Idee590 le persone uccise. La protesta nata grazie alle donne, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, oggi è generale e chiede la fine della Repubblica islamica
Le donne iraniane sono al centro delle grandissime proteste sociali, in atto, contro il regime iraniano. Sono state nominate “eroine del 2022” dai mass media internazionali, hanno lottato e lottano duramente ancora per ottenere i loro diritti. Tutto il Paese è in fermento dal settembre 2022, dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane ragazza curda di 23 anni, arrestata per non aver indossato correttamente il velo. Da allora tutte le tensioni interne alla società iranianasono divampate coinvolgendo intere classi sociali e diverse minoranze etniche. Fino a oggi più di 590 persone sono state uccise, tra loro molte donne e spesso adolescenti, più di 70 minorenni. Il regime della Repubblica islamica ha risposto sempre con la repressione, arrivando anche a eseguire condanne a morte. Ma le proteste continuano. Impiccagioni, violenze e azioni barbariche sono all’ordine del giorno.
Le condanne a morte vengono comunicate al termine di processi brevi, nei quali viene negata la possibilità di essere difesi da un avvocato di propria scelta e di avere un processo giusto e pubblico. Questa inaccettabile repressione da parte di autorità iraniane non può lasciare indifferente la comunità internazionale! Non può fermare la richiesta di vita e libertà, che viene dalle donne e dai giovani iraniani. Siamo a un punto di non ritorno. Le forze di sicurezza iraniane sparano con le pallottole “italo-francesi” e mirano a viso, occhi, petto e genitali delle donne che protestano contro il regime, con l’intento di sfigurarle. Il regime della Repubblica islamica sta colpendo duramente anche le minoranze etniche dell’Iran. Il movimento è in crescita, è un’onda che travolge tutti gli angoli del Paese, dal nord al sud, dall’est all’ovest. In alcuni territori è stato dichiarato lo stato di guerra.
L’esercito è presente con le armi da combattimento e utilizza gas chimici contro i manifestanti. Ma la repressione fino a ora non è riuscita a stroncare le proteste. In Iran, le donne per legge sono costrette a indossare il velo, ma dopo un periodo di flessibilità durante i precedenti governi cosiddetti “riformisti”, il nuovo presidente Raisi, ultra conservatore, ne ha reso più restringente l’applicazione. Le prime manifestazioni sono state portate avanti soprattutto dalle donne contro le pesanti discriminazioni di cui sono oggetto in Iran. Molte erano studentesse, anche minorenni. In migliaia si sono tolte l’hijab durante le manifestazioni. Anche le scuole e le università hanno abbattuto le barriere che separavano maschi e femmine. Dopo i primi giorni le richieste dei manifestanti per la libertà sono rapidamente cambiate in richieste di un cambio di regime.
L’aumento dei prezzi, la difficile situazione economica del Paese, la corruzione, la discriminazione e il fondamentalismo hanno tutti contributo a un’ondata di proteste che ha superato quelle degli anni passati. Il governo non ha fatto alcuna concessione ai manifestanti e ha messo in atto una dura repressione portata avanti soprattutto dai Basiji, la polizia ausiliaria volontaria che spesso opera in borghese. La guida suprema Khamenei ha definito le manifestazioni delle «rivolte organizzata dall’estero». In varie città dell’Iran, la situazione sta assumendo le caratteristiche di un scenario da guerra civile. I giornalisti, che riportano le notizie o le foto delle manifestanti, vengono arrestati. I medici e gli infermieri che prendono in cura i feriti vengono puniti. Attualmente una coppia formata da un medico e un’infermiera sono nel braccio della morte proprio per questa ragione.
Oggi gli iraniani sono uniti sotto lo slogan «Donna, vita, libertà», che vede le donne in prima linea nelle proteste. I manifestanti non chiedono riforme a questo regime irriformabile, puntano al superamento di esso nella sua integralità e per questo sono disposti a mettere in gioco la propria vita. Il velo è solo un simbolo della protesta, simboleggia l’oppressione ed è paragonabile al Muro di Berlino, se lo si abbatte, l’intero sistema crollerà. Anche se l’Iran è stato espulso dalle commissioni Onu sui diritti delle donne, i pasdaran – i guardiani della rivoluzione – sono considerati un corpo terroristico e Amnesty International ha riconosciuto che diritti umani vengono sistematicamente negati, ogni giorno la situazione peggiora! Chiediamo ai governi occidentali di intervenire immediatamente, è importante ricordare che attualmente ci sono tantissimi prigionieri politici nel braccio della morte.
Sappiamo che uniti siamo in grado di costruire sistemi più liberi e costruire relazioni su basi diverse da quella della competitività e dell’individualismo, relazioni che fonderanno una nuova società. La libertà deve nascere necessariamente dalla lotta delle donne, dal nostro modo di modellare la vita e di intendere la politica come cura della comunità. Il grido di libertà in Iran è altissimo. La comunità internazionale non può consentire che prosegua il massacro da parte del regime. Noi chiediamo alle forze politiche e alla società civile di opporsi alla violenza posta in atto in Iran.
Nasrin BijanyarAttivista e Rappresentante dell’Unione per la Democrazia in Iran
