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Italia, lavori in “corsa”. Rispettate le scadenze del PNRR 2022, ma manca trasparenza
A fine 2022, il Governo ha annunciato di aver rispettato le scadenze del Pnrr, ma manca trasparenza e molti soldi non sono stati spesi
IdeeA fine 2022, il Governo ha annunciato di aver rispettato le scadenze del Pnrr, ma manca trasparenza e molti soldi non sono stati spesi
«Sono stati raggiunti i 55 obiettivi previsti dal Pnrr per il secondo semestre 2022». Alla fine dello scorso dicembre, giusto in tempo prima del gong finale, Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, in una nota ufficiale dichiarava il successo dell’esecutivo sui traguardi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza, checkpoint necessario per richiedere alla Commissione europea i 19 miliardi di euro della terza rata. Dall’istituire e rendere operativa l’agenzia di cybersicurezza al completare la riforma della scuola e tutti gli adempimenti connessi alla riforma dell’amministrazione fiscale, il Governo Meloni, sempre nelle parole fiere di Fitto, ha raggiunto trenta traguardi in due mesi. Tutto procede a gonfie vele, dunque? «In base alla nostra attività di monitoraggio, formalmente riteniamo che ci siano ancora 14 scadenze da completare – è l’osservazione di Martina Zaghi, analista di Openpolis – I decreti ministeriali, per entrare in vigore, devono essere pubblicati sulla Gazzetta ufficiale: alcuni a oggi non compaiono ancora anche se la relativa scadenza è stata raggiunta. Sono passaggi burocratici, magari la Commissione europea è consapevole che prima o poi l’Italia pubblicherà i suddetti decreti, ma fino alla relativa attuazione possono passare diversi mesi. Diverso caso sono tutte le altre scadenze che prevedevano l’effettiva costruzione e realizzazione di progetti. Ne prendo in esempio uno, quello per l’aumento degli alloggi per gli studenti universitari: non ci sono documenti che provino l’effettiva realizzazione, in questo caso specifico il bando risulta addirittura ancora aperto anche se il traguardo viene registrato come raggiunto».
Potrebbero, dunque, sorgere “intoppi” dopo le valutazioni della Commissione europea?
«L’Italia, così come gli altri Stati membri, è tenuta ogni sei mesi a inviare la documentazione necessaria, ora bisogna attendere da qui a un paio di mesi per la valutazione della Commissione che può rilasciare l’altra tranche o rivedere qualche passaggio. Spesso questo processo lascia margine per decisioni più politiche che tecniche: nelle nostre ricerche anche durante il Governo Draghi alcune scadenze non risultavano completate, ma l’Europa ha comunque concesso i finanziamenti. A questo giro ci sono elementi più difficili da sostenere perché, appunto come detto prima, ci sono esempi concreti di edificazione che non sono stati fatti. E poi c’è stato il cambio di governo ed è interessante capire come si muoverà la Commissione: sarà indulgente? Chiuderà un occhio come fatto con Draghi o vorrà mandare un segnale di un certo tipo?».
Ad aprile 2022, Openpolis, attraverso lo strumento del Foia (Freedom Of Information Act, la legge sulla libertà di informazione) ha fatto richiesta ufficiale di accesso generalizzato per prendere conoscenza di tutte le informazioni relative a scadenze, cronoprogramma, spese riguardanti il Pnrr. Di fatto, anche per i singoli cittadini è impossibile monitorare l’avanzamento dei lavori perché l’Italia è carente su dati e trasparenza. Qual è la situazione?
«A livello di monitoraggio civico, tutto questo non ci permette di dire se un obiettivo è stato raggiunto o meno. Anche su Italia Domani, il portale ufficiale, sono condivise le scadenze, ma non ci sono le fonti necessarie, manca la documentazione. Manca il buon senso verso i cittadini e ora, se vogliamo, la trasparenza è pure peggiorata: i ministeri non aggiornano i dati e non hanno una pagina dedicata, chiara, dove vedere gli avanzamenti; ci sono solo comunicati stampa che affermano il compimento dei traguardi. Il ReGiS è lo strumento attraverso cui le amministrazioni centrali e territoriali interessate devono adempiere agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr e questa era la “messa a terra” del finanziamento. Ma non è possibile avere informazioni: quanto è stato speso per asili, ferrovie, scuole, per tutto ciò che viene costruito? Non sappiamo quanti progetti sono stati avviati, in alcuni casi conosciamo le imprese che hanno vinto gli appalti, in molti altri no. L’Europa dovrebbe spingere e pretendere trasparenza, ma tutto questo evidenzia un’altra criticità: lo Stato pubblica tutto ciò che è in suo possesso, ma i dati vengono forniti principalmente dai Comuni sparsi sul territorio, che dovrebbero raccoglierli e trasmetterli all’organo di competenza».
Ma i Comuni, pensiamo soprattutto ai più piccoli, non hanno la struttura solida per gestire ulteriore burocrazia. Rischiano di affossare dietro all’ennesima procedura fatta di pratiche e scartoffie…«Esatto. Il personale è obiettivamente insufficiente e, di pari passo, non adeguatamente formato e così il monitoraggio si perde. Ma questa è una questione che viene criticata al Pnrr che, in realtà, non prevede l’assunzione di personale, tranne un paio di bandi tra cui i famosi mille esperti da mandare nelle sedi cittadine. Questo è un problema anche di scelta futura: le case della comunità, per esempio, come si riempiono? Chi ci va a lavorare? Dev’essere sempre l’amministrazione comunale a trovare il personale e poi non ha soldi e tempo e risorse?».
Nella Nadef, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, approvata dal Governo a fine settembre, si legge: «Le stime più recenti indicano che, dei 191,5 miliardi che la Recovery and Resilience Facility europea ha assegnato all’Italia, circa 21 miliardi saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno». In riferimento a tutto il percorso fatto dall’Italia fin qui, la spesa sarebbe dovuta essere di 33,7 miliardi di euro circa. Non riusciamo a spendere i soldi: è paradossale?
«Questo si collega con sopra: l’incapacità di spendere è dovuta a perenni difficoltà burocratiche e amministrative degli enti territoriali, ma anche banalmente dai tanti bandi ai quali non arrivano abbastanza domande, soprattutto dal Sud: il Comune che vorrebbe candidarsi non ha le forze necessarie per gestire queste pratiche e rinuncia prima ancora di provarci».
Lunedì 9 gennaio, la presidente del Consiglio ha incontrato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e si è «riaffermato l’impegno dell’Italia sul Pnrr». In campagna elettorale e da premier Giorgia Meloni ha più volte detto di voler rivedere il piano: ma è possibile?
«Il regolamento prevede che gli Stati membri possano chiedere delle modifiche, ma devono essere giustificate da condizioni oggettive, perché è stato fatto per dare continuità nonostante i cambi di governo. Un’altra clausola è che non si può tornare indietro e lo dimostra la querelle delle multe ai commercianti per il pos che l’attuale esecutivo avrebbe voluto eliminare. Le sanzioni sono state introdotte nel giugno 2022 all’interno del decreto Pnrr seguendo punti e obiettivi e Meloni non è potuta tornare indietro. Il Governo spinge sul rallentare le tempistiche sottolineando che le condizioni sono cambiate dopo la guerra in Ucraina e l’aumento dei costi, ma una richiesta ufficiale non è arrivata. Finché non viene formalizzata, è difficile capire cosa si vuole davvero cambiare».
Openpnrr.it è la piattaforma di Openpolis che permette al cittadino di accedere a tutte le informazioni disponibili sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Temi, territori, riforme, investimenti su cui fare monitoraggio.