se stanno andando in fumo soprattutto alberi che non danno frutto, comunque “il danno è grave per la loro funzione naturale, perché, come dicevamo prima, rispetto al dissesto idrogeologico sono importantissimi. La natura è perfetta, il problema è che nella natura l’uomo è imperfetto”, sostiene Bellelli.
Adesso la Coldiretti si sta battendo perché “i pochi contributi che arriveranno nella prossima programmazione della Pac vengano destinati esclusivamente a chi produce, non a chi è proprietario e lascia i terreni incolti,
i terreni devono produrre perché possono avere un premio, questo serve anche a stimolare eventualmente una diversa gestione dei terreni per cui i proprietari li affidano a degli agricoltori e questi agricoltori possono aumentare gli spazi disponibili per poter avere una reddittività tale che li possa far vivere in maniera degna. A questo si aggiunge il discorso delle nuove tecnologie che vanno a supporto degli agricoltori delle aree interne, proprio perché si devono creare delle condizioni perché la gente rimanga in questi territori”.