Idee | Lettera.D
Italia-Ue, buona la prima. Attendiamo sviluppi. La Lettera.d di Luca Jahier
Nell’agenda comune la crisi energetica, la guerra in Ucraina, le modifiche al Pnrr e l’accoglienza dei migranti
Idee | Lettera.DNell’agenda comune la crisi energetica, la guerra in Ucraina, le modifiche al Pnrr e l’accoglienza dei migranti
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è recata a Bruxelles per incontrare i vertici delle istituzioni europee. Un’ottima iniziativa: ha trovato molta attenzione a quanto ha voluto condividere delle sue priorità per le prossime settimane. Perché l’Italia è un pilastro vitale dell’Europa, soprattutto nella situazione di grave permacrisi (parola dell’anno secondo il dizionario britannico Collins; significa lungo periodo di instabilità e insicurezza, ndr) che stiamo vivendo, ma anche un anello fragile, per le storiche e crescenti diseguaglianze e inefficienze del proprio quadro socio-economico. In cima all’agenda, certamente la questione energetica. Non si tratta solo di capire quali sono i margini di manovra, peraltro resi possibili dal tesoretto lasciato da Draghi e dall’andamento superiore alle attese dell’economia. Ma di prendere di petto la questione che otto mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina l’Ue resta profondamente divisa sulle politiche di risposta. Persino l’accordo di principio sugli acquisti in comune sul mercato del gas, raggiunto a ottobre dopo un anno di discussioni, resta senza certezze applicative. La crescente divergenza delle risposte, con un forte “nazionalismo” energetico, è inefficace e dannosa, con effetti che amplificano i danni per ogni Paese. Avendo l’Europa perso in poco tempo il 45 per cento delle sue forniture di gas, le misure nazionali finiscono con amplificare la dinamica dell’inflazione, che costringe la Banca centrale europea a ulteriori strette monetarie. L’energia è un elemento vitale, come avevano ben capito i padri della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). L’Italia ha fatto meglio di altri Paesi in volumi e rapidità nella diversificazione dei fornitori di gas, ma ora deve fare altrettanto nella accelerazione dell’efficientamento energetico, degli investimenti e delle autorizzazioni per gli impianti basati su energie rinnovabili, per il passaggio all’elettrico e all’idrogeno nei trasporti. Così rafforzerebbe la sua posizione negoziale nei confronti di Bruxelles.
Il Pnrr è lo strumento strategico per tali investimenti trasformativi ed esiste una esigenza di revisione di alcuni suoiobiettivi che sono causa dell’esplosione dei prezzi di molte materie prime. Meloni sarà attesa alla prova sulla componente delle riforme del Piano. E su questo, già dalla primavera, abbiamo accumulato ritardi e il rinvio dell’entrata in vigore della riforma sulla giustizia penale non è certo un segnale apprezzato a Bruxelles. Così come, se per i fondi allocati per gli investiment (Enti locali, FS, digitale, ecc.) siamo in linea (circa il 40 per cento), stiamo accumulando seri ritardi nei bandi alle imprese, come certificato in chiusura dal Governo Draghi. L’assegnazione del Pnrr al portafoglio del ministro per gli Affari europei, Fitto, assieme alle politiche di coesione è un buon biglietto da visita, ma a Bruxelles vorranno capire quali poteri avrà e quali azioni saranno messe in campo. Tutto ciò è fondamentale, inoltre, per avere peso negoziale nell’ormai prossimo avvio della riforma del Semestre europeo, che non sarà affatto facile, come ha sicuramente verificato il ministro Giorgetti a Berlino. Sul cruciale dossier Ucraina, le posizioni sono più che allineate, nella ferma condanna dell’invasore e nel solido sostegno a Kiev. Andranno però esplorate quali azioni mettere in campo come Europa, perché il conflitto non si espanda ulteriormente, come si possa fermare la strage in corso e aprire uno spiraglio a non facili negoziati. Infine il dossier migranti, che purtroppo giace da un decennio sui tavoli europei, senza avanzare seriamente in una politica condivisa a tutto campo. Ma con l’accortezza che, guardando i numeri degli sbarchi in corso, si tratta di un’emergenza che oggi non esiste, soprattutto di fronte ai milioni di profughi ucraini accolti per la maggior parte in Polonia e Romania e in altri Paesi. Si tratta piuttosto di porre con forza la questione politica del Mediterraneo, dove l’impennata dei prezzi del pane e dell’energia rischiano di scatenare nuove tensioni e violenze che, aggravate dalle conseguenze del cambiamento climatico, possono generare gigantesche dinamiche migratorie e di insicurezza in tutta l’area. Il fronte Sud è strategico quanto quello orientale e l’Italia ha titolo e interesse a giocare una forte leadership su questo.
Luca JahierComitato Economico e Sociale Europeo – Bruxelles